La metamorfosi di Lorenzo Fontana da Torquemada della Lega a uomo delle istituzioni

«Con Giorgio Napolitano scompare una delle figure più rilevanti della storia istituzionale e della Repubblica». Così, senza una sbavatura, il presidente della Camera Lorenzo Fontana ha accolto il feretro del presidente emerito a Montecitorio dove martedì 26 settembre si sono tenute le esequie laiche di Stato. La sobrietà e la compostezza della terza carica dello Stato, soprattutto in una occasione solenne come questa, non dovrebbe stupire, anzi. Eppure quando si parla di Lorenzo Fontana le cose sono un p0′ diverse.

Un anno di silenzio e sobrietà

A dire il vero da quando è stato eletto presidente della Camera, il 14 ottobre 2022, il leghista che all’Europarlamento sfoggiava la t-shirt “No sanzioni alla Russia” e che il 25 aprile dichiarava di festeggiare San Marco invece della liberazione dai nazifascisti non ha mai scatenato una polemica né usato toni sopra le righe. Come si fosse eclissato, assorbito totalmente dalla sua carica istituzionale. Resta da segnalare solo una gaffe veniale, un refuso sulla sua scheda personale depositata a Montecitorio nel 2018 in cui tra i ruoli ricoperti indicava quello di «inpiegato presso Verona fiere in aspettativa dal 2009». Scritto, per due volte, con la “n”, al posto della “m”. Nulla rispetto alle uscite del collega al Senato Ignazio La Russa che tra la «banda musicale di semi pensionati» colpita dai partigiani in via Rasella – «una pagina tutt’altro che nobile della Resistenza: quelli uccisi furono una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle Ss, sapendo benissimo il rischio di rappresaglia su cittadini romani, antifascisti e non» -, la negazione dei riferimenti antifascisti nella Costituzione – «Io credo semplicemente che ciò accadde sotto la spinta dei partiti moderati che non volevano fare questo regalo al Pci e all’Urss» – e il “fraintendimento” delle parole spese in difesa del figlio Leonardo Apache accusato di stupro ha dato più di un grattacapo a Giorgia Meloni e non solo.

La metamorfosi di Lorenzo Fontana da Torquemada della Lega a uomo delle istituzioni
Lorenzo Fontana con Ignazio La Russa (Imagoeconomica).

Fontana, l’eccezione del Carroccio

Fontana invece nulla. Ligio al dovere, regge la Camera senza dare nell’occhio. Nemmeno sui social dove il suo profilo è tutta una foto istituzionale, strette di mano con colleghi esteri, e santini di celebrazioni e anniversari. Al massimo si concede qualche ricorrenza religiosa come l’Assunzione della Beata vergine, San Lorenzo, e la Trasfigurazione di Gesù, solo per citare gli ultimi post di agosto. Vero, l’Italia sarebbe uno Stato laico, ma vista la foga teocon che lo ha caratterizzato in passato si può persino chiudere un occhio. Così Fontana è diventato, insieme con il titolare del Mef Giancarlo Giorgetti, un caso nella maggioranza e soprattutto nel chiassoso Carroccio. Il suo silenzio fa rumore se confrontato ai soliti post barricaderi di Matteo Salvini che, dimenticando di essere anche ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture nonché vicepremier, è in campagna elettorale permanente.

La metamorfosi di Lorenzo Fontana
Lorenzo Fontana e Matteo Salvini a Strasburgo postati da Lia Quartapelle.

Quando Fontana si professava amico di Alba Dorata, fan di Putin e lottava contro l’aborto

Un’operazione, quella di Fontana, completamente riuscita. Si fa quasi fatica a ricordarselo quando si professava amico di Alba Dorata e fan di Vladimir Putin (anche di Viktor Orban e di Marine Le Pen, a dirla tutta, ma nel governo Meloni questa è la normalità). O quando, nel marzo 2014, da europarlamentare si recò in visita in Crimea in qualità di osservatore internazionale per il referendum di annessione alla Federazione Russa, schierandosi ovviamene a favore del sì e attaccando successivamente Bruxelles perché incapace di capire «la volontà di un popolo» che finalmente sentiva di «essere tornato alla casa madre». Nel 2016 ne ebbe pure la Nato, colpevole di aver inviato un piccolo contingente al confine europeo con la Russia: «La scelta di schierare militari al confine russo è schizofrenica e gravissima: le forze mondialiste combattono la Russia identitaria invece di occuparsi del terrorismo islamico. L’esercito lo si schieri per fermare l’immigrazione incontrollata, invece di giocare alla Guerra Fredda». Ancora all’inizio di febbraio 2022, poco prima dell’invasione russa dell’Ucraina, in una intervista al Foglio si diceva fiducioso: «Il mio punto di vista, che è un punto di vista atlantista ed europeista, è che se la Russia avesse voluto invadere l’Ucraina, cosa che mi auguro non accada mai, lo avrebbe già fatto e che quella della Russia sia la posizione di chi cerca di avere un punto di forza all’interno di un negoziato». Non solo. Per Fontana Mosca era l’ultimo baluardo dei valori tradizionali: «Se 30 anni fa la Russia, sotto il giogo comunista, materialista e internazionalista, era ciò che più lontano si possa immaginare dalle idee identitarie e di difesa della famiglia e della tradizione», sosteneva convinto, «oggi invece è il riferimento per chi crede in un modello identitario di società». Per non parlare poi del suo impegno contro l’aborto, la sua contrarietà alle unioni civili, e la fobia per le cosiddette teorie gender. Tutte battaglie portate avanti da ministro della Famiglia e della disabilità nel governo gialloverde. Nel 2018 chiese persino l’abolizione della legge Mancino che punisce l’incitamento all’odio, alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. Il motivo? Nel tempo, a suo dire, si era «trasformata in una sponda normativa usata dai globalisti per ammantare di antifascismo il loro razzismo anti-italiano. I burattinai della retorica del pensiero unico se ne facciano una ragione: il loro grande inganno è stato svelato». Sì, ma quello era un altro Fontana. Ora il presidente della Camera stringe la mano sorridente al collega ucraino Ruslan Stefanchuk.

La metamorfosi di Lorenzo Fontana
Dal profilo Twitter di Lorenzo Fontana.
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