Indi Gregory, il console italiano ha chiesto la giurisdizione del caso

Il Console italiano di Manchester, Matteo Corradini, ha lanciato un appello all’Alta Corte britannica per fermare l’iter che porterà allo stop della ventilazione artificiale della piccola Indi Gregory. Dopo aver presentato la richiesta, i giudici hanno prorogato di due il termine. I supporti vitali non sono stati fermati alle 15 ora italiana. Adesso si punta a una sospensione definitiva. Corradini, tutore legale della bambina in Italia, dopo la cittadinanza conferita lunedì scorso dal Cdm, ha chiesto all’Alta Corte di cedere la giurisdizione del caso alla magistratura italiana.

L’avvocato della famiglia: «In un mondo normale basterebbe un no»

Simone Pillon, il legale della famiglia Gregory in Italia, ha commentato la corsa contro il tempo per trasferire la bambina a Roma. Giudicata incurabile, la piccola potrebbe ricevere, all’ospedale Bambino Gesù, soltanto cure palliative. Per il giudice Robert Peel, invece, nel suo interesse vanno staccati i macchinari che la tengono in vita artificialmente. Pillon ha dichiarato: «Non c’è nulla di più difficile che argomentare l’ovvio, pagine e pagine per spiegare che i bambini non si lasciano morire, in un mondo normale basterebbero due lettere dell’alfabeto: no. Diciotto ore di atti da leggere, scrivere, tradurre, poi penso al papà di Indi in ospedale con la sua piccola e vado avanti».

Dean Gregory: «Non merita di morire»

Il padre di Indi Gregory, Dean, sta continuando a lanciare appelli da giorni. Ha dichiarato: «Il nostro sogno per Indi è quello di portarla in Italia, non merita di morire, è ancora una bambina che respira e le batte il cuore. Quello che sta accadendo è la cosa più disumana e crudele che abbiamo mai vissuto su questa terra, preghiamo per un miracolo. Sappiamo che lei è una combattente, vuole vivere e non merita di morire». Secondo i medici inglesi, però, la rara malattia mitocondriale che ha colpito la bambina non dà alcuna speranza di miglioramento e non staccare i supporti vitale equivarrebbe ad accanirsi sul suo corpo.

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