Kyiv rivela la presenza di componenti occidentali nei droni iraniani

I droni kamikaze iraniani utilizzati nei recenti attacchi russi alle città ucraine sono realizzati con componenti europei. Lo rivela un documento segreto inviato da Kyiv agli alleati occidentali in cui viene ribadita la necessità di missili a lungo raggio per colpire i siti di produzione che si trovano in Russia, Siria e Iran.

Kyiv rivela la presenza di componenti occidentali nei droni iraniani
Un bombardamento a Kyiv (Getty Images).

Le triangolazioni con Turchia, India, Kazakistan, Uzbekistan, Vietnam e Costa Rica

Secondo il rapporto visionato dal Guardian e presentato dal governo ucraino al G7 dello scorso agosto, 52 componenti elettrici prodotti da aziende occidentali sono stati trovati nel drone Shahed-131 e 57 nel modello Shahed-136 che ha un’autonomia di volo di 2 mila km e una velocità di crociera di 180 km orari. Nel mirino cinque società europee, tra cui una filiale polacca di una multinazionale britannica. «Tra i produttori ci sono aziende con sede negli Stati Uniti, in Svizzera, nei Paesi Bassi, in Germania, in Canada, in Giappone e in Polonia», si legge nel rapporto. Per quanto riguarda l’Iran, ha già diversificato la propria produzione utilizzando una fabbrica siriana nel porto di Novorossiysk ma ora si sta spostando in Russia, nella regione centrale tartara di Alabuga. Nel rapporto si sostiene anche che il governo iraniano «non riesce a far fronte alla domanda russa e all’intensità dell’uso in Ucraina». Quasi tutti i componenti occidentali arrivano nei siti di produzione iraniani attraverso Turchia, India, Kazakistan, Uzbekistan, Vietnam e Costa Rica. Le società coinvolte non avrebbero violato le sanzioni. «La produzione iraniana di UAV (i velivoli senza pilota, ndr) si è adattata e utilizza principalmente componenti commerciali disponibili, la cui fornitura è scarsamente o per niente controllata», afferma il rapporto.

Le risposte delle società coinvolte

Il documento poi fornisce alcune prove. In uno Shahed-136 sono state rinvenuti componenti prodotti in Polonia dalla società tedesca Ti Automotive Gmbh che fa capo alla britannica TI Fluid Systems, dalla società svizzera STMicroelectronics e dalla International Rectifier, filiale della società tedesca Infineon Technologies AG. «Lavoriamo con più di 200 mila clienti e migliaia di partner in tutto il mondo. Non autorizziamo l’uso dei nostri prodotti al di fuori dello scopo previsto», ha dichiarato al Guardian un portavoce della STMicroelectronics. «Rispettiamo tutte le norme e i regolamenti del commercio internazionale». «Chiediamo ai nostri clienti, compresi i distributori, di effettuare solo vendite consecutive in linea con le norme applicabili», ha ribadito Infineon. «È difficile controllare le vendite durante l’intero ciclo di vita di un prodotto. Tuttavia, abbiamo adottato tutte le misure a nostra disposizione per garantire il rispetto delle sanzioni contro la Russia, con l’obiettivo non solo di rispettare la lettera ma anche lo spirito delle sanzioni». Nel modello Shahed-131, gli esperti ucraini hanno invece identificato componenti elettronici della società olandese NXP Semiconductor e della International Rectifier. «Non tolleriamo l’uso dei nostri prodotti in armi russe o iraniane, o qualsiasi altra applicazione per la quale i nostri prodotti non sono stati progettati o concessi in licenza», hanno messo in chiaro dalla NXP Semiconductor. «Continuiamo a rispettare le leggi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni nei Paesi in cui operiamo e non abbiamo alcuna attività commerciale in o con Russia, Bielorussia e altri Paesi soggetti a embargo, compreso l’Iran. Il nostro team è in costante contatto con le autorità di regolamentazione di tutto il mondo su questo tema mentre stiamo mettendo a punto ulteriori misure neutralizzare la deviazione illegale di chip».

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