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Forza Italia senza i soldi di Berlusconi: il futuro economico del partito
Forza Italia piange la morte di Silvio Berlusconi, con sincera commozione, e non potrebbe essere altrimenti. Ma oltre al dolore umano per la scomparsa del fondatore, dovrà arrivare il momento di fare i conti per capire come potrà andare avanti il partito, prima di tutto dal punto di vista economico. I soldi sono il principale punto debole degli azzurri, soprattutto ora che il Cav non c’è. Fino a quando è stato in vita, infatti, era lui a mettere le risorse a disposizione, senza andare per il sottile. L’ex presidente del Consiglio non si è mai tirato indietro, chiedendo una mano al fratello Paolo e ai cinque figli. A Silvio nessuno diceva di no.
I 700 mila euro donati coprono la maggior parte degli introiti
Tanto per rendere l’idea, nel 2023 il supporto finanziario della famiglia Berlusconi è stato fondamentale, altrimenti il piatto piangerebbe, eccome: le tabelle delle donazioni volontarie raccontano di 700 mila euro affluiti nelle casse degli azzurri grazie agli assegni staccati nella cerchia familiare e aziendale. Il fratello Paolo ha provveduto a sottoscrivere un’elargizione liberale, una delle forme di finanziamento consentite dalla legge, di 100 mila euro il 24 febbraio. Un esempio seguito dal figlio dell’ex premier, Luigi Berlusconi, con la medesima cifra e nello stesso giorno. Così tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, tutti gli altri figli, Barbara, Eleonora, Marina e Pier Silvio, hanno donato 100 mila euro alle casse di Forza Italia, come ha fatto successivamente la Fininvest, la società più nota della famiglia. Il totale è stato, appunto, di 700 mila euro che ha praticamente coperto tre quarti degli introiti degli azzurri legati alle donazioni.
Finanziamento pubblico: arriva poco dal 2 per mille
Il dato complessivo supera di poco il milione di euro, senza i Berlusconi si parlerebbe di 250 mila euro. Roba da partitino. Ma la somma derivante dalla famiglia dell’ex presidente del Consiglio, è più alta anche rispetto ai 581 mila euro arrivati grazie al 2 per mille, destinato dai contribuenti e su cui i forzisti hanno sempre dimostrato dei limiti: tra i partiti della maggioranza è quello che ottiene meno dall’ultima forma di finanziamento pubblico. Non occorre l’indovino per comprendere il peso specifico economico del supporto dato da Berlusconi alla sua creatura. In un certo senso si trattava di un atto d’amore, un gesto dovuto per un progetto che ha coltivato dal 1994, con l’eccezione della parentesi del Popolo delle libertà. Per questo ora si addensano le nubi sul futuro, sulle reali intenzioni degli eredi.
Forza Italia, debito di 92 milioni di euro nei confronti dei figli di B
Di fatto per i figli del fondatore il partito rischia di trasformarsi in un buco nero in cui gettare risorse, senza considerare che – bilanci alla mano – Forza Italia, come soggetto giuridico, ha contratto un debito di 92 milioni di euro nei confronti dei figli di Berlusconi. Si tratta di una questione delicata, quanto intricata, che nelle prossime settimana andrà affrontata. Ma anche se gli eredi dell’ex presidente del Consiglio non vorranno pretendere gli arretrati, dovranno decidere se hanno voglia di mettere mano alla tasca per finanziare un partito, che allo stato attuale sarà gestito da altri. E che ha prospettive di consenso non proprio esaltanti. Nell’inner circle berlusconiano giurano che la vicenda non era stata discussa, nonostante la grave malattia dell’anziano leader.
Quanti morosi tra i parlamentari: pure Bergamini e Cannizzaro
In mezzo c’è un’altra questione, non affatto secondaria: il recupero delle cifre dei “morosi”, un’operazione che era stata avviata da qualche settimana con discreti risultati. Ogni eletto, tra Camera e Senato, è chiamato a restituire 900 euro al mese. Una pratica che però non è seguita da tutti i parlamentari. Anzi, quasi la metà non rispetta i tempi. Nell’elenco dei donatori, da inizio 2023, non si ritrovano peraltro dei nomi parlamentari in vista di Forza Italia, come i due vicepresidenti del gruppo alla Camera, Deborah Bergamini e Francesco Cannizzaro, che tuttavia in passato hanno fatto dei versamenti più sostanziosi dei 900 euro mensili. Solo che di recente c’era stato un appello per recuperare le somme, a cui non risultano risposte.
Chi è disposto a foraggiare un progetto ormai morente?
Stessa situazione caratterizza il vice capogruppo al Senato, Adriano Paroli, e altri colleghi azzurri a Palazzo Madama, come Claudio Fazzone (l’ultimo versamento è di 20 mila e risale all’agosto del 2022, in piena campagna elettorale), Dario Damiani, Mario Occhiuto e Daniela Ternullo. In realtà non figura nell’elenco nemmeno il capogruppo a Montecitorio, Paolo Barelli, che però ha spiegato che si tratta di un errore della registrazione delle donazioni, a cui comunque non è stato posto rimedio. Sempre a Montecitorio non sono registrate sui documenti da parte dei deputati Tommaso Calderone e nemmeno di Annarita Patriarca. Per tutti l’arretrato è minimo, sebbene moltiplicata la quota mensile per in cinque mesi si arrivi a 4.500 euro, e può essere saldato con un’unica operazione, anche se l’azione di recupero per i morosi è più vasta e coinvolge molti ex parlamentari. Ma, al netto dell’assiduità dei versamenti, c’è un punto focale: chi è davvero intenzionato a foraggiare un partito con prospettive tutt’altro che rosee? Qui torna alla mente la frase di un parlamentare pronunciata negli ultimi giorni di vita del leader. «Forza Italia è Silvio Berlusconi, Silvio Berlusconi è Forza Italia». Che significa che senza di lui non esiste nemmeno più il partito.