La pace fiscale di Matteo Salvini e l’ennesimo ritornello che non funziona

Meno tasse, occhiolino agli evasori, pace fiscale, condoni: ci siamo, è ripartito il ritornello. Firmato, ancora una volta, da Matteo Salvini. Da Matera, dove ha visitato lo stabilimento Mermec-Ferrosud, e da Cagliari, dove ha presenziato all’inaugurazione del distretto della cantieristica nautica, il vicepremier e ministro dei Trasporti è tornato a cavalcare uno dei suoi cavalli di battaglia: «Una grande e definitiva pace fiscale», per liberare «milioni di italiani ostaggio da troppi anni dell’Agenzia delle entrate». Si tratta di una proposta della quale il leghista parla da anni, anche quando era all’opposizione.

La pace fiscale esiste già, ma più che altro è una “tregua”

Prima di tutto occorre fare un passo indietro. La pace fiscale evocata da Salvini esiste già. Considerata la difficoltà da parte dello Stato di recuperare diverse somme, è stata infatti introdotta con il decreto legge n. 119 del 2018: si tratta di un insieme di misure che permettono ai debitori di pagare le imposte dovute senza interessi e sanzioni, oltre alla cancellazione di cartelle esattoriali inferiori a un certo importo. Diventata realtà durante il governo Conte I, dalla sua emanazione la pace fiscale ha visto proroghe e modifiche. Nella manovra varata a novembre 2022 dal governo Meloni, sono state inserite 12 sanatorie, tra cui lo stralcio delle cartelle di piccolo importo fino a mille euro risalenti a periodi precedenti il 2015, il condono per chi non ha dichiarato nella dichiarazione dei redditi le criptovalute, la rateizzazione dei pagamenti fiscali non effettuati nel 2022 senza aggravio di sanzioni e interessi per chi, a causa dell’emergenza Covid, caro bollette e difficoltà economiche, non ha versato le tasse. Una “tregua fiscale”, molto lontana dalla «grande e definitiva pace» evocata da Salvini.

Salvini rilancia l’idea di una «grande e definitiva pace fiscale» per liberare gli italiani «ostaggio dell’Agenzia delle entrate».
Giorgia Meloni e Matteo Salvini (Getty Images).

La soglia dei 30 mila euro e una parte del debito da pagare: sì, ma quale?

«Ci sono a oggi 15 milioni di italiani che hanno fatto la dichiarazione dei redditi, ma hanno un conto aperto con l’Agenzia delle entrate. Non posso pensare che un terzo degli italiani, tolti i minorenni, sono persone che hanno avuto un problema con il Fisco. Non ce l’hanno fatta a pagare tutto quello che dovevano», ha dichiarato Salvini. «Se uno ha un arretrato che negli anni raddoppia e quadruplica va aiutato, perché altrimenti continueremo ad avere milioni di italiani di serie B». Il leader leghista ha indicato anche una soglia di intervento che riguarderebbe tutti i contribuenti che hanno debiti con il fisco fino a 30 mila euro: «Gliene chiediamo una parte e azzeriamo tutto il resto». Un’altra cosa sono invece gli evasori totali, ha precisato il vicepremier con la solita buona dose di populismo: «Per quanto mi riguarda vanno in galera». Insomma, Salvini vorrebbe aprire la strada a una proposta per un’ulteriore estensione della tregua fiscale varata dal governo nella manovra 2023. L’ultima rottamazione prevedeva l’azzeramento delle more, con il pagamento integrale della cifra dovuta. Il leader del Carroccio ha parlato invece del versamento di «una parte» del dovuto da parte dei contribuenti e poi di cancellare il restante debito. Ha citato la soglia dei 30 mila euro, senza accennare però a proporzioni, altre cifre e tempistiche. Difficile, anzi impossibile stabilire cosa preveda la sua «grande e definitiva pace fiscale».

Salvini rilancia l’idea di una «grande e definitiva pace fiscale» per liberare gli italiani «ostaggio dell’Agenzia delle entrate».
Ernesto Maria Ruffini (Imagoeconomica).

La replica del direttore dell’Agenzia delle entrate e le critiche delle opposizioni

Oltre che una «liberazione» per 15 milioni di persone, la pace fiscale “allargata” per Salvini rappresenterebbe «un vantaggio per lo Stato», che incasserebbe «una marea di miliardi da usare per stipendi e pensioni». Al vicepremier ha replicato però il direttore generale dell’Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini: «Combattere l’evasione fiscale non vuol dire perseguitare i contribuenti, ma è un atto di giustizia», ha detto mettendo in evidenza che nel 2022 sono stati recuperati oltre 20 miliardi di evasione, miglior risultato di sempre. Le parole di Salvini, che seguono quelle di Giorgia Meloni la quale aveva definito le tasse «pizzo di Stato», hanno provocato la reazione delle opposizioni e creato crepe nella maggioranza. «Siamo sempre stati favorevoli a una pace fiscale e sono ben lieto che la Lega e Salvini scelgano di seguirci su questo piano», ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, segretario – pro tempore – di Forza Italia. Frena invece Fratelli d’Italia. Mentre per Giuseppe Conte quelli di Salvini e Meloni sono «messaggi devastanti, frutto di una tossica subcultura di governo», che «si accompagnano a oltre una decina di interventi diretti a favorire evasori e corrotti». Così il leader di Azione, Carlo Calenda: «È il modo di fare politica di Salvini, ovvero dire balle che poi non trovano riscontro nella realtà. E la presa in giro dei cittadini è una cosa insopportabile». Per Francesco Boccia, presidente dei senatori Pd, «Salvini e la destra inneggiano all’evasione». La collega di partito Maria Cecilia Guerra, responsabile dem del Lavoro, ha dichiarato: «Quando è legittimata l’evasione non si arresta mai».

I condoni non funzionano: lo Stato finora ha incassato un quinto del previsto

Quello proposto da Salvini per i debitori “under 30 mila”, sebbene tutt’altro che spiegato nei dettagli, sarebbe di fatto un condono per gli evasori. L’ennesimo. Il 30 giugno, prorogati di due mesi, sono per esempio scaduti i termini per aderire alla rottamazione quater, condono fiscale che dava la possibilità di saldare i propri debiti con il fisco senza pagare sanzioni né interessi. Come suggerisce il nome, in passato (a partire dal 2016) ne erano stati approvati altri tre. Secondo un calcolo dell’Agenzia delle entrate, hanno aderito alle iniziative contribuenti che in totale avevano debiti con per circa 100 miliardi di euro. Lo Stato, che si aspettava di ricavare 54 miliardi, ne ha incassati poco più di 20. Un quinto del totale. Il problema delle “rottamazioni fiscali”, come ha spiegato il giornalista economico Paolo Baroni su La Stampa, è che molti aderiscono pagando le prime rate del debito approfittando delle condizioni vantaggiose, per poi fermarsi in attesa della successiva sanatoria «che prima o poi, per una ragione o per l’altra, arriverà».

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