E-mail e WhatsApp sono corrispondenza: possibili ripercussioni sul caso Santanchè

La Corte Costituzionale ha dato ragione a Matteo Renzi: le chat usate dai pm nel caso Open dovevano essere autorizzate dal Senato perché, spiega la Consulta, per esse valgono le stesse regole imposte per la corrispondenza. Un «trionfo del diritto», così lo ha definito il leader di Italia Viva, che potrebbe avere ripercussioni nelle indagini riguardanti Visibilia. Come sottolinea Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera, infatti, «la guardia di finanza ha da mesi in mano le mail sequestrate nella sede» della società, «tra cui quelle tra dirigenti d’azienda e l’amministratrice Daniela Santanchè in anni nei quali era anche parlamentare». Sono due le strade per la Procura di Milano: rinunciare al sequestro della corrispondenza elettronica, oppure chiedere il placet del Senato. Un bel rebus, «vista l’ulteriore complicazione di mail con destinatari multipli», tra cui l’attuale ministra del Turismo.

Messaggi e-mail e WhatsApp sono corrispondenza: cosa cambia per le indagini su Visibilia della ministra Santanchè.
Matteo Renzi (Imagoeconomica).

La Consulta: «La tutela non si esaurisce con la ricezione del messaggio da parte del destinatario»

La sentenza della Corte Costituzionale ha stabilito che la Procura di Firenze non poteva acquisire, senza preventiva autorizzazione del Senato, messaggi di posta elettronica e WhatsApp di Renzi, o a lui diretti, conservati in dispositivi elettronici appartenenti a terzi. Tali messaggi, si legge nella nota diffusa dall’ufficio stampa della Consulta «sono stati ritenuti riconducibili alla nozione di corrispondenza, costituzionalmente rilevante e la cui tutela non si esaurisce, come invece sostenuto dalla Procura, con la ricezione del messaggio da parte del destinatario, ma perdura fin tanto che esso conservi carattere di attualità e interesse per gli interlocutori».

Messaggi e-mail e WhatsApp sono corrispondenza: cosa cambia per le indagini su Visibilia della ministra Santanchè.
Matteo Renzi (Imagoeconomica).

Al centro del ricorso di Renzi c’erano le chat trovate negli smartphone di Vincenzo Manes e Marco Carrai, imprenditori amici del senatore. Le conversazioni su WhatsApp erano state acquisite dai pm Luca Turco e Antonino Nastasi in quanto – secondo l’orientamento della Cassazione – ritenute documenti e non corrispondenza. Con la sentenza 170 redatta dal giudice Franco Modugno la Consulta ha ritenuto invece che per i messaggi valgano le regole della corrispondenza: una volta arrivati sul cellulare degli interlocutori, i messaggi di Renzi conservavano insomma quel carattere di riservatezza dedicato alle comunicazioni di un parlamentare.

Renzi: «Verrà il giorno in cui la classe dirigente del Paese rifletterà su questa indagine assurda»

«È il giorno del trionfo del diritto. Avevo fortemente voluto che la vicenda finisse in Corte, non per il processo ma per un punto di principio e di diritto. Io sostenevo che il comportamento dei pm di Firenze violasse la Legge e la Costituzione. La Corte Costituzionale ha accolto il ricorso, dandoci ragione e ha annullato alcuni provvedimenti dei pm», ha twittato Renzi. «Verrà il giorno in cui la classe dirigente del Paese rifletterà serenamente su questa indagine assurda, nata contro di me, contro le persone che mi stanno vicine e soprattutto contro i fatti». La Corte non ha invece accolto il ricorso nella parte in cui veniva contestata l’acquisizione dalla Procura, senza autorizzazione, dell’estratto del conto corrente personale di Renzi, in quanto non spedito dalla banca al parlamentare, ma allegato a segnalazioni di operazioni da uffici della Banca d’Italia.

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