Il paradosso di Esselunga che dovrebbe tifare di più per i divorzi

Una pesca che pesca emozioni e innesca un dibattito pubblico che raramente si era visto per uno spot. Si parla di tutto, meno che dei fondamentali. A cosa serve, o dovrebbe servire, la pubblicità? A vendere di più un prodotto. Per farlo ci sono due modi: una, la più semplice, quella di magnificarne le sue qualità. L’altra (a inaugurarla fu Oliviero Toscani alla fine del secolo scorso con le campagne per Benetton) quella di raccontare una storia dove il prodotto nemmeno si vede, a mala pena appare il marchio del committente alla fine. Esselunga ha scelto questa seconda strada, e siccome non è un’associazione no profit, prima di parlare di figli e genitori separati bisognerebbe chiedersi se il controverso spot aumenterà o meno le vendite dei suoi supermercati. Risposta: no. Nessuno andrà a farci la spesa pensando alla pesca e alla bambina, ma semplicemente perché nell’immaginario di molti milanesi e ora vista la diffusione dei negozi italiani Esselunga resta sinonimo di qualità dei prodotti, varietà nella scelta e di prezzi accessibili (oggi un po’ meno, per la verità, anche se una volta lo slogan era “Esselunga, prezzi corti”). Ma Esselunga è stata anche altro. Per chi arrivava nella capitale morale in cerca di fortuna e lavoro era il paradiso delle monoporzioni, il premiante universo dei punti fragola e della carta Fìdaty, quasi un’antesignana della social card in una città dove nel tempo i single hanno finito col sopravanzare le coppie sposate. Monofamiglia, mezze porzioni. Marketing ad hoc.

Per Esselunga cambio di passo discutibile e terreno minato

Per paradosso, Esselunga avrebbe dunque tutto l’interesse a che le famiglie, a differenza del messaggio veicolato dalla bambina, non si ricomponessero e il numero dei separati aumentasse: due spese, due carrelli, due scontrini. Tre quando i figli diventeranno grandi. E single spreconi che girando tra gli scaffali inevitabilmente comprano più di quello che consumano. Invece sceglie la strada opposta cedendo all’ideologia che piace tanto agli attuali governanti, che infatti plaudono. Cambio di passo discutibile, terreno minato. Quando nel 2013 Guido Barilla disse che la sua azienda non avrebbe mai fatto uno spot con una famiglia omosessuale, perché per loro la famiglia era quella tradizionale, sul mercato americano partì un boicottaggio che lo costrinse a una plateale abiura e a far partite una massiccia campagna che faceva di Barilla sinonimo di pasta gay friendly. Ora nessuno in Italia arriverà a tanto, anche perché lo spot Esselunga non ha nulla di discriminatorio. Se mai un che di irritante: sappiamo del desiderio della bambina di far tornare insieme i genitori, nulla della loro storia di coppia. Che, come tante, può essere un inferno da cui scappare.

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