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Il futuro di Gigi Buffon dopo l’addio (tardivo) al calcio
Si è preso tutto il tempo che serviva anche per decidere di dire basta. Gigi Buffon ha dato l’addio al calcio dopo averci pensato per tutto il periodo delle vacanze e avere pure lasciato passare la prima parte della fase precampionato del Parma. Aveva ancora un anno di contratto con la società emiliana, ma quella stagione ulteriore deve essere parsa di troppo anche a uno come lui, che di stagioni in più se n’è concesse parecchie. E per capire basta guardare alcuni dati. Il portiere campione del mondo con la nazionale azzurra ai Mondiali di Germania del 2006 smette all’età di 45 anni, ben 17 anni dopo il trionfo di Berlino. E adesso che può fermarsi e guardarsi intorno scopre quale scarto vi sia fra lui e tutti coloro che parteciparono a quella campagna vittoriosa. Tutti infatti hanno intrapreso da un pezzo una nuova vita. Che per lui invece comincia soltanto ora e presenta dimensioni ancora tutte da scoprire. Per tutti gli altri campioni del mondo 2006 il futuro è già da un pezzo dietro le spalle. Per lui invece arriva tardi perché in tutti questi anni lo ha parato allo stesso modo in cui ha parato gli attacchi alla porta della Juventus e poi del Parma. E adesso che si trova parecchio fuori corso per organizzare la fase post-agonistica della parabola personale, scopre di avere maneggiato il tempo a modo proprio. Dicendo basta soltanto quando ha sentito di non farcela più, non quando chiunque altro l’avrebbe ritenuto opportuno.
Il rifiuto del contratto biennale da 30 milioni offerto dall’Arabia Saudita
Il suo addio al calcio è stato un tormentone di tutte le ultime estati. Classe 1978, Gianluigi Buffon da Carrara gioca ai massimi livelli da quando aveva soltanto 17 anni, stagione 1995-96. Da allora sono passati 27 anni, trascorsi ai massimi livelli ma anche con la disponibilità ad accettare il declassamento, se necessario. Come era successo con la Juventus, quando da fresco campione del mondo accettò di seguire in Serie B la squadra appena retrocessa a tavolino in seguito allo scandalo di Calciopoli. E come è tornato a fare due anni fa, estate 2021, quando dopo aver chiuso il lungo percorso juventino ha voluto rimettere piede nella serie cadetta per tentare di riportare in Serie A il Parma, la squadra che lo aveva lanciato nel grande calcio. Cuore e passione, in questa scelta di passare dagli stadi della Champions League a quelli della provincia italiana profonda. Un monumento vivente che non si arrende al tempo e accetta di andare in giro per i circuiti minori piuttosto che lasciarsi musealizzare. E se alla fine anche i calciatori come lui dicono basta, rimane quell’immagine scanzonata da eterno ragazzo che ha cercato in tutti i modi di rinviare l’appuntamento con la sua vita dopo. Che questa fosse l’estate giusta per vederlo accadere, era ormai una sensazione molto forte. E in quel ritardo nel pronunciare l’esito della sua decisione c’era il segno di una stanchezza che ormai prendeva il sopravvento. Ma intanto che il tempo scorreva, si diffondevano le ipotesi che parevano allontanare ancora di almeno un anno la decisione di appendere i guanti al chiodo. Soltanto un mese fa, ai primi di luglio, si era diffusa la notizia di un’offerta giunta dall’Arabia Saudita. In questa folle estate che vede i sauditi impegnati a costruire un campionato nazionale capace di rivaleggiare con le principali leghe europee, a Buffon è giunta un’offerta da 30 milioni di euro con contratto biennale. Proposta declinata, con effetto di accendere a Parma, società e tifoseria, la speranza che il portiere volesse portare il contratto in essere fino alla scadenza del 30 giugno 2024. E invece non era così. Buffon aveva esaurito le energie per il calcio giocato. Il rifiuto opposto all’offerta araba è stato il penultimo atto prima dell’addio all’attività agonistica.
Buffon verso la nomina a capo delegazione azzurro, ruolo che fu di Vialli
Dopo che la notizia della conclusione di carriera è stata resa ufficiale, ne è arrivata un’altra nell’immediato. Buffon non ha bisogno d’inventarsi una nuova carriera, di cercarsi un altro lavoro, perché l’avrebbe già trovato. Viene dato per scontato che il ruolo di capo-delegazione della nazionale sia destinato a lui. Di fatto, Gigi Buffon dovrà continuare a fare il Gigi Buffon. Cioè il leader di un gruppo che lo ascolta perché gli riconosce carisma. Così è stato per decenni nello spogliatoio, così sarà nel lavoro di raccordo fra federazione, squadra e staff tecnico. Si tratta del ruolo che fino a pochi mesi fa era ricoperto da Gianluca Vialli, altra figura di ex calciatore il cui carisma è stato unanimemente riconosciuto dal calcio italiano. A quel ruolo Buffon arriverebbe portandosi dietro l’etichetta di “portiere più forte di tutti i tempi”. Lo è stato davvero? Domanda impegnativa e risposta difficile. Il mestiere di portiere ha dato alla storia interpreti che sono rimasti nella memoria, e rimanendo al caso italiano c’è un’altra figura come quella di Dino Zoff che legittimamente potrebbe competere per quel titolo. Ma certamente Buffon è stato fra i più grandi di ogni epoca. Lo è stato in campo fino a soltanto un mese fa. Adesso bisognerà lasciar fare alla Storia il suo lavoro, perché gli assegni la giusta collocazione. Lui invece rimane nella cronaca. Il ritorno in azzurro, sia pure in ruolo diverso, lo lascia sotto i riflettori. Il futuro ha tardato a arrivare e poi è passato in un attimo.
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