Extraprofitti delle banche, una tassa mai nata e buona solo per la demagogia populista di Meloni

Breve storia di una tassa mai nata. Ad agosto Giorgia Meloni, di sua iniziativa e senza avvisare nessuno (come spesso le capita di fare), annunciava l’introduzione di una tassa sui cosiddetti extraprofitti delle banche che avrebbe portato oltre 3 miliardi nelle casse dello Stato. Mossa improvvida nei modi e nella sostanza. Non si possono intavolare tavoli su tavoli con tassisti e balneari lasciandoli poi liberi di farla franca, e invece sorprendere alle spalle un settore decisivo nel sostenere il debito pubblico e quei pochi pezzi ancora importanti del nostro sistema industriale. Non contenta, per giustificare la mossa la premier, Robin Hood che prende ai ricchi per dare ai poveri, si spinse arditamente a teorizzare il concetto di profitto ingiusto, lasciando però nella più totale indeterminatezza i criteri che definiscono quello giusto.

La legge è stata svuotata dai suoi obiettivi originari

Ma pazienza, inutile andare per il sottile. Anche perché, di fronte alla levata di scudi dei suoi alleati, lo sconcerto a Francoforte e i dubbi del suo ministro dell’Economia, a distanza di nemmeno quattro mesi la legge è stata svuotata dai suoi obiettivi originari. La possibilità data alle banche di destinare al rafforzamento patrimoniale la somma che avrebbero dovuto pagare finora non ha portato all’erario un euro dei 3 miliardi attesi, anche perché, ma non era difficile prevederlo, tutti gli istituti hanno preferito tenersi in casa i soldi piuttosto che farli uscire come imposte sottraendoli all’utile.

Extraprofitti delle banche, una tassa mai nata e buona solo per la demagogia populista di Meloni
Giancarlo Giorgetti, Giorgia Meloni e Matteo Salvini (Imagoeconomica).

Una finta notizia vale più della sua plateale smentita

Amorale di una favola ennesimo compendio della demagogia populista a cui questo governo, ma anche molti che l’hanno preceduto, sembra fortemente ispirarsi: tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare dell’oblio. Solamente che l’effetto del dire sul momento gode di una cassa di risonanza infinitamente maggiore rispetto alla successiva disillusione del fare. Insomma, la finta notizia vale molto di più della sua plateale smentita. Una regola che la politica ormai ha eletto a suo modus operandi: si annunciano montagne per poi partorire topolini, e spesso nemmeno quelli. Con l’opinione pubblica distratta da nuove mirabolanti trovate e che dimentica di chiedere conto delle precedenti.

Salvini in fatto di propaganda è più accorto di Meloni

Nessuno ora interpella Meloni sul perché profitti da lei definiti ingiusti siano dopo pochi mesi ridiventati giusti. In fatto di propaganda, persino Matteo Salvini si è fatto più accorto: il suo escamotage consiste nel fare l’annuncio eclatante e poi spostarne il compimento più avanti nel tempo. Tanto, ed è l’unica incrollabile certezza tra tanta aleatorietà degli uomini e delle situazioni, ne passerà prima di acqua sotto i ponti (anche quello sullo Stretto) a far dimenticare tutto.

Powered by WordPress and MasterTemplate