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Incendi alle Hawaii, il cambiamento climatico e non solo dietro a una catastrofe annunciata
Quello che ha colpito l’isola di Maui è diventato l’incendio più letale nella storia degli Stati Uniti dal 1918, quando 453 persone morirono in Minnesota e Wisconsin. Il bilancio, ancora provvisorio, parla di 110 vittime, uccise dai vasti roghi favoriti dalla siccità e dai forti venti dell’uragano Dora. Da paradiso a inferno, all’improvviso: questo nella percezione comune è successo alle Hawaii e in particolare a Lahaina. La realtà, però, racconta qualcosa di molto diverso. E cioè che una catastrofe di tale portata era solo questione di tempo.

Altro che paradiso, le Hawaii sono il territorio più pericoloso degli Stati Uniti
Come sottolinea Associated Press, che ha analizzato i registri della Federal Emergency Management Agency, i disastri naturali sono tutt’altro che rari alle Hawaii, dalle eruzioni vulcaniche ai terremoti, fino a tsunami, uragani, inondazioni e frane. A tali calamità si sono aggiunti in tempi recenti gli incendi, in passato rari e oggi più frequenti: di fatto, le Hawaii sono il territorio più pericoloso degli Stati Uniti. A causa del clima più secco dovuto al riscaldamento globale, la quantità di ettari bruciati dalle fiamme è triplicata negli Usa dagli Anni 80, ma alle Hawaii è aumentata di oltre cinque volte. Dal 1953 al 2003, le Hawaii avevano registrato in media un disastro naturale ogni due anni. Ma ora la media è di due all’anno, ossia quattro volte tanto. Ancora peggio per gli incendi (di grosse dimensioni): le Hawaii sono passate da un rogo ogni nove anni a uno all’anno in media a partire dal 2004.

Cambio d’uso dei terreni e cambiamenti climatici: le ragioni del disastro
Che cosa è cambiato? Il clima, certamente, ma non solo. Come ha spiegato all’Ap Clay Trauernicht, ricercatore dell’Università delle Hawaii specializzato in incendi boschivi, ciò che sta accadendo è principalmente dovuto ai cambiamenti nell’uso del suolo. A partire dagli Anni 90, infatti, nell’arcipelago – sempre più votato al turismo – si è verificato «un grande declino nell’agricoltura di piantagione e nell’allevamento». Ettari su ettari di colture o di prati destinati al pascolo sono stati così sostituiti da distese erbose «che possono seccarsi in poche settimane, diventando così facilmente infiammabili», ha sottolineato Chris Field, scienziato del clima della Stanford University. Ed è proprio quello che successo. Per le prime quattro settimane di maggio, la contea di Maui non ha avuto problemi di siccità, secondo un monitoraggio federale. Ma a metà luglio, l’83 per cento del territorio dell’isola risultava anormalmente secco. È quella che gli scienziati chiamano “siccità improvvisa”, fenomeno sempre più comune a causa del cambiamento climatico: questo tipo di crisi idrica inizia con un periodo di assenza di pioggia e si intensifica velocemente a causa dell’aumento delle temperature e dei venti più forti, che possono rapidamente amplificare la perdita di umidità nel suolo. Così come facilitare il propagarsi delle fiamme: al resto ha infatti pensato l’uragano Dora, sviluppatosi 700 miglia a sud, che ha contribuito a creare venti simili a tempeste i quali hanno alimentato il fuoco e diffuso gli incendi.

Il problema degli incendi è stato finora ampiamente sottovalutato negli Stati Uniti
Al disastro ha contribuito anche il fatto che le erbe delle praterie delle Hawaii, capaci di crescere a dismisura quando le piogge sono abbondanti per poi seccarsi rapidamente una volta cessate le precipitazioni, sono fortemente invasive: propagatesi dalle zone rurali a quelle urbanizzate, hanno fatto sì che Lahaina sia andata a fuoco con estrema facilità. A causa degli incendi alle Hawaii sono ora 11 mila le persone evacuate. Joe Biden ha annunciato che metterà a disposizione delle isole «tutte le risorse federali necessarie», mentre si sta cercando di accertare le responsabilità del disastro: è emerso che le autorità dell’arcipelago non hanno utilizzato le sirene di allarme in quanto «vengono utilizzate principalmente per gli tsunami» e gli abitanti «sono addestrati a rifugiarsi in quota» quando suonano. Di sicuro, il problema degli incendi è stato (finora) ampiamente sottovalutato negli Usa. Un rapporto sulla gestione delle emergenze statali del 2022 ha elencato tsunami, uragani, terremoti e inondazioni come “alto rischio” per i cittadini, classificando invece gli incendi boschivi come un “basso rischio”, insieme a siccità e innalzamento del livello del mare. Ma alle Hawaii il fuoco è da tempo la prima causa delle calamità naturali dichiarate a livello federale: qui negli ultimi due decenni le fiamme hanno fatto più danni di inondazioni, tempeste e uragani messi insieme. Da paradiso a inferno: no, non è successo in un attimo.
