Il futuro di Mario Draghi tra politica e ruoli di alto profilo

Non c’è modo migliore che far sentire una presenza se ci si dedica a coltivare la propria assenza. Sembra diventata questa la regola cui obbedisce Mario Draghi, uno che anche quando da presidente del Consiglio era sotto i riflettori cercava di spegnerli. E non c’è modo migliore che far sapere di essere fuori dalla vita pubblica per creare le condizioni per potervi ritornare. Da quando non è più a Palazzo Chigi, l’ex premier e governatore della Banca centrale europea ha limitato uscite pubbliche e interventi. Fa eccezione la doppia apparizione, doverosa, ai funerali di Silvio Berlusconi e Flavia Franzoni, moglie di Romano Prodi che però, come in precedenza alle esequie romane di Benedetto XVI, non è stata accompagnata da esternazioni. Solo che a volte il silenzio dice più delle parole, come proprio lo stesso Draghi ha dimostrato dopo l’uscita dalla Bce. Cui seguì un lungo silenzio rotto in rare occasioni, come la celebre lettera al Financial Times del marzo 2020 sulla «guerra» al Covid-19, che letta col senno di poi fu la premessa della sua chiamata alla guida del governo.

Dei fedelissimi, solo Cingolani allineato con Meloni

Ma l’averlo visto se pur silente di nuovo in pubblico ha rinfocolato gli interrogativi: cosa ha in mente oggi Draghi? Davvero ha detto basta a politica e ruoli istituzionali o invece lui e i suoi lavorano al grande ritorno? L’inner circle che tra il 2021 e il 2022 ha blindato governo e apparati di Palazzo Chigi ha preso strade diverse: lo si trova in banche, aziende, ruoli nella pubblica amministrazione. Pochi di loro, primo fra tutti il neo amministratore delegato di Leonardo, Roberto Cingolani, in sinergia col governo Meloni. La maggior parte in aperta divergenza, a testimoniare la presenza di uno Stato profondo legato agli apparati di potere che trovano in Draghi un punto di riferimento, che non ha certo legittimato il “destra-centro” conservatore e con venature sovraniste.

Il futuro di Mario Draghi tra politica e ruoli di alto profilo
Roberto Cingolani (Imagoeconomica).

Giavazzi fulmina Giorgia sullo scaricabarile del Pnrr

A volte i Draghi boys esternano, e si intuisce che esprimono una posizione ampiamente condivisa con il loro ispiratore. Aveva iniziato a marzo 2023 Francesco Giavazzi, ex super consulente economico di Palazzo Chigi, oggi dominus della Scuola di amministrazione della Bocconi, fulminando Meloni e i suoi per lo scaricabarile sui ritardi sulla messa a terra del Piano nazionale di ripresa e resilienza: «Chi parla di ritardi del Pnrr non sa come funziona», ha tagliato corto il professore, per altro rimbrottato su Repubblica dal duo BoeriPerotti, ossia due suoi colleghi bocconiani.

Il futuro di Mario Draghi tra politica e ruoli di alto profilo
Francesco Giavazzi (Imagoeconomica).

Funiciello e il manifesto che è un’antitesi del melonismo

Ha proseguito, velatamente, Antonio Funiciello, neo Identity manager di Eni dopo esser stato capo di gabinetto di Draghi, pubblicando la dotta requisitoria sulla leadership “Leader per forza”, fondata sulla narrazione di una visione del potere capace di anticipare i cambiamenti per governarli, fautrice di pragmatismo e scelte anti-conflittuali. Un manifesto che da Mosè ad Angela Merkel propone esempi vicini e lontani, letto come un’antitesi all’attuale melonismo di governo.

Il futuro di Mario Draghi tra politica e ruoli di alto profilo
Antonio Funiciello (Imagoeconomica).

Garofoli, che bocciatura alla riforma della giustizia

Last but not least, è sceso in campo Roberto Garofoli, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio e figlio del partito dei grand commis del Consiglio di Stato, di cui è presidente di Sezione. Sua la decisione di bocciare la madre di tutte le riforme proposte da Meloni, quella che in materia di giustizia abroga di fatto il reato di abuso d’ufficio.

Il futuro di Mario Draghi tra politica e ruoli di alto profilo
Roberto Garofoli (Imagoeconomica).

Anche Giugliano nel “partito draghiano” che si muove

Un fuoco di fila che mostra come i protagonisti della stagione draghiana non intendano garantire analoga e simmetrica lealtà a Meloni, che per un anno e mezzo è stata brava e disciplinata scolara dall’opposizione. Salvo poi giocare allo scaricabarile sul suo predecessore. Cosa che ha irritato non poco Draghi e i suoi. Civis Draghianus Sum è la parola d’ordine con cui i protagonisti del fu governo d’unità nazionale stanno tornando in pista ai più alti livelli della società civile e dell’impresa. Ultimo ad aggiungersi a questa lista è Ferdinando Giugliano, già portavoce a livello internazionale, speech writer e consigliere di Draghi, di recente approdato in Unicredit come responsabile delle attività di advocacy e public affairs. Insomma, se non è un “partito” draghiano – termine che l’ex governatore della Bce, forse pensando all’infausta esperienza di Mario Monti con Scelta civica, ha sempre disdegnato – poco ci manca.

Il futuro di Mario Draghi tra politica e ruoli di alto profilo
Ferdinando Giugliano (Imagoeconomica).

L’ambizioso discorso al Massachusetts Institute of Technology

E se c’è un manifesto del “Draghi-pensiero” per il post Palazzo Chigi lo si ritrova nel discorso tenuto il 7 giugno al Massachusetts Institute of Technology, in occasione del conseguimento del Premio Miriam Pozen. Un discorso definito da molti kissingeriano, di schietto realismo, di riconoscimento delle tare e dei limiti del sistema globalizzato, di esibita aderenza politica euro-atlantica. Un discorso-manifesto che pone di fatto come prioritaria per il Paese la necessità di un’autorevole e profonda visione su scala internazionale. Oltre, chiaramente, a evidenziare in filigrana quali possano essere le grandi ambizioni dell’ex premier e governatore che, nel breve periodo, non possono avere a che fare con incarichi nel settore privato o ambizioni nell’agone politico nostrano. Draghi ha deciso di volare alto. Problemi globali, di sfide a tutto campo: Intelligenza artificiale, inflazione, transizione energetica, sfida delle autocrazie. Nella consapevolezza che «i singoli Paesi europei, per quanto forti siano, sono troppo piccoli per padroneggiare queste sfide da soli. E più queste sfide sono grandi, più il cammino verso un’unica entità politica, economica e sociale, seppur lungo e difficile, diventa inevitabile. Il nostro viaggio che è iniziato molti anni fa, ed è accelerato con la creazione dell’euro, sta continuando».

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Mario Draghi (Imagoeconomica).

Un futuro da conferenziere ed editorialista, ma non solo

Draghi ha contezza dei «nostri tempi difficili. Ma i tempi non sono mai stati facili. Sono arrivato qui nell’agosto del 1972. Mentre ero uno studente, abbiamo avuto la guerra del Kippur, diversi shock petroliferi, il crollo del sistema monetario internazionale, il terrorismo imperversava in tutto il mondo e l’inflazione era fuori controllo, solo per citare alcuni eventi di quel tempo e naturalmente eravamo nella Guerra fredda». Da qui può esserci la fine del ciclo del Draghi di potere e l’inizio di quello del Draghi teorico di virtù e miserie dell’economia globalizzata? Forse. Dunque ci si può aspettare nel futuro prossimo un Draghi conferenziere, editorialista, narratore dei grandi scenari di sistema. Interprete insieme del posizionamento dell’Italia sulla scena internazionale e di ciò che i suoi alleati occidentali le chiedono.

Colle, Commissione Ue, Nato: le partite che interessano a Super Mario

Ciò non toglie che la politica sia un capitolo chiuso. L’ex premier è abile nel non chiedere mai ciò che vorrebbe, ma di farselo offrire. Vedi la vicenda Quirinale, che però ha visto frustrate, anche per suoi errori di strategia, le sue aspettative di insediarsi al Colle. Il 2024 sarà l’anno del rinnovo della Commissione europea e della segreteria della Nato. Emmanuel Macron, Joe Biden, Olaf Scholz e gli altri big dell’Occidente non possono che pensare con favore a un ritorno in pista di Super Mario. E il banchiere divenuto premier è nome spendibile per entrambi i ruoli. In quest’ottica, la logica di schierare il suo “partito” trasversalmente costringerebbe Meloni, con cui i rapporti sono attualmente molto freddi per non dire inesistenti, a prendere in considerazione la sua figura, di cui però potrebbe aver bisogno come sorta di testimonial nella sua campagna tesa a spostare gli assetti politici dell’Unione europea. Che poi Draghi accarezzi ancora l’idea del Quirinale non v’è dubbio, ma la rielezione di Sergio Mattarella colloca l’ipotesi molto avanti nel tempo.

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