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Il pg Bono sulla separazione delle carriere: «Sì, ma a certe condizioni»
Gaetano Bono, il sostituto procuratore generale di Caltanissetta, in un intervento sul quotidiano Il Dubbio, si è espresso sulla separazione delle carriere dei magistrati: «Sono favorevole alla separazione delle carriere dei magistrati, purché realizzata a certe condizioni. Anzi se a tale questione ci si approcciasse con un atteggiamento più laico e sereno si potrebbe guardare alla riforma sulla separazione come a una grande opportunità per migliorare il sistema giustizia, a beneficio dei cittadini, ma anche degli stessi magistrati».
Una «possibilità» per l’ANM di «dare il proprio contributo»
Bono ha inoltre affermato che «Così facendo l’associazione nazionale magistrati avrebbe la possibilità di dare il proprio contributo di tipo tecnico-giuridico in ordine alla salvaguardia di quelle garanzie che servono a preservare l’equilibrio tra i poteri dello Stato, l’indipendenza della magistratura e, in definitiva, la libertà dei cittadini. Invece l’ANM continua a dirsi unanimemente contraria, rifiutando ogni alternativa al mantenimento dello status quo e assumendo toni apocalittici».
Bono: «Contesto l’impostazione di tabù e dogmatismi»
Nel suo intervento sul quotidiano, Bono ha specificato di comprendere «le critiche mosse dall’ANM» ritenendo «fondati i pericoli sul versante del ridimensionamento delle garanzie costituzionali attualmente in vigore» spiegando «Ciò che io contesto è l’imposizione di tabù e dogmatismi. Sostengo che non c’è alcun automatismo tra separazione delle carriere dei magistrati e assoggettamento al potere politico, poiché tutto dipende da come la riforma verrà realizzata».
I «requisiti irrinunciabili» del pubblico ministero
Il sostituto procuratore è consapevole che si tratti di un «discorso complesso» e ha indicato «alcuni requisiti irrinunciabili» che il pubblico ministero dovrebbe continuare ad avere come «l’indipendenza dall’Esecutivo, l’obbligatorietà dell’azione penale, la terzietà e imparzialità rispetto alla polizia giudiziaria, la cultura della giurisdizione, l’inamovibilità, il governo autonomo (magari istituendo due C.S.M. l’uno per i giudici e l’altro per i P.M.), la distinzione tra magistrati solo per diversità di funzioni». Senza queste condizioni, ha concluso Bono «meglio rinunciare alla separazione e tenersi il sistema attuale, perché diventerebbe inevitabile la sottoposizione del P.M. all’influenza del potere politico».