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Gli interessi albanesi dietro il controverso accordo sui migranti con l’Italia
Com’è visto a Tirana l’accordo italo-albanese sui migranti annunciato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni il 6 novembre dopo un bilaterale a sorpresa con il premier Edi Rama? Sicuramente in modo diverso rispetto alla percezione di chi osserva il mondo dall’interno dei confini dell’Unione europea e pensa di appaltare l’ingovernabile questione migratoria a uno Stato esterno che dal 2014 è ufficialmente candidato per l’adesione, in attesa che i negoziati per il suo ingresso entrino nel vivo, e con il 97 per cento dei suoi cittadini favorevoli all’ingresso nell’Ue.
Finanziamento ai fondi pensionistici dei 500 mila albanesi in Italia
I contenuti dell’intesa, resi pubblici nella serata del 7 novembre, prevedono un fondo di 100 milioni di euro in totale che andrebbero nelle casse di Tirana per la gestione dei centri che sorgeranno sulle coste di Shengjin, località turistica nel Nord del Paese vicino al confine con il Montenegro. In cambio, Tirana otterrà un finanziamento ai fondi pensionistici dei circa 500 mila albanesi che lavorano e hanno lavorato in Italia – un dossier di lunga data – e l’appoggio totale del governo italiano in Ue per quanto riguarda la velocizzazione del processo di adesione albanese all’Unione.

Per l’opposizione Rama ha svenduto gli interessi nazionali
Nonostante questo però, internamente si sono già riscontrate le prime divisioni, con i rappresentanti del centrodestra albanese come Agron Gjekmarkaj e Lulzim Basha che hanno attaccato Rama, che ha gestito personalmente il dossier visto il buon rapporto con Giorgia Meloni, accusandolo di aver svenduto gli interessi nazionali a discapito del turismo e della sicurezza che a loro avviso potrebbero rimanere danneggiati dai nuovi centri per migranti italiani sul suolo albanese.
L’invasione russa in Ucraina ha fatto accelerare le pratiche
Ma il vero obiettivo in gioco per il governo albanese è quello di incanalare i negoziati di adesione all’Ue sul binario giusto, sfruttando le pressioni che lo stesso governo italiano può fare nei confronti dei vertici europei. In realtà, la polarizzazione prodotta dall’invasione russa dell’Ucraina ha fatto tornare estremamente centrale l’importanza dei Balcani occidentali e ha stimolato l’interesse europeo a velocizzare le pratiche, facendo già scattare nel luglio del 2022 la prima conferenza intergovernativa fra Ue, Albania e Macedonia del Nord, entrando nel vivo dei cosiddetti capitoli fondamentali utili all’adesione.

Albania Paese candidato all’adesione dal 2014
La domanda di ingresso dell’Albania risale in realtà all’aprile del 2009, ma solo nel 2014 la Commissione ha concesso l’effettivo status di Paese candidato in attesa dei negoziati. Come accade per tutti gli Stati che intendono prendere parte all’integrazione europea, è stata inizialmente condotta una fase negoziale nella quale la Commissione ha individuato 12 criteri fondamentali da soddisfare per poter mandare avanti il procedimento e raggiungere i criteri di Copenaghen validi per l’entrata. Si tratta sostanzialmente di alcune priorità che comprendono un’ampia riforma della pubblica amministrazione, l’adozione di una riforma della giustizia, il rafforzamento della lotta alla criminalità organizzata, il conseguimento di solidi presidi nella lotta contro la corruzione e il miglioramento della tutela dei diritti umani.
Problemi su corruzione, criminalità organizzata e diritti umani
Nonostante negli anni la Commissione abbia diverse volte elogiato lo sforzo albanese e sottolineato i progressi fatti per soddisfare questi criteri fondamentali, gli aspetti che rendono farraginoso e particolarmente lento il percorso sono, come ribadito in diverse sedi dalle istituzioni europee, i settori chiave della lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata e quello del rispetto dei diritti fondamentali, su cui è necessario che Tirana consolidi ulteriormente alcuni progressi già portati a termine e faccia dei grossi passi in avanti.

Va meglio su politica estera e diversificazione energetica
In una relazione del parlamento europeo, depositata nel maggio del 2023, emergeva la posizione dell’organo legislativo dell’Ue, che sottolineava con «soddisfazione» il «pieno allineamento della politiche estera e di sicurezza comune albanese a quelle europee», accogliendo positivamente «le misure adottate dal Paese in termini di diversificazione energetica verso l’obiettivo della transizione ecologica». Allo stesso modo però, il parlamento ricordava l’urgenza di «rafforzare le capacità di controllo parlamentare al fine di migliorare la governance e il pluralismo anche con l’ausilio di una maggiore trasparenza e digitalizzazione», tutti elementi su cui Tirana ha ancora ampi margini di miglioramento.
Con la Grecia pessimi rapporti per questioni di frontiera e non solo
Oltre a questo, c’è poi l’annoso scoglio dell’approvazione del trattato di adesione, che prevede, secondo le regole europee, che tutti i 27 Stati membri lo ratifichino internamente. In queste circostanze, sebbene l’Albania possa contare sull’appoggio di Italia e Germania, che secondo le ultime indiscrezioni sarebbe anch’essa interessata alla struttura e ai termini previsti dall’accordo sui migranti chiuso dal governo Meloni, ci sono alcuni Paesi che non vedono di buon occhio un’eventuale adesione albanese. In primis la Grecia, che con l’Albania ha pessimi rapporti, inaspriti dalle questioni di frontiera terrestre e confini marittimi e dal recente arresto per compravendita di voti del rappresentante politico della minoranza greca in Albania Fredi Beleri, sindaco di Himara. Poi ci sono i Paesi baltici, che con un eventuale ingresso albanese vedrebbero ridimensionati i fondi attivi provenienti dall’Unione europea.

Sarebbe il primo Paese a maggioranza musulmana dell’Ue
Ma al di là di queste posizioni, che nell’Unione mantengono un peso marginale, è l’orientamento della Francia a pesare molto sull’impasse che sta durando da anni, che è espressamente contraria all’avvio dei negoziati e fautrice di una riforma interna prima di un ulteriore allargamento. A preoccupare l’Ue potrebbe inoltre anche essere la vicinanza finanziaria ed economica che l’Albania vanta con la Turchia di Recep Tayyip Erdogan, due Stati uniti anche da un forte legame religioso: un eventuale ingresso dell’Albania nell’Ue farebbe di quest’ultima il primo Paese a maggioranza musulmana dell’Unione.