La storia dello spot dei medici di Napoli con elmetto e giubbotto antiproiettile

Ha generato non poche polemiche lo spot girato da alcuni medici di Napoli con elmetto e giubbotto antiproiettile. L’iniziativa, proposta dal sindacato Anaao Assomed, si pone l’obiettivo di sensibilizzare e denunciare quanto avviene nelle corsie di alcuni ospedali in Italia, soprattutto in certi reparti come il pronto soccorso. L’ultima aggressione ai danni degli operatori sanitari di cui si è avuta conoscenza è quella nei confronti di una geriatra, nel Napoletano, colpita dalla figlia di una paziente.

L’ospedale come una trincea

Da eroi durante la pandemia a soldati in trincea, questo è quanto si apprende dal provocatorio spot inserito in una campagna che sceglie un linguaggio duro, come quello della guerra, per far comprendere quanto sia importante la sicurezza dei medici, infermieri e oss per la tenuta del sistema sanitario nazionale. Il video dura circa un minuto e mostra alcuni operatori sanitari indossare i camici e subito dopo elmetto militare e giubbotto antiproiettile.

 

Zuccarelli: «Molti restano, altri vanno via»

Bruno Zuccarelli, segretario regionale del sindacato dei medici dirigenti, parla di una situazione ormai insostenibile: «Non è possibile lavorare su turni che possono durare anche 18 ore consecutive, essere insultati per un’attesa troppo lunga o massacrati di botte se qualcosa non piace o se non si riesce sempre e comunque ad evitare un decesso. Nessuno di noi ha studiato anni e sacrificato la propria vita familiare per questo. Molti restano, spinti dalla passione, ma sono sempre di più quelli che scelgono di andare via».

La richiesta ai cittadini: «Unitevi a noi»

Il leader regionale dell’Anaao Assomed sottolinea che «In un momento come questo, nel quale purtroppo si riaffacciano le ombre di guerre che sembravano impossibili, avremmo voluto evitare di ricorrere a questo linguaggio. Tuttavia non c’è più tempo e serve che la politica in primis, ma anche i tantissimi cittadini per bene, si sveglino dal torpore e si uniscano a noi per dire basta. Continuando così, molto presto, non ci sarà più una sanità pubblica da difendere e solo chi potrà permetterselo avrà accesso alle migliori cure».

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