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I dubbi sulla scelta della destra di candidare l’ex Mediaset Tiraboschi a Bergamo
Sarà Luca Tiraboschi il primo profilo “civico” capace di sfondare in una città lombarda in quota centrodestra? L’ex manager Mediaset ha fatto un passo avanti per concretizzare quei sondaggi coi partiti che già nel 2014 e nel 2019 l’avevano visto papabile candidato del centrodestra alle Amministrative. E che ora potrebbero trasformarsi in una campagna elettorale attiva sulla spinta dell’interessamento di Fratelli d’Italia. Primo sponsor della possibile “discesa in campo” del 60enne dirigente d’azienda e imprenditore. Che a conti fatti, però, ha scelto la strada della candidatura autonoma anticipando tutti i partiti.

Tentorio e Stucchi sconfitti da Gori nel 2014 e nel 2019
Mentre il secondo mandato di Giorgio Gori a Bergamo va in esaurimento, il centrodestra inizia a pensare a come riconquistare alle Amministrative di giugno 2024 la città. Due sconfitte di fila contro la coalizione progressista guidata dal Partito democratico in una roccaforte della Lega hanno messo la squadra di governo di fronte alla necessità di riprogrammare la campagna elettorale con grande anticipo. Nel 2014 il forzista Franco Tentorio non fu riconfermato, battuto a sorpresa al ballottaggio da Gori che quell’anno usufrì del boost del trionfo del Pd alle Europee, ma nel 2019 si riconfermò nella notte dell’exploit leghista sconfiggendo il pur preparato e attivo esponente del Carroccio Giacomo Stucchi, esponente della “vecchia” Lega non salviniana e già presidente del Copasir.

Gli errori a Milano e Brescia, con l’appoggio a Bernardo e Rolfi
Ora la palla passa a Fratelli d’Italia, che dopo performance non entusiasmanti per il centrodestra alle amministrative delle tre maggiori città lombarde (Milano e Brescia rimaste al centrosinistra, Monza persa dalla destra) vuole riconquistare la quarta. A partire da Daniela Santanchè, coordinatrice regionale del partito oltre che senatrice e ministra, la formazione di Giorgia Meloni si sta muovendo con largo anticipo per evitare gli errori compiuti a Milano e Brescia, quando l’appoggio rispettivamente al primario del Fatebenefratelli Luca Bernardo e all’assessore regionale all’Agricoltura uscente Fabio Rolfi apparve più un’adesione al fatto compiuto del territorio e dei partiti alleati piuttosto che una scelta razionale sul piano istituzionale. E Tiraboschi sembra la figura col physique du rôle ideale per i meloniani.

Tiraboschi a Mediaset ha contribuito al successo di Bonolis e Scotti
A conti fatti, Tiraboschi sarebbe più il “Gori di destra” che l’anti-Gori. Ad accomunarli lunghi anni di percorso professionale comune all’ombra del Biscione. Gori, di tre anni più vecchio di Tiraboschi, vi entrò nel 1984, il suo papabile successore sette anni dopo. Gori ha diretto Canale 5 dal 1991 al 1997 e dal 1999 al 2001 e Italia 1 nel biennio di intermezzo. Tiraboschi si è formato come produttore esecutivo, poi di curatore e quindi di capostruttura di Canale 5 negli anni della direzione Gori, contribuendo al successo di conduttori come Paolo Bonolis e Gerry Scotti e ideando programmi come Buona Domenica e il Festivalbar. Nel 2014, quando Gori scese in campo col Pd, in un’intervista al Corriere della Sera lo definì «il mio maestro». All’epoca Tiraboschi stava concludendo la sua lunga esperienza professionale alla guida di Italia 1, iniziata nel 2002, e quattro anni dopo avrebbe lasciato Mediaset. Dedicandosi, nel frattempo, alla professione pro tempore di fumettista e all’attività di romanziere.

La due elezioni di Bucci hanno lanciato il “modello Genova”
Un profilo civico e professionale, quello di Tiraboschi, che si inserisce nel solco degli obiettivi del centrodestra di governo per tornare a amministrare le città. Quello che sulla scia del successo in due elezioni di Marco Bucci nel capoluogo ligure è chiamato “modello Genova”: il centrodestra non dovrebbe temere, in quest’ottica, di cercare figure della società civile e di pescare dal mondo delle professioni per essere capace di attrarre elettori moderati nell’esigente platea urbana. La Lega bergamasca non ha mancato di far trapelare il suo ok verso la candidatura di Tiraboschi, più volte corteggiato in passato. Fdi sembra più aperturista, mentre c’è da rompere la potenziale ostilità di Forza Italia e del coordinatore regionale Alessandro Sorte, bergamasco Doc.

Il «topo di campagna» che fa le interviste in bermuda
Tiraboschi, nel frattempo, tira dritto con la sua corsa promozionale personale. Non mancando di prendere posizione su diversi temi, a partire da quello della continuità con Gori: «Sono più un topo di campagna e lui uno da città. Io giro con la camicia a quadrettoni con il risvolto alle maniche e lui in giacca e cravatta», ha detto in un’intervista a BergamoNews. Anche se, a ben guardare, in un video di presentazione della stessa candidatura Tiraboschi appare in mise ben più vacanziera: maglietta nera sportiva e bermuda. Una presentazione che secondo fonti leghiste sentite da Lettera43 può apparire come un tentativo di apparire “uno tra molti” ai cittadini bergamaschi, nella convinzione che in città ci sia una maggioranza silenziosa da risvegliare elettoralmente mostrando quella vicinanza alla “gente” che è più volte ribadita nella retorica della destra. Ma che tra molti maggiorenti locali ha suscitato più di una perplessità.
Il problema “geografico”: Tiraboschi vive nel Malcantone, in Svizzera…
Al di là della competenza dell’uomo sul piano manageriale, il principale ostacolo da superare per concretizzare la candidatura di Tiraboschi appare però di natura “geografica”: oggi l’ex manager Mediaset non è residente a Bergamo o in Lombardia. Vive nel Malcantone, in Svizzera, nella regione di Lugano. E non ha ancora proceduto a spostarsi definitivamente in città, anche se i suoi blitz sono aumentati di settimana in settimana. Un fattore non da poco sul territorio, che va battuto casa per casa, strada per strada per essere conquistato elettoralmente. E un vincolo a cui la destra dovrà pensare in sede di ufficializzazione delle candidature.