Ginnastica dinamica militare italiana: cos’è, chi l’ha creata e le accuse di fascismo

Da alcune settimane la Ginnastica dinamica militare italiana, una forma di allenamento a corpo libero di radice marziale, è tornata a essere protagonista di spot sui canali Mediaset. Simile al crossfit, si tratta di un allenamento certificato e con un vero e proprio copyright che è in capo alla Gdm Italia Srl, società di Brescia in cui nel 2013 ha preso il via la storia di questa disciplina che molto dice del milieu socio-culturale in cui è nata.

Una ginnastica ispirata alla preparazione militare

Il fondatore è Matteo Sainaghi, fisioterapista, che nel 2014 ha depositato il marchio della società e, a quanto si apprende dalle informazioni disponibili sulla Gdmi, ha studiato a lungo i protocolli di allenamento degli atleti degli Anni 70, con il supporto del dottor Mario Tagliaferro, specializzato in ortopedia e medicina dello sport, per creare un sistema di allenamento ispirato alla concezione della ginnastica come preparazione militare. Il sito della società non ne fa certo mistero, affermando di pescare a piene mani dallo «spirito e corpo delle dinamiche di appartenenza militare in quanto le esercitazioni proposte vengono date in forma di comando, un metodo atto a forzare con la dovuta aggressivita? le barriere resistenti psico-culturali che sono alla base dei processi di adattamento alla sedentarieta? e alla disapplicazione fisico sportiva». I punti di riferimento sono gli olimpionici Piero Mennea e Sara Simeoni che Sainaghi riconosce come i “genitori” della moderna Ginnastica dinamica militare italiana con i loro metodi di allenamento intensivi.

Contro la sedentarietà di oggi e contro il comfort delle palestre

Ampi spazi, allenamenti in gruppi numerosi, esercizi a corpo libero ad alta intensità, comandi urlati come ordini militari, inno nazionale alla fine di ogni sessione: il militarismo è insito nei programmi di allenamento della Gdmi. Il punto di partenza di questa disciplina è chiaro: la società moderna sta creando incentivi alla sedentarizzazione che vanno combattuti con un metodo di allenamento dichiaratamente ostile a ogni tipo di comfort. Associato, tra le altre cose, anche alle palestre contemporanee. Sainaghi lo scriveva nel 2019 in una riflessione: «Negli ultimi 50 anni, abbiamo visto come la fisicità abbia perso di pertinenza nelle attività umane, e come la tecnologia sia vicariante ormai in molte attività che un tempo erano sostenute a braccia. Questo ha fatto nascere in compensazione strutture per l’esercizio fisico come le palestre, e centri fitness o sport che via via si sono arricchiti attrezzature e marchingegni nella speranza di far esercitare gambe e braccia di un uomo che non le utilizza più come un tempo». L’unione tra fisicità in declino e attenzione all’intelletto porterebbe, secondo questa teoria, a situazioni estreme: «Arrivare a dire che tra 1000 anni avremo testa grossa e arti inconsistenti non è infondato».

Trecentosessanta centri in Italia e 37 mila iscritti: i numeri della Gdmi

Un tipo di allenamento, questo, che secondo i suoi promotori starebbe riscontrando un crescente successo: la rete della Gdmi, come si legge sul sito, conta 360 centri diffusi in tutta Italia e 37 mila iscritti. La società-capo è attiva dal 2014 e secondo il registro delle imprese di Brescia fatturava prima della pandemia 868 mila euro stando al bilancio 2019. Complice il Covid-19, le entrate sono scese nel biennio successivo: 463 mila euro nel 2020 e 591 mila nel 2021. Sarà interessante avere a disposizione i dati sul 2022 che non appaiono ancora, mentre l’associazione sui suoi canali social rivendica nuove aperture di centri e una rinnovata diffusione della disciplina.

Le polemiche in Toscana per il coinvolgimento delle scuole

È evidente il richiamo di questo metodo di allenamento a una concezione “retrò” della ginnastica. Un istruttore di Gdmi, negli anni scorsi, sosteneva che «risvegliare il guerriero»  dentro ogni iscritto era l’obiettivo primario della disciplina. In passato, lo sbarco della Gdmi in alcune città aveva creato polemiche perché associata inevitabilmente alla concezione della formazione ginnica fascista. E non a caso le tensioni maggiori si sono verificate quando corsi di Gdmi, riconosciuti dal Coni, sono entrati nelle scuole. «Si diffondono sempre di più le presentazioni nelle scuole per l’orientamento ai percorsi post-scolastici da parte di Forze Armate, al pari delle Università statali e (purtroppo) private», hanno scritto a fine maggio i Cobas in un comunicato contro la promozione della “cultura di guerra” in Italia, in cui veniva citata proprio «la diffusione e promozione della cosiddetta Ginnastica Dinamica Militare, svolta nelle palestre scolastiche di alcune regioni». Tre i casi segnalati in Toscana. A fine aprile la scuola secondaria di primo grado Pier Cironi di Prato aveva ospitato un corso interno di Gdmi contestato duramente da due associazioni locali, il Comitato 25 Aprile e Priorità alla Scuola di Prato. A Pisa, la lista civica Una città in comune, area centrosinistra, aveva contestato un evento di Gdmi all’Istituto comprensivo Fucini del settembre precedente. Lo stesso è accaduto a Livorno, per una volta d’accordo con Pisa. E a ottobre a Firenze, dove un evento di Gdmi ha coinvolto gli impianti di Sassetti-Peruzzi, Vittorino Da Feltre e Palarcobaleno, suscitando addirittura un’interrogazione delle civiche di sinistra al sindaco Dario Nardella per la presunta ideologizzazione dell’addestramento ginnico-militare. Sainaghi dal canto suo ha sempre negato la politicizzazione della disciplina e la vicinanza alla “cultura fascista”. Ma che la destra sia – indubbiamente – più sensibile a una tale visione dello sport e a una mentalità aggressiva e militaresca lo testimoniano diverse iniziative ibride tra vita giovanile e cultura militare nate in passato. Il cui caso più noto è la “mini-naja” introdotta, senza grandi successi concreti, da Ignazio La Russa negli anni in cui rivestiva la carica di ministro della Difesa (2008-2011).

Il successo della disciplina nelle Marche, laboratorio della destra meloniana

Se la Gdmi è stata ostacolata in Toscana, nelle vicine Marche – laboratorio dell’Italia meloniana – ha invece trovato terreno fertile. Ad Ascoli Piceno, città che non solo è capitale culturale della Gdmi, in quanto ha dato i natali a Carlo Vittori, storico allenatore di Mennea, ma è anche epicentro della destra nella regione, è presente un’attiva e dinamica sezione. E sempre nelle Marche governate dal 2020 da Francesco Acquaroli, esponente di Fratelli d’Italia, nel 2022 dopo l’incontro nazionale di Gdmi tenutosi a Grottammare, nel Piceno, la direzione Ginnastica Dinamica Militare Italiana ha siglato un patto con la Regione per contribuire, attraverso le sue scuole e le sue palestre, alla diffusione della sana promozione dell’attività fisica. A siglare il patto, in nome della maggioranza, il consigliere di Fdi e ex deputato Carlo Ciccoli. Sebbene la Gdmi non abbia una dichiarata collocazione politica, l’area che finora l’ha incentivata con accordi espliciti è chiara. E non potrebbe esserci tempo migliore dell’era Meloni per espandere la popolarità di questa disciplina a 10 anni dalla sua ideazione.

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