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Favino: «Attori stranieri che interpretano italiani? È appropriazione culturale»
Pierfrancesco Favino non ci sta e alla Mostra del Cinema di Venezia sbotta chiedendo a ciascuno di fare la propria parte, «fare sistema». La sua battaglia riguarda il modo in cui il cinema straniero guarda all’Italia in tema di stereotipi (storia vecchissima di pizza e mandolino) ma anche di interpretazioni. I ruoli di personaggi italiani nei film dovrebbero essere affidati ad attori italiani, ha sostenuto, mentre sempre più spesso accade che siano gli americani a ricoprirli. Tra i casi più recenti ha citato House of Gucci di Ridley Scott, dove i panni della famiglia fiorentina sono vestiti da interpreti statunitensi, e Ferrari di Michael Mann, presentato proprio alla kermesse veneziana. In entrambe le pellicole tra i protagonisti c’è Adam Driver, rispettivamente nei panni di Maurizio Gucci ed Enzo Ferrari.

L’accusa: «Attori stranieri lontani dai protagonisti reali delle storie italiane»
«I Gucci avevano l’accento del New Jersey, non lo sapevate?», ha affermato ironico Favino a margine dell’incontro per Adagio di Stefano Sollima. «C’è un tema di appropriazione culturale, non si capisce perché non io ma attori di questo livello – ha detto rivolto ai colleghi nel film Toni Servillo, Adriano Giannini, Valerio Mastandrea – non sono coinvolti in questo genere di film che invece affidano ad attori stranieri lontani dai protagonisti reali delle storie, a cominciare dall’accento esotico». E ancora: «Se un cubano non può fare un messicano, perché un americano può fare un italiano? Solo da noi. Ferrari in altre epoche lo avrebbe fatto Gassman, oggi invece lo fa Driver e nessuno dice nulla. Mi sembra un atteggiamento di disprezzo nei confronti del sistema italiano, se le leggi comuni sono queste allora partecipiamo anche noi».