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In Confindustria è già partita la giostra per il dopo Bonomi
Ufficialmente si parte il prossimo gennaio con la nomina della commissione di designazione e la scelta dei saggi, ma il mondo confindustriale è già in ebollizione: c’è da scegliere il successore di Carlo Bonomi alla presidenza e si moltiplicano gli incontri carbonari e la visibilità dei potenziali candidati. L’opinione comune è che, questa volta, alla guida di Confindustria ci voglia un imprenditore con una azienda grande e visibili, possibilmente manifatturiera. Non certo uno di quelli che l’avvocato Agnelli chiamava «i professionisti di Confindustria», il cui peso nell’organizzazione era inversamente proporzionale a quello che avevano come imprenditori.
Per ora si scaldano i vice Marenghi e Orsini
Un presidente che possa stare al tavolo del governo senza sudditanze e senza pensare ogni momento a che lavoro dovrà fare alla scadenza del mandato. Eppure, nonostante l’identikit ipotizzato nei conciliaboli sia questo, per ora a scaldarsi sono i vice presidenti in carica: Alberto Marenghi (1976), sposato con Maddalena Morgante, eletta alla Camera nelle ultime elezioni con Fratelli d’Italia, e amministratore delegato di un paio di piccole cartiere mantovane ed Emanuele Orsini (1973), vicepresidente al Credito, anche lui titolare di una media impresa del legno. Partono entrambi con un buon supporto e molte ostilità. Il primo è il candidato favorito dell’uscente Bonomi e da mantovano può contare sul consenso di uno dei big storici, Emma Marcegaglia, che dopo la Luiss punta alla presidenza del Sole 24 Ore. Per il secondo molti pensano che se verrà candidato potrebbe ripetere un copione già visto: far confluire i suoi voti su un altro presidente, come è successo con Bonomi. Per entrambi, però, ci sono non poche incognite da superare, soprattutto se si punta, come molti auspicano, al ritorno in viale dell’Astronomia di un big del sistema industriale. Un imprenditore che, forte di fatturato e relazioni, possa risollevare Confindustria dalla crisi di rappresentanza in cui è via via precipitata. E dunque interloquire senza nessuna sudditanza con i palazzi della politica.
Roma e Lazio puntano su Stirpe, i veneti potrebbero accordarsi su Carraro, Beltrame Giacomello o Zoppas
Dietro le quinte si lavora perciò a costruire altre candidature. La potente associazione di Roma e Lazio, con il supporto di un veterano e king maker con Luigi Abete, non nasconde il favore per Maurizio Stirpe (1958), vicepresidente per le Relazioni Industriali, imprenditore di successo alla guida di una florida azienda della filiera automotive basata a sud di Roma. Stirpe sarebbe un nome forte, ma avrebbe già espresso la sua indisponibilità dopo l’improvvisa morte del fratello che lo costringe a dedicarsi a tempo pieno alle sue aziende. I veneti, uniti per la prima volta in quella che è diventata la prima o seconda associazione italiana per iscritti e fatturato, Confindustria Veneto Est, potrebbero rivendicare una presidenza che non vedono da decenni. Ma si metteranno d’accordo sul nome? Sarà Enrico Carraro, attuale presidente di Confindustria Veneto, Barbara Beltrame Giacomello, vicepresidente nazionale all’Internazionalizzazione o Matteo Zoppas, che dopo aver guidato Confindustria Venezia e Veneto ora è presidente dell’Ice?
Sottotraccia si fa largo il nome di Gozzi
Ma i veti incrociati potrebbero alla fine far convergere anche su un nome, per ora rimasto sotto traccia, che coglie a pieno l’identikit gradito dalla base. Si tratta di Antonio Gozzi (1954), presidente di Federacciai, un lungo cursus onorum confindustriale e presidente della Duferco, azienda da 40 miliardi di euro di fatturato e 2.500 dipendenti. A lui i colleghi riconoscono coraggio e determinazione oltre a una forte competenza sui temi energetici e geopolitici. Tuttavia un sussurro fa ipotizzare anche altre soluzioni. Per la prima volta, una modifica dello statuto approvato tempo fa consente la nomina anche di un past president. Abete e Marcegaglia hanno già fatto sapere di non essere disponibili, ma c’è chi vede nel rinnovato attivismo di Antonio D’Amato un germe di una volontà di tornare in pista. E chi lo conosce sa che quando lui si muove le acque non rimangono calme.