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La Russia cerca di attirare chi è fuggito durante la guerra, ma offre pochi incentivi
Da quando è cominciata l’invasione su vasta scala dell’Ucraina, tra i 700 mila e il milione e mezzo di russi hanno lasciato la Federazione, sia per opposizione alla guerra sia per evitare di essere mandati al fronte. Un esodo che pesa non solo a livello demografico ma soprattutto economico, visto che i cosiddetti relokanti sono giovani e istruiti. Un popolo che Mosca sta cercando di riportare a casa con ogni mezzo, senza però ottenere risultati soddisfacenti.
La macchina della propaganda per fare rientrare gli emigrati in patria
Lo scorso giugno, al forum internazionale di San Pietroburgo, Vladimir Putin aveva dichiarato che la metà dei cittadini che avevano lasciato il Paese erano già rientrati. Un controesodo, secondo il presidente russo, ancora in corso. Dichiarazioni che hanno spinto politici e funzionari, tra cui il presidente della Duma Vyacheslav Volodin, a rinnovare gli appelli per tornare a casa. «I nostri concittadini che restano in Occidente devono essere consapevoli di dove sono andati, cosa hanno trovato e cosa li aspetta», ha scritto Volodin su Telegram. «Visto ciò che sta accadendo, è giusto iniziare finalmente ad essere razionali. Oggi c’è l’opportunità di tornare, ma domani, a causa dell’isteria che si sta scatenando nell’Europa occidentale, potrebbe non esserci più». Una narrazione amplificata dalla propaganda. Il giornalista pro-Cremlino Alexander Kots ha pubblicato sulla Komsomolskaya Pravda la lettera di un presunto specialista It che in Europa ha dovuto affrontare russofobia e mancanza di aiuti. «Sono tornato in Russia e ne sono molto felice», ha scritto il fantomatico autore che secondo molti altri non sarebbe che lo stesso Kots. «Non lascerò più la mia patria. Crescerò mio figlio (o più di un figlio, se Dio vuole) qui e gli trasmetterò tutto questo. E non deluderò la mia patria ora, credimi». Secondo il ministro dello Sviluppo digitale Maksut Shadayev il programma di ritorno per gli specialisti It – che includeva il rinvio del servizio militare – discusso nel 2022 non sarebbe stato necessario perché stavano tornando autonomamente.
La minaccia di indagini per tradimento
Per chi rientra, spesso spinto da ragioni economiche e non certo da afflato patriottico, però non sono tutte rose e fiori. I falchi continuano infatti a chiedere punizioni e sanzioni per chi ha lasciato la Russia in tempo di guerra. Lo scorso 21 giugno, il senatore Andrei Klimov, capo della commissione del Consiglio della Federazione per la protezione della sovranità statale e la prevenzione delle interferenze negli affari interni, ha addirittura suggerito di indagare per tradimento chi torna da un Paese occidentale. Il rischio, secondo Klimov, è che sia stato reclutato come agente dalle intelligence “nemiche”.
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