Henry Kissinger: il Nobel per la pace, la distensione con Cina e Urss, le accuse di crimini di guerra

Divisivo: che crea divisioni o contrapposizioni, impedendo di preservare o di raggiungere un’unità di punti di vista e di intenti. Questa la definizione che dà la Treccani di un aggettivo che come nessun altro si addice(va) a Henry Kissinger, il Machiavelli d’America – ma nato in Baviera – morto il 30 novembre 2023 a 100 anni. Autore della celebre frase «il potere è il massimo afrodisiaco», durante la Guerra fredda fu ispiratore della politica estera degli Stati Uniti nelle vesti di segretario di Stato per Richard Nixon e Gerald Ford. Kissinger, che il suo punto di vista ce l’aveva chiarissimo, riteneva che i soli criteri da seguire fossero pragmatismo e opportunismo, per il tornaconto di Washington, al prezzo di interventi di realpolitik sullo scacchiere mondiale talvolta brutali e illegittimi. Insignito del Nobel per la pace, Kissinger è stato anche additato come criminale di guerra.

Cercò di sciogliere le tensioni con Mosca e Pechino: storico il viaggio in Cina di Nixon

In qualità di consigliere per la sicurezza nazionale e segretario di Stato, Kissinger perseguì energicamente la politica della détente, ossia della distensione, cercando di sciogliere le tensioni con l’Unione Sovietica e la Cina: rilanciò i colloqui con Mosca per la riduzione dei rispettivi arsenali nucleari, puntando a una gestione regolamentata (e meno dispendiosa) del bipolarismo, avviando al contempo un riavvicinamento alla Cina di Mao Zedong, culminato con lo storico viaggio di Nixon a Pechino nel 1972.

Henry Kissinger, luci e ombre del Machiavelli d’America dal Vietnam al Cile, fino alla Cina e all'Unione Sovietica.
Henry Kissinger e Le Duc Tho a Parigi nel 1973 (Getty Images).

Il controverso Nobel per la pace, ricevuto dopo il bombardamento della Cambogia

Erano gli anni della guerra del Vietnam. «Pace con onore», aveva promesso Nixon in campagna elettorale. Kissinger entrò in negoziati con il Vietnam del Nord, ma con l’Operazione Menu gli Stati Uniti bombardarono clandestinamente la neutrale Cambogia, nel tentativo di privare i comunisti di truppe e rifornimenti. Morirono in almeno 50 mila. La destabilizzazione del Paese portò poi alla guerra civile cambogiana e al brutale regime di Pol Pot. Il conflitto in Vietnam si concluse con gli Accordi di Parigi del 1973, cui Kissinger diede il suo determinante contributo: insieme a Le Duc Tho (capo del Partito comunista del Vietnam) fu insignito del Nobel per la pace. Una decisione controversa, criticata dagli attivisti pacifisti, da alcuni giurati (in due si dimisero per protesta) e persino dallo stesso Le, che rifiutò il riconoscimento asserendo che nel suo Paese non c’era ancora la pace. Kissinger invece lo accettò «con umiltà», donando il premio in denaro ai figli dei militari americani uccisi nel conflitto. Dopo aver saputo che il segretario di Stato Usa aveva ricevuto il Premio Nobel, il comico Tom Lehrer dichiarò: «La satira politica è obsoleta».

Henry Kissinger, luci e ombre del Machiavelli d’America dal Vietnam al Cile, fino alla Cina e all'Unione Sovietica.
Henry Kissinger e il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin negli Anni 70 (Getty Images).

Gli sforzi per mettere fine alla guerra dello Yom Kippur e quella frase sugli ebrei russi

Sempre nel 1973, gli sforzi diplomatici di Kissinger furono decisivi per l’accordo di pace tra Israele e l’Egitto, che mise fine alla guerra dello Yom Kippur. La prima ministra israeliana Golda Meir ringraziò Nixon e Kissinger per il modo in cui avevano trattato il suo Paese, che a un certo punto sembrava destinato a scomparire dalle mappe. Come rivelato da una registrazione audio diffusa dalla Nixon Library, Kissinger, che detestava i gruppi ebraici di pressione in America e cercò più volte di piegare Tel Aviv alla diplomazia, un anno prima aveva commentato così il dramma degli ebrei repressi in Unione Sovietica, spediti nei gulag o impossibilitati a emigrare: «Anche se li ficcassero nelle camere a gas, questa non dev’essere una preoccupazione americana. Forse, una preoccupazione umanitaria».

Henry Kissinger, luci e ombre del Machiavelli d’America dal Vietnam al Cile, fino alla Cina e all'Unione Sovietica.
Henry Kissinger e Augusto Pinochet.

Dal Cile a Timor Est, le ombre di quello che per Oriana Fallaci era «un’anguilla più ghiacciata del ghiaccio»

«Un’anguilla più ghiacciata del ghiaccio», diceva di lui Oriana Fallaci, per farne intendere il livello di cinismo. Tra le ombre della lunga carriera politica e diplomatica di Kissinger c’è inoltre il coinvolgimento diretto nel golpe militare di Augusto Pinochet in Cile, avvenuto anch’esso nel 1973, sostenuto dalla Cia per mantenere l’influenza degli Stati Uniti nel Sud America. «Non vedo perché dovremmo restare a guardare un Paese diventare comunista a causa dell’irresponsabilità della sua gente. Certe questioni sono troppo importanti perché gli elettori cileni possano decidere da soli», disse. Sempre nello stesso periodo, Kissinger sostenne la fine del governo razzista bianco in Rhodesia e il passaggio a un esecutivo nero in quello che poi diventerà lo Zimbabwe, ma fu anche accusato di aver chiuso un occhio sulla “guerra sporca” condotta in Argentina dall’esercito contro il suo popolo, nel corso della dittatura militare a cui certo gli Stati Uniti non si erano opposti. Secondo la biografia Kissinger’s Shadow, pubblicata dallo storico dell’Università di Yale Greg Grandin, «il più riverito stratega statunitense della seconda metà del XX secolo» sarebbe responsabile di politiche che hanno causato la morte di tre o quattro milioni di persone. «Su commissione», come per le operazioni militari statunitensi in Cambogia e in Cile, e «per omissione», come nei casi «del via libera agli spargimenti di sangue indonesiani a Timor Est, del Pakistan in Bangladesh». Genio diplomatico o genio del male? Forse entrambe le cose. Divisivo, sicuramente.

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