India, la Corte suprema non si pronuncia sui matrimoni Lgbtq+

L’India non ha ancora preso una decisione in merito alle unioni omosessuali. La Corte suprema ha infatti rimandato il compito di legalizzare i matrimoni Lgbtq+ al Parlamento, come indicato già dal governo di Narendra Modi, da sempre fermo oppositore. In attesa della sentenza che avrebbe potuto segnare un nuovo capitolo della storia nazionale, nella giornata di martedì 17 ottobre migliaia di persone si erano radunate al di fuori del tribunale di Nuova Delhi per ascoltare il verdetto. «Spetta al Parlamento e alle legislature statali determinare la legge sul matrimonio», ha affermato il presidente Dhananjaya Yeshwan Chandrachud. «È compito dello Stato studiare l’impatto di una simile scelta». La Corte ha però affermato che il Paese dovrebbe riconoscere le relazioni omosessuali e proteggerle da ogni forma di discriminazione.

La Corte suprema in India non ha legalizzato i matrimoni omosessuali: «È compito del Parlamento». Gli attivisti: «Fatti passi avanti».
Una manifestazione Lgbtq+ in India (Getty Images).

India, il presidente della Corte: «L’amore ci rende umani»

Durante la lettura della sentenza, durata circa due ore, il presidente della Corte suprema Chandrachud ha spiegato di aver analizzato 21 richieste di legalizzazione tra persone dello stesso sesso. Come ha riportato anche il Guardian, soltanto due giudici su cinque hanno espresso parere favorevole, tra cui lo stesso capo della Corte. «La scelta del compagno di vita è parte integrante del proprio percorso di vita», ha sottolineato durante il suo intervento. «L’omosessualità non è una stranezza, ma la nostra capacità di amare chiunque ci rende esseri umani». Ha per questo aggiunto che l’India ha il dovere di accettare le relazioni Lgbtq+ e le persone queer alla pari di tutti i cittadini, proteggendoli dall’odio e dalla violenza. I giudici hanno incaricato il governo di istituire un comitato, su consiglio del procuratore generale Tushar Mehta, per considerare le «concessioni alle coppie Lgbtq+ su diritti e privilegi finora riservati agli eterosessuali».

La Corte suprema in India non ha legalizzato i matrimoni omosessuali: «È compito del Parlamento». Gli attivisti: «Fatti passi avanti».
Una manifestazione Lgbtq+ in India (Getty Images).

La notizia è stata immediatamente accolta con disappunto da tutte le persone che si erano radunate per ascoltare il verdetto. Fuori dal tribunale, infatti, migliaia di attivisti speravano di poter festeggiare l’India come il secondo Paese asiatico, dopo Taiwan, a legalizzare i matrimoni fra persone dello stesso sesso. «Non siamo soddisfatti», ha dichiarato ad Afp Siddhant Kumar. «Ora dobbiamo rimanere forti e uniti in modo da continuare la nostra lotta». Altri cittadini però, secondo la Cnn, hanno visto un lieve progresso nelle parole del giudice Chandrachud. «Intendeva rendere felici entrambe le parti», ha spiegato il 20enne Pranav Grover. «Cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno». Seppur deluso, gli ha fatto eco un ragazzo di nome Faraz che ha parlato sicuramente di una «buona cosa, non di certo una sconfitta».

 

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