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La vittoria di Wilders nei Paesi Bassi è un incubo da sventare per l’Ue
I sondaggi lo avevano anticipato, le urne lo hanno confermato: il Partito per la libertà (Pvv) del leader anti-islam Geert Wilders è la principale forza politica dei Paesi Bassi, con circa il 24 per cento delle preferenze. Dietro di lui un testa a testa – attorno al 15 per cento – tra la lista congiunta verdi-laburisti capitanata da Frans Timmermans e i liberali di destra del premier uscente Mark Rutte, guidati da Dilan Yesilgoz (figlia di rifugiati curdi, ma anti-migranti). Dietro di circa un punto percentuale il Nuovo contratto sociale, fondato dal cristiano-democratico Pieter Omtzigt ad agosto. E adesso che succede?
Ha 37 seggi alla Tweede Kamer: cercasi alleati disperatamente
«Gli elettori hanno parlato e hanno detto che sono stufi», ha dichiarato Wiilders dopo la diffusione dei primi exit poll. «Il Pvv è il partito più grande», ha poi esultato il leader dell’estrema destra. E, chiarendo che la sua formazione «non può più essere ignorata», ha promesso: «Governeremo». Personaggi della destra di tutta Europa, da Marine Le Pen a Matteo Salvini fino a Santiago Abascal, hanno celebrato l’exploit di Wilders. Viktor Orban, si è spinto a dichiarare che «il vento del cambiamento è arrivato». Nonostante il trionfo elettorale, non è detto però che Wilders riesca a raccogliere il sostegno necessario per una coalizione di governo, dato che nessuno degli altri leader smania dalla voglia di averlo come premier.
Congratulazioni all’amico @geertwilderspvv, leader del PVV e storico alleato della Lega, per questa straordinaria vittoria elettorale.
Una nuova Europa è possibile: appuntamento domenica 3 dicembre a Firenze. pic.twitter.com/0DnRBG03Cp— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) November 22, 2023
Il Pvv ha conquistato 37 seggi nella Tweede Kamer, ossia la camera bassa degli Stati generali dei Paesi Bassi, che ne conta 150: Wilders può governare solo a capo di una maggioranza da 81 seggi con il Partito popolare per la Libertà e la Democrazia e Nuovo contratto sociale. Yesilgoz, pur allineata a Wilders nella volontà di limitare i flussi migratori, alla vigilia del voto ha detto che non lo sosterrà nelle vesti di premier. In precedenza non aveva escluso l’alleanza, nell’ambito di uno scenario che però – evidentemente – vedeva lei nelle vesti di prima ministra. Quanto a Omtzigt, ha fatto il percorso contrario: prima, da buon candidato anti-sistema, ha negato la possibilità di ogni alleanza, figuriamoci con Wilders, poi non ha escluso di far parte di un gabinetto con il Pvv.
L’esempio della Spagna: non è detto che il Pvv vada al governo
La vittoria elettorale dell’ultradestra preoccupa gli avversari. E proprio per questo potrebbe finire fuori dal governo a favore di una coalizione tra socialisti, liberali di varia ispirazione e popolari, centrista con un accenno di spostamento a sinistra, di cui farebbe parte l’alleanza GroenLinks–PvdA di Timmermans. Proprio come è successo in Spagna, dove ha vinto il Partito popolare di Alberto Feijóo, ma al governo è rimasto il leader socialista Pedro Sanchez, che ha ottenuto la fiducia portando dalla sua parte gli indipendentisti catalani. I Paesi Bassi hanno una tradizione di governi di coalizione molto estesi, che richiedono anche mesi per essere definiti. L’ultima volta, per trovare la quadra, a Mark Rutte ne servirono quasi nove: dalle elezioni di metà marzo 2021, l’ex premier riuscì a formare il governo solo nel gennaio del 2022. Ora il rebus è meno intricato e la voglia di escludere Wilders potrebbe accelerare gli accordi. La stabilità beh, quella è un altro paio di maniche.
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Lo xenofobo leader del Pvv vive sotto scorta da quasi 20 anni
Detto appunto che non è uno scenario certo e nemmeno così probabile, cosa significherebbe Wilders primo ministro dei Paesi Bassi? Nato nel Limburgo da padre olandese e madre indonesiana, il platinato leader del Pvv ha iniziato la carriera politica nel Vvd proprio come Rutte, venendo eletto deputato nel 1998. Nel 2006 la fondazione del Partito per la libertà, formazione di estrema destra che via via ha raccolto sempre più consensi in un Paese noto per multiculturalità e tolleranza. Wilder vive da quasi 20 anni sotto scorta, a causa di minacce di morte subite dopo incendiarie dichiarazioni anti-islam. Noto per le sue affermazioni contro Corano, moschee e musulmani in generale, è stato condannato per insulto e incitamento alla discriminazione. In campagna elettorale ha moderato i toni, ma resta fermo sul proposito di chiudere le frontiere ai richiedenti asilo.
Dalla “Nexit” allo stop alle armi a Kyiv: le posizioni di Wilders
Per quanto riguarda l’Europa, il passaggio da Rutte a Wilders sarebbe traumatico. Anche per Bruxelles. Il 60enne leader del Pvv è infatti un accesso sostenitore della “Nexit”, cioè dell’uscita dei Paesi Bassi dall’Unione europea. A differenza dei britannici nel 2016, gli elettori olandesi non ne avvertono il bisogno, indicano i sondaggi, ma un governo con a capo Wilders sarebbe un campanello d’allarme per l’Ue. «Un incubo», addirittura, scrive Politico. Con lui al tavolo insieme ad altri leader nazionalisti di destra, le politiche relative a riforme europee, clima, sostegno all’Ucraina, già in atto, diventerebbero davvero oggetto di dibattito e persino di inversione. In fondo, l’Olanda è la quinta economia dell’Ue. Rutte aveva un ruolo pesante in Europa (non solo come “alfiere” dei Paesi frugali) e la guida dell’Olanda va ascoltato. Cosa avrebbe da dire Wilders? Per quanto riguarda le guerre in atto, ha visitato spesso Israele e da adolescente soggiornò per sei mesi in Cisgiordania all’interno di un moshav, ossia una comunità agricola cooperativa istituita dai pionieri sionisti. Per sua stessa ammissione «filosemita», Wilders supporta la soluzione a uno Stato della questione palestinese: da lui arriverebbe appoggio incondizionato a Israele. Per il conflitto in Ucraina, invece, in passato ha elogiato Vladimir Putin, schierandosi contro la russofobia dell’Europa. Ma dall’invasione del 24 febbraio 2022, va detto, ha preso le distanze del Cremlino, definendolo un errore. Tuttavia in uno degli ultimi dibattiti prima delle elezioni ha ribadito di essere contrario all’invio di ulteriori armi a Kyiv.
Il leader dell’ultradestra è scettico sui cambiamenti climatici
«La ragione principale per cui gli elettori hanno sostenuto Wilders in queste elezioni è la sua agenda anti-immigrazione, seguita dalle sue posizioni sulla crisi del costo della vita e sulla sanità», ha detto a Politico Sarah de Lange, docente di Scienze Politiche all’Università di Amsterdam. E c’è anche la questione del clima. Wilder, che ha dipinto le azioni intraprese in tal senso come una forma di tirannia da parte dell’Aia, ha tra i suoi cavalli di battaglia l’abrogazione delle tasse climatiche e gli investimenti in centrali nucleari a a carbone. Ma, come detto, nel suo futuro potrebbe esserci non la leadership dei Pasi Bassi, bensì quella dell’opposizione.