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Incidente di Brandizzo, le telefonate prima della strage: «Fermi, devono passare due treni»
Ruotano intorno a cinque telefonate le indagini che la procura di Ivrea sta svolgendo sull’incidente di Brandizzo, dove cinque operai hanno perso la vita dopo essere stati travolti da un treno mentre lavoravano sui binari. In particolare, sotto la lente di ingrandimento c’è la mancata autorizzazione, da parte della sala di controllo della stazione di Chivasso, di iniziare i lavori. Più di una volta la tecnica di Rfi (non indagata e ascoltata come testimone) aveva intimato al collega Antonio Massa, indagato per omicidio plurimo e disastro ferroviario con dolo eventuale, di aspettare a mandare gli operai sul binario perché doveva ancora passare almeno un convoglio. Ma quest’ultimo, secondo le prime ricostruzioni, avrebbe anticipato il via libera prima di riceverlo.
La tecnica Rfi ad Antonio Massa: «Deve ancora passare un treno»
«Gli operai non dovevano stare su quel binario a quell’ora», continuano a ripetere dal terzo piano del palazzo di giustizia secondo quanto riportato da La Repubblica. Perché, come ripetuto per due volte dalla tecnica di Rfi in sala di controllo, era previsto il passaggio di un treno che aveva accumulato dei minuti di ritardo. La prima telefonata tra lei e Massa, che aveva il compito di accompagnare la squadra di lavoratori sui binari, è avvenuta tra le 23.26 e le 23.29. «Possiamo cominciare?», ha chiesto lui alla collega, che ha risposto: «State fermi. Deve ancora passare un treno che è in ritardo. Aggiorniamoci dopo». Nessuno, però, sarebbe stato fermo. Gli operai avrebbero infatti ricevuto un ok orale dai loro superiori e iniziato a lavorare. Dai filmati delle telecamere della stazione e dai rumori di sottofondo nella seconda telefonata (poco dopo le 23.30), infatti, si deduce che avessero cominciato a spingere con attrezzi rumorosi sui binari.
La seconda chiamata: «Bisogna aspettare dopo la mezzanotte»
«Adesso possiamo andare?», ha chiesto nella seconda chiamata Massa, che aveva comunque già fatto iniziare i lavori. Ma l’addetta di Chivasso, per la seconda volta, ha risposto di no ribadendo che era previsto il passaggio di un treno: «Bisogna aspettare dopo la mezzanotte. Ci sono due fasce orarie possibili in cui lavorare dopo quell’ora, o prima o dopo l’1.30, ora in cui passerà un altro treno. Scegliete voi quale preferite». Gli operai sono rimasti sempre sul binario fino a quando, proprio durante la terza telefonata, è avvenuta la strage che l’addetta Rfi ha sentito in diretta. Le due telefonate successive sono strazianti. «Sono morti tutti! Sono morti tutti sui binari!», ha urlato Massa in lacrime. Mentre i corpi di Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Saverio Giuseppe Lombardo, Giuseppe Aversa e Kevin Laganà giacevano già senza vita.
La prassi di iniziare i lavori prima dell’autorizzazione non è infrequente
Nessuna autorizzazione dalla sala di controllo, dunque, sarebbe stata data né in forma scritta né oralmente per procedere all’inizio dei lavori. Una prassi, quella di cominciare prima del rilascio del via libera, che non sarebbe così infrequente nel mondo delle ferrovie. Dopo i blitz della finanza alla Si.gi.fer (la ditta di Borgo Vercelli per cui lavoravano le vittime) e negli uffici di Rfi, gli inquirenti cercano ora elementi di prova per dimostrare questa tesi che, se dimostrata, potrebbe far finire sotto indagine anche le due società.