Forza Italia, lo scontento per Tajani e il ritorno delle truppe ronzulliane

«Forza Italia deve tornare a farsi sentire. Ad alzare la voce sui nostri temi identitari. Ci siamo troppo schiacciati su Fratelli d’Italia e perdiamo voti. Tajani deve cambiare linea altrimenti alle Europee rischiamo di sparire». Queste parole rimbalzano tra deputati e senatori, da Montecitorio a Palazzo Madama, specialmente tra le truppe ronzulliane, ma non solo. Anche da altri pezzi del partito sta crescendo un’insoddisfazione verso la gestione del ministro degli Esteri. Considerata troppo grigia, se non addirittura inconsistente. «Tajani parla ma non fa mai notizia, mai che dia un titolo a un giornale», si sussurra. E del resto l’immagine che si ricorda di più della tre giorni di Paestum è il discorso di Licia Ronzulli con una pesca in mano, non certo quello del segretario. I dati che arrivano dei sondaggi non sono ancora allarmanti, coi berluscones che si barcamenano intorno al 7 per cento. Ma comunque si cammina sul ciglio del burrone. «Se alle Europee andiamo sotto al 6 per cento sarà un disastro, ma se andiamo avanti così non è detto nemmeno che raggiungiamo la soglia di sbarramento del 4. E allora sarebbe la fine», si ragiona nel partito.

Forza Italia, lo scontento per Tajani e il ritorno delle truppe ronzulliane
Antonio Tajani (Imagoeconomica).

Per i malpancisti gli azzurri guidati da Tajani rischiano l’irrilevanza 

A Paestum, dicevamo, non è andata male. Il giorno dedicato al Cavaliere è stato emozionante e tutto è filato via liscio, con le canzoni di Al Bano e il resto. Le modifiche allo Statuto hanno sancito che il nome “Berlusconi” sarà nel simbolo alle Europee (su questo erano d’accordo tutti, perché qualche migliaio di voti si prende solo per quello) e soprattutto che i morosi del partito, coloro che non pagano le quote, decadranno dalle cariche. Mentre al prossimo congresso, prima delle Europee, oltre alla conferma di Tajani alla guida, saranno votati anche quattro vice segretari, ma le regole sull’elezione ancora non ci sono. Al momento non si sa se saranno rappresentativi delle diverse aree politiche oppure della geografia italica: nord, centro, sud e isole. Per i malpancisti, però, la questione è politica. Fi cala nei sondaggi perché la sua azione è inconsistente – è il tono dei messaggi nelle chat dei parlamentari – mentre per risalire bisogna fare come Matteo Salvini: battere i pugni sul tavolo, non essere troppo appiattiti sul governo, rivendicare la propria identità su politiche economiche, lavoro, autonomi e partire Iva. «Per fermare la tassa sugli extraprofitti bancari è dovuta intervenire Marina Berlusconi…», fa notare qualcuno con perfidia. Come a dire: anche lì non abbiamo toccato palla.

Forza Italia, lo scontento per Tajani e il ritorno delle truppe ronzulliane
Licia Ronzulli con Matteo Salvini (Imagoeconomica).

Con Fascina reclusa d’oro ad Arcore, Ronzulli & Co tornano a farsi sentire 

Insomma, qualcuno vorrebbe un partito più battagliero, scoppiettante, come nella prima fase del governo Meloni, quando il Cavaliere stuzzicava la premier tanto da metterla in serie difficoltà, specie in politica estera e sulla guerra in Ucraina, così da costringere Giorgia a cercare un’interlocuzione con Marina con l’obiettivo di placare Silvio. E così andò, con Marta Fascina che addirittura espulse Ronzulli dalla reggia di Arcore, diventando lei stessa quella adibita a dare le carte. Ora, con Fascina reclusa d’oro in Brianza dove ha addirittura eletto la sua segreteria politica e i suoi fedelissimi in stand by, Ronzulli & C sono tornati a farsi sentire. Ma senza esagerare: la tregua armata resisterà fino alle Europee, perché dare l’impressione di un partito diviso sarebbe elettoralmente devastante. Questo però non vuol dire che ci sia unità. Anzi. Il ruolo di cerniera, di mediatori tra i due alleati a molti non va bene, perché «rischiamo di essere il vaso di coccio tra i due di ferro». Bisogna tornare a farsi sentire, specie in vista della legge di bilancio, non essere supini e smetterla di dire sì a tutto.

Forza Italia, lo scontento per Tajani e il ritorno delle truppe ronzulliane
Marta Fascina (Imagoeconomica).

La geografia delle correnti in Forza Italia, tra tajaniani e truppe ronzulliane

Nel frattempo le correnti serrano i ranghi. Tajani è sempre circondato dai suoi fedelissimi: il responsabile dell’organizzazione Francesco Battistoni, quello delle campagne elettorali Alessandro Battilocchio, il portavoce del partito Raffaele Nevi, il capogruppo alla Camera Paolo Barelli, i ministri Zangrillo e Pichetto Fratin, e poi Francesco Paolo Sisto, Roberto Rosso e Fulvio Martuscello (l’ideatore di Paestum). Poi ci sono i fedelissimi di Fascina, ora “in sonno”, ma sempre a guardia del barile in attesa di un possibile ritorno sulla scena di Marta (che «non si dimetterà mai», dicono): il capo dei giovani Stefano Benigni, il responsabile lombardo Alessandro Sorte, il compagno di scuola di Fascina Tullio Ferrante e Gloria Saccani Jotti (vicina a Fedele Confalonieri). Poi i sempre vivi ronzulliani che riprendono a battere colpi: oltre alla capogruppo in Senato, ci sono Alessandro Cattaneo, Giorgio Mulè, Alberto Barachini, Paolo Emilio Russo, Giuseppe Mangialavori. C’è poi la corrente dei governatori: Alberto Cirio (Piemonte), Vito Bardi (Basilicata), Donato Toma (Molise), Roberto Occhiuto (Calabria) e Renato Schifani (Sicilia). Infine, quelli più legati alla famiglia, come Andrea Orsini e Deborah Bergamini.

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