La fuga di Mancini dalla Nazionale e l’imbarazzo degli sponsor

È bastata una pec a Roberto Mancini per passare da simbolo dell’italianità a traditore della patria. La stampa calcistica si muove per iperboli e così lo facciamo anche noi, ben consapevoli – come disse una volta il suo predecessore Arrigo Sacchi – che il calcio è la cosa più importante delle cose meno importanti. I cinque anni del Mancio sulla panchina azzurra, terminati con le dimissioni, sono stati caratterizzati da un punto altissimo, la vittoria dell’Europeo 2020, a cui ha fatto seguito il tonfo della mancata qualificazione al Mondiale di Qatar 2022. Sarà che forse ci avevamo fatto l’abitudine, ma grazie al successo colto nelle “notti magiche” dell’estate 2021, Mancini conservava ancora un certo appeal. Che, adesso, è stato spazzato via. Ed è qualcosa con cui dovranno fare i conti anche gli sponsor.

L'addio di Roberto Mancini alla Nazionale italiana e l'imbarazzo degli sponsor dopo le dimissioni a sorpresa.
Roberto Mancini (Getty Images).

Dietro all’addio le tensioni con Gravina (e forse i soldi arabi)

Su Instagram, un Mancini fresco di addio aveva scritto di «scelta personale». Il che vuol dire tutto e niente. Finita la magia di Euro 2020, torneo vinto meritatamente ma in maniera un po’ estemporanea e non figlia di una crescita di tutto il movimento, l’ormai ex ct ha fallito l’appuntamento con Qatar 2022 e sono venute alla luce tutte le magagne del nostro calcio. Alle difficoltà del ricambio generazionale, giurano i ben informati, si era aggiunto il “mal di pancia” per lo stravolgimento dello staff, concordato non si sa fino a che punto con la Figc: via gli storici collaboratori Alberico Evani, Giulio Nuciari e Attilio Lombardo, dentro Alberto Bollini, Andrea Barzagli e Antonio Gagliardi, col solo Fausto Salsano rimasto al fianco del ct. Èd è stato proprio questo, in effetti, a spingere il Mancio all’addio. Nella prima intervista dopo le dimissioni, concessa a Repubblica,  ha infatti detto di aver lasciato a causa del pessimo rapporto con Gabriele Gravina, lamentandosi per la recente decisione da parte del presidente della Federcalcio di nominare un nuovo staff, mandando via una parte dei suoi collaboratori storici: «Se avesse voluto, mi avrebbe trattenuto. Non l’ha fatto».

Certo, nonostante le smentite di circostanza il fattore economico potrebbe aver influito. Mancini da ct azzurro guadagnava 3 milioni, mentre da selezionatore dell’Arabia Saudita si vocifera potrebbe prenderne 40. Tredici volte tanto, e pure qualcosa in più. Comprensibile dunque la decisione di salutare l’Italia per volare a Riad, ma a far storcere il naso sono le tempistiche. Pochi giorni fa, la Figc aveva consegnato a Mancini il ruolo di coordinatore delle Nazionali fino all’Under 20. Inoltre manca pochissimo agli impegni contro Macedonia del Nord e Ucraina le qualificazioni a Euro 2024: c’è sempre un modo e un tempo per fare le cose e il Mancio ha toppato entrambi.

L'addio di Roberto Mancini alla Nazionale italiana e l'imbarazzo degli sponsor dopo le dimissioni a sorpresa.
Roberto Mancini durante un allenamento della Nazionale (Getty Images).

Il Mancio, un uomo fatto per le campagne pubblicitarie

E adesso, sorgono due domande. La prima: chi al suo posto? Antonio Conte-bis o Luciano Spalletti, che ha appena iniziato il suo anno sabbatico? Il secondo sembra a un passo, clausola col Napoli permettendo. La Figc è pronta a comunicare a breve il prescelto, forse già il 16 agosto. E dunque, seconda questione: che ne sarà delle pubblicità e delle campagne di cui il Mancio è stato testimonial? Certamente telegenico e con quel ciuffo un po’ così, che fa molto charme, l’ex tecnico azzurro continuava a essere una figura rassicurante, appena scalfita della mancata qualificazione al Mondiale. Adesso però potrebbe essere condannato alla damnatio memoriae.

Paul & Shark, Poste Italiane, Lidl, Telepass…

Già volto del rilancio turistico delle Marche, sua Regione d’origine, Mancini prima di Euro 2020 era stato scelto come testimonial della campagna (targata Mise) The Washing Machine Italia contro la contraffazione del merchandising ufficiale del torneo Uefa. Sempre stilosissimo, l’ex fantasista era inoltre diventato ambassador e testimonial di marchi della moda e del lusso come Paul & Shark, marchio di menswear per il quale aveva firmato una collezione ispirata «dall’amore per il mare». Ancora prima era stato protagonista di una campagna per Poste Italiane e di uno spot di Lidl, fornitore ufficiale di frutta e verdura per giocatori e staff durante i ritiri della selezione italiana. Ma questa è storia. Da inizio giugno 2023, invece, era protagonista della campagna pubblicitaria “Un’estate italiana” di Telepass, dispositivo lanciato nel 1990, anno dell’ultimo Mondiale giocato in Italia. E in cui, vabbè, Mancini non giocò nemmeno un minuto.

Una campagna adesso da rivedere, probabilmente da buttare. E che dire dello spot che il Dipartimento per le politiche antidroga e il Dipartimento per l’informazione e l’editoria hanno realizzato per sensibilizzare i giovani, in cui il ct sottolineava che tutte le droghe fanno male, esortando i ragazzi a vivere «le emozioni quelle vere»? A scanso di equivoci, questa campagna ha ricevuto forti critiche già dal suo lancio, sia per il messaggio sia per il livello della recitazione.

Marchigiano doc, Mancini ha da poco concesso il bis come testimonial dello spot che promuove il turismo nella sua Regione: “Let’s Marche! In Italy of course”. Ma intanto se n’è scappato in Arabia, potranno dire adesso i suoi detrattori. Da inizio 2023, l’ormai ex ct affiancava poi Paola Marella nella pubblicità dell’azienda Facile Ristrutturare. Sì, una casa. Provate a farlo con la Nazionale.

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