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Gli ippopotami di Escobar saranno trasferiti in India, Filippine e Messico
È stato finalmente deciso il destino degli ippopotami di Pablo Escobar. La Colombia invierà all’estero 85 esemplari: 60 saranno trasportati in India, 15 nelle Filippine e 10 in Messico. I restanti saranno invece in parte sterilizzati e in parte soppressi attraverso l’eutanasia. Il governo di Bogotà pone così la parole fine al dilemma di come gestire e ridurre il numero di questi enormi mammiferi africani, portati nel Paese negli Anni 80, nell’ambito delle stravaganze dell’allora re del narcotraffico.
Escobar aveva importato quattro esemplari, un maschio e tre femmine
Gli ippopotami originari facevano parte di una collezione di animali esotici che Escobar aveva accumulato negli Anni ’80 nella sua vasta tenuta-fortezza, la Hacienda Napoles, a circa 250 chilometri da Medellín. “Don Pablo” aveva fatto arrivare in Colombia quattro esemplari, un maschio e tre femmine: dopo la sua morte nel 1993, le autorità trasferirono la maggior parte degli altri animali dello zoo privato, ma non gli ippopotami, perché erano troppo difficili da trasportare. Da allora gli ippopotami hanno iniziato a riprodursi rapidamente, estendendo il loro habitat ben oltre i confini dell’ex ranch del signore della droga, lungo il bacino del fiume Magdalena.
Gli ippopotami oggi sono un pericolo per l’ambiente e i residenti della zona
Secondo il governo colombiano oggi vivono nella zona tra 130 e 160 “ippopotami di Escobar”: considerati una specie invasiva, rappresentano non solo una sfida ambientale ma preoccupano anche i residenti delle aree vicine, in quanto possono diventare molto aggressivi. Nel 2021 le autorità avevano cercato di controllare la loro popolazione attraverso castrazioni e dardi contraccettivi, ma il piano aveva avuto un successo limitato. «Non ripeteremo la storia. Abbiamo l’obbligo di assicurarci che, quando la Colombia consegnerà questi ippopotami, chi li riceve abbia le condizioni legali per garantire la loro vita senza creare un problema ambientale in un altro Paese», ha detto la ministra dell’Ambiente e dello Sviluppo sostenibile, Susana Muhamad.