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Il telescopio James Webb scopre pianeti che vagano nello spazio
Dal suo lancio nel Natale 2021, il telescopio spaziale James Webb ha fornito immagini incredibilmente dettagliate agli astronomi di Nasa ed Esa. Sfruttando le sue telecamere a infrarossi, ha catturato dettagli finora mai visti sulla Terra, dando vita a scoperte sempre più dettagliate sul cosmo. L’ultima arriva dalla Nebulosa di Orione o Messier 42, ammasso di stelle distante circa 1400 anni luce dalla Terra. Al suo interno, distanti da qualsiasi astro, vagano circa 40 pianeti le cui dimensioni sono simili a quelle di Giove. Curiosamente si muovono sempre in coppia, ma gli scienziati non hanno ancora una giustificazione certa per il fenomeno. «Non sappiamo cosa dire», ha spiegato alla Bbc l’astronomo dell’Esa Mark McCaughrean. «Possiamo solo avanzare alcune ipotesi».
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Pianeti senza una stella, la nuova scoperta del telescopio James Webb
I pianeti individuati dal telescopio della Nasa James Webb hanno dimensioni enormi. Grandi quanto Giove, hanno dunque un raggio di quasi 70 mila chilometri e una massa oltre 300 volte superiore alla Terra. Come hanno spiegato gli scienziati, ciascuno di essi potrebbe contenere nel suo volume circa 1300 volte il nostro pianeta. Data la loro grandezza, la Nasa ha deciso di rinominare i nuovi corpi celesti Jupiter Mass Binary Objects, abbreviati nell’acronimo Jumbo. Come visibile nelle immagini pubblicate sull’account Instagram dell’agenzia spaziale europea, si muovono sempre in coppia e non orbitano attorno ad alcuna stella. «Le leggi della fisica ci suggeriscono che pianeti di tali dimensioni non dovrebbero trovarsi da soli», ha spiegato McCaughrean. «Eppure ora li possiamo vedere. Non sappiamo cosa dire».
Stando a quanto riportato dalla Bbc, al momento gli astronomi stanno valutando due potenziali alternative. La prima ipotesi suggerisce che i pianeti siano nati in regioni della Nebulosa di Orione in cui era impossibile si formassero delle nuove stelle. La seconda invece, nonché la più attendibile, suggerisce che siano stati generati da un ammasso di astri e soltanto dopo espulsi nel cosmo attraverso una serie di eventi di enorme portata. «Siamo di fronte a una pura teoria», ha precisato McCaughrean. «Non possiamo dare una risposta concreta». Gli ha fatto eco l’astronoma Heidi Hammel, che nel 1989 partecipò alla missione della sonda Voyager 2 su Nettuno. «È davvero strano», ha detto ai media britannici. «Forse un giorno avremo tutti gli strumenti per vedere con chiarezza».
Nebulosa di Orione, dove si trovano i pianeti scoperti dal telescopio
L’ammasso Messier 42, noto anche come Nebulosa di Orione, è la grande regione di formazione stellare più vicina al nostro pianeta. Con un’ampiezza di circa quattro anni luce, si sviluppa attorno a un quartetto di soli luminosi chiamato Trapezio, visibile anche a occhio nudo nel cielo. Per trovarlo, infatti, è sufficiente guardare poco più in basso rispetto alla cintura di Orione, il gruppo di tre stelle quasi in linea retta nell’omonima costellazione che porta il nome di un cacciatore greco. La Nebulosa si trova laddove gli astronomi hanno indicato la spada del protagonista del mito classico. L’immagine del James Webb è frutto di un mosaico di 700 scatti della NIRCam, telecamera a infrarossi, nel corso di una settimana di ricerca. La fotografia ha dimensioni incredibili, dato che conta a grandezza naturale 21 mila pixel per oltre 14 mila.