Ita, chi sta boicottando la vendita a Lufthansa e i piani di Gentiloni

Tesi: Giorgia Meloni, cui hanno dato manforte alcuni dei suoi ministri, mette Paolo Gentiloni sul banco degli imputati per il rallentamento del via libera Ue a matrimonio tra Ita Airways e Lufthansa. Antitesi: Gentiloni si chiama fuori, dicendo che non è lui che si occupa della partita. Sintesi: la presidente del Consiglio ha ottime ragioni per lamentarsi, perché quello che sta succedendo alla Commissione europea è l’ennesimo capitolo di una vicenda che ha visto in tutti i modi il Pd ostacolare la vendita di Ita Airways. Una situazione potenzialmente prevista dal presidente della compagnia Antonino Turicchi e dal Mef, ovvero dal ministro Giancarlo Giorgetti e dal direttore generale Riccardo Barbieri Hermitte, che tuttavia pensavano la si sarebbe potuta superare più facilmente.

Ita, chi sta boicottando la vendita a Lufthansa e i piani di Gentiloni
Giancarlo Giorgetti e Giorgia Meloni (Imagoeconomica).

I contatti di Lazzerini con la Commissione Ue e Gentiloni 

Ci sono due elementi che avevano fatto intravvedere già diverso tempo fa la presenza di questi ostacoli. Il primo. Il giorno in cui fu siglato l’accordo con Lufthansa al Mef, lo scorso 25 maggio, non era stato invitato volutamente l’ex ad di Ita Airways Fabio Lazzerini, il quale si era sempre opposto alla vendita. La sera stessa Lazzerini aveva telefonato a Turicchi manifestando tutta la sua irritazione per l’accordo e minacciandolo esplicitamente di mandare tramite i suoi canali politici il dossier alla DG Competition per bloccare l’operazione. Quello che è certo è che l’ex ad è entrato in contatto con la Commissione europea dando la sua versione. E lo ha fatto anche tramite Paolo Gentiloni, i cui contatti risalgono all’inizio di questa vicenda (sono dello stesso schieramento politico). Turicchi ha poi riferito di questa telefonata dai toni accesi direttamente al Mef e al governo. Il secondo. Sempre lo stesso giorno Gentiloni rilasciò delle dichiarazioni che facevano presagire quale sarebbe stato il suo atteggiamento sul dossier: «Non mancheranno discussioni in Italia e in Europa. Intanto lunga vita a Ita». Quel «non mancheranno discussioni» non prometteva nulla di buono su una sollecita risoluzione della pratica, anzi.

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Fabio Lazzerini (Imagoeconomica).

Il Pd lavorava a un accordo con Air France ostacolando Lufthansa

Gentiloni, insieme ai notabili del suo partito Letta, Gualtieri, De Micheli, più Conte e i due dirigenti del Mef Alessandro Rivera e Filippo Giansante, sperava che la compagnia venisse venduta ai francesi e non ai tedeschi. Non a caso l’inopinato apparire sulla scena a trattativa con i tedeschi quasi chiusa del fondo Certares, operazione costruita ad hoc da Lazzerini su volere politico del Pd, avveniva all’interno di un consorzio che aveva Air France come capofila industriale. Durante la gara tra le due cordate i contatti tra l’ambasciata francese, lo staff di Macron con il Pd e una parte del Mef sono stati assidui e costanti, a tratti anche molto intensi. Obiettivo? Ostacolare Lufthansa e favorire Parigi. L’allontanamento di Lazzerini si inquadra anche in questo contesto: era necessario per interrompere quel legame tra Pd e Ita Airways che di fatto bloccava la sua privatizzazione. Inoltre, sempre in tema di legami Francia-Mef, era noto agli addetti che Certares aveva a suo tempo proposto la presidenza di Ita a Rivera, qualora avesse vinto il consorzio con Air France. Incarico compatibile con quello di Direttore generale di via XX Settembre. Da qui la decisione di Meloni, che con Giorgetti era a conoscenza di questa proposta, di allontanare Rivera da ruoli apicali, delusa anche dal fatto di come egli avesse gestito l’altra grande partita aperta, ovvero la cessione di Mps.

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Paolo Gentiloni (Getty Images).

La candidatura di Vestager alla Bei ha rallentato il dossier

Le dichiarazioni di Meloni a margine del G20 sono state quindi un modo per far venire allo scoperto Gentiloni e la sua corrente che nella sostanza sta rallentando volutamente il processo, con lo scopo di boicottare Lufthansa, soluzione non gradita. E anche le voci su un possibile re-ingresso della Msc di Aponte, in origine partner di Lufthansa prima che il Mef chiudesse loro la porta in faccia, sono state messe in giro per creare confusione e rallentare ancor di più l’operazione aprendo spiragli inesistenti (nessuno del governo ha mai chiamato Aponte, e all’armatore napoletano la questione Ita non interessa più: si è fatto la sua compagnia aerea cargo, comprando Alis Cargo, e sta acquisendo anche i treni di Italo). In questo scenario ci sono altri elementi che Gentiloni aveva già previsto e che sta cavalcando per rallentare se non bloccare l’operazione: la commissaria Margrethe Vestager, colei che ha favorito la nascita di Ita dalle ceneri di Alitalia, è candidata alla Bei, la Banca europea degli investimenti, e per non avere conflitti di interessi si è messa in aspettativa. Cosa che ha comportato un vuoto di potere sul dossier vendita di Ita che lei conosce bene, e che ancora non è stato pienamente colmato da nessuno dei suoi collaboratori. Impegnata nella campagna elettorale per arrivare al vertice della Bei, Vestager non ha quindi più nessun interesse a spingere per Germania o Francia, se non quello che entrambe sostengano la sua candidatura. Il concorrente di Vestager, guarda caso, è l’ex ministro dell’Economia Daniele Franco. Ora il pronunciamento su Ita è nelle mani di Didier Reynders, commissario europeo della Giustizia, che ha preso l’interim del posto lasciato da Vestager, che di tutta la vicenda sa poco o nulla. A questo si aggiunga anche che le altre compagnie aeree, capeggiate da Air France, Ryanair e Iag (Iberia e British), stanno facendo un’attività di lobbying per boicottare l’operazione, perché in uno scenario di dominio dei cieli europei non vogliono cedere spazio a Lufthansa. Tutto questo in vista di un’altra importante operazione nel settore, ovvero l’acquisizione di Tap (la compagnia portoghese, molto più in salute di Ita), che scatenerà una nuova guerra tra i vettori. Detto che Tap potrebbe essere anche l’arma di scambio, a Lufthtansa Ita, ad AirFrance la compagnia portoghese.

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Margrethe Vestager (Getty Images).

Più il tempo passa più Ita rischia di dover portare i libri in tribunale vanificando l’intervento di Lufthansa

Tutta questa vicenda era già nota a molti, in fase di gara, infatti nei corridoi di Ita e in quelli del Mef si vocifera da mesi (ancor prima dell’accordo di maggio) che la trattativa con la DG Competition sarebbe andata in fase 2. Come nella realtà sta succedendo. La fase 1 è il primo slot dell’istruttoria e richiede una decisione Ue al massimo entro 25 giorni lavorativi dalla notifica. Ogni anno vengono depositate a Bruxelles circa 300 notifiche di fusione e acquisizione. Più del 90 per cento viene risolto nella fase 1. Se ciò non accade, a quel punto l’Antitrust avvia la fase 2 che può richiedere fino a 90 giorni lavorativi. Se nemmeno questi fossero sufficienti si proseguirebbe con due proroghe da 15 e 20 giorni per la decisione finale. Attualmente la DG Commission, per rallentare il processo, sta continuando chiedere approfondimenti. Di qui la gesuitica risposta di Bruxelles a Meloni di non aver ricevuto la notifica, sapendo bene che il rallentamento è in realtà tutta opera della Commissione. L’obiettivo è buttare la palla avanti, ovvero arrivare alla proroga, che nella realtà significa almeno altri sei mesi di melina. Tra l’altro Ita ha già preso dal Mef l’ultima tranche da 250 milioni del finanziamento autorizzato di 1.350 milioni, e siamo alle porte della stagione winter dove le compagnie non guadagnano ma perdono soldi. In questo scenario, quei soldi saranno bruciati entro fine ottobre/metà novembre, il che significa che a fine anno la compagnia non avrà più liquidità, e sarà costretta a portare portano i libri in tribunale. Cosa che vanificherebbe l’intervento di Lufthansa che non ha firmato per acquisire una società fallita, consentendo l’arrivo di Air France come il cavaliere bianco salvatore. Politicamente sarebbe un disastro per questo governo, e una rivincita per il Pd e la sua cordata. In quest’ottica Gentiloni può avere un ruolo chiave. Per questo Meloni ha dato enfasi al caso, perché ha capito che se non mette Gentiloni e una certa politica alle strette, la situazione degenera e le si ritorce contro.

Ita, chi sta boicottando la vendita a Lufthansa e i piani di Gentiloni
Domenico Galasso, direttore del personale di Ita.

Bruciata Limosani, il manager Ita su cui puntano i ‘sabotatori’ sarebbe il capo del personale Galasso

Per fare tutto questo, ovvero per bloccare la cessione a Lufthansa, come sempre ci vuole qualcuno che dall’interno tiri il freno. Ormai bruciata Emiliana Limosani per la sua gestione pessima dell’aria commerciale e della vicenda Tie, secondo gli spifferi della Magliana il manager su cui punterebbero i sabotatori dell’accordo con Lufthansa sarebbe Domenico Galasso. Il capo del personale di Ita, a cui Turicchi e il Mef hanno già fatto capire il non gradimento, anche per il suo alto tasso di assenteismo in qualità di direttore di un azienda di Stato (oltre il 4 per cento ogni mese di assenza dal lavoro), starebbe alimentando una serie di attività che tendono a ostacolare l’operazione. Prima fra tutte il reintegro degli ex dipendenti Alitalia, iniziativa che il manager porta avanti senza aver ricevuto alcuna autorizzazione ufficiale da parte del cda a trattare, e che appesantisce i costi fissi dell’azienda. Sarebbe lui, insieme all’ufficio legale di Ita, che contribuisce a scrivere i ricorsi per il tribunale, che si dimostrano sempre molto deboli e contraddittori e sfavorevoli a Ita stessa. Ed è sempre lui che durante le diverse sessioni di lavoro con Lufthansa non ha fornito i dati richiesti, se non dopo molti solleciti da parte prima dei tedeschi e poi di Turicchi. E tuttavia non ha mai dato documentazione completa o esauriente. Galasso, un passato da dirigente editoriale prima in Gedi poi al Sole 24 Ore, è arrivato in Alitalia nel 2019, è dunque elemento di continuità con la passata gestione. La cui resilienza, anche grazie a legami politici mai venuti meno con il Pd, è ancora molto forte. E cerca autorevoli sponde anche a Bruxelles. Meloni lo sapeva. E ha parlato anche perché Giorgetti, che era con lei al G20, intendesse: senza recidere i legami col passato che hanno fatto di Alitalia un carrozzone legato alla peggior politica, si rischia che il buco nero della compagnia pesi ancora per molto sulle spalle dei contribuenti (che negli hanno hanno già versato nelle sue casse oltre 14 miliardi).

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