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Dagli Stati Uniti all’Ue, le crepe nell’alleanza filo-ucraina
Affinché l’Ucraina sopporti, è necessario che l’Occidente supporti. Sì, ma fino a che punto? Senza bisogno di arrivare ai livelli di Elon Musk iniziano a chiederselo in molti, perché la guerra è entrata ormai nel suo 20esimo mese e all’orizzonte non si intravedono tavoli per i negoziati. Dall’invasione da parte della Russia il sostegno occidentale a Kyiv è rimasto sempre forte. Ma nell’alleanza filo-ucraina cominciano a formarsi delle crepe.

Il Congresso Usa ha negato 6 miliardi già promessi da Biden
Gli Stati Uniti hanno fornito all’Ucraina più di 110 miliardi di dollari in aiuti militari ed economici. Joe Biden, che ha da poco ricevuto Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca, ne ha promessi a breve altri 24. Ma intanto l’accordo tra repubblicani moderati e democratici, che all’ultimo ha permesso di evitare lo shutdown, ha fatto saltare i fondi (6 miliardi) che l’amministrazione Biden aveva chiesto al Congresso per il sostegno a Kyiv. In ottica 2024, considerandosi l’unico in grado di «evitare la Terza guerra mondiale» e di fermare in conflitto «in un giorno», Donald Trump – se tornasse a Washington – vorrebbe concludere un “accordo di pace” unilaterale con la Russia di Vladimir Putin bypassando sia l’Ue che l’Ucraina. In caso contrario spingerebbe per il disimpegno a stelle e strisce. Una parte dei repubblicani ritiene che il sostegno a Kyiv dovrebbe essere limitato, altri ritengono che dovrebbe essere fornito solo se, al tempo stesso, Biden spendesse di più per la sicurezza dei confini statunitensi. Ma anche nell’area democratica si sta facendo largo la convinzione che il sostegno al Paese non possa essere infinito.

In Slovacchia ha vinto il filorusso Fico, un “piccolo Orban”
«Mi aspetto che lo speaker della Camera mantenga il suo impegno nei confronti del popolo ucraino», ha detto Biden. «Il nostro aiuto non sarà altalenante. Per quanto riguarda l’Ue, le discussioni sono in corso sul fondo da 20 miliardi in quattro anni per gli aiuti militari e mostra come l’intenzione sia di aumentare, non diminuire, il nostro sostegno», ha detto l’Alto rappresentante della politica estera Ue Josep Borrell alla vigilia del Consiglio Affari Esteri di Kyiv. Aggiungendo però di essere preoccupato per la decisione del Congresso Usa di bloccare ulteriori aiuti. Non c’è però certo bisogno di volare dall’altra parte dell’Atlantico per trovare voci contrarie. Basta andare in Slovacchia, dove il fresco vincitore delle elezioni Robert Fico, anti-europeista e filo-russo, ha fatto campagna elettorale (anche) con la promessa di porre fine al sostegno militare all’Ucraina, sottolineando di essere fermamente contrario al suo ingresso nella Nato. La Slovacchia come l’Ungheria di Viktor Orban, insomma: ora sono due i Paesi pronti a porre il veto a ulteriori azioni collettive dell’Ue a sostegno di Kyiv.

In Polonia il partito di maggioranza PiS si sta smarcando da Kyiv
Anche la vicina Polonia, dove il 15 ottobre si terranno le elezioni, ha espresso dubbi sul sostegno all’Ucraina. Il presidente Andrzej Duda l’ha paragonata a un uomo che sta annegando e che, aggrappandosi a tutto, può trascinare giù i suoi soccorritori. Il primo ministro Mateusz Morawiecki, prima di aggiustare il tiro, ha affermato che la Polonia «non trasferirà più armi all’Ucraina». La rottura è arrivata dopo una querelle sul grano ma, più che una questione economica, è soprattutto politica. Il partito di maggioranza PiS, infatti, si sta smarcando da Kyiv nel tentativo di guadagnare voti in vista della tornata elettorale. Ma tant’è: le crepe ci sono e si vedono.

Le sorti dell’Ucraina non sono più in cima all’agenda politica
Alla recente Assemblea Generale delle Nazioni Unite, scrive la Bbc, è apparso chiaro che l’Ucraina non sia più automaticamente in cima all’agenda. Se ne parla e si continuerà a farlo, ma dall’aumento del costo della vita all’emergenza climatica, sono tante le sfide sul tavolo al momento. E aiutare Kyiv non è, per molti, il primo pensiero. Gli stessi discorsi di Zelensky all’Assemblea Onu e al Consiglio di Sicurezza non hanno suscitato la stessa attenzione di prima. Forse anche per una certa stanchezza (comprensibile) del leader ucraino. Su The House, rivista politica settimanale del Parlamento britannico, il ministro degli Esteri James Cleverly ha dichiarato che «bisogna fare i conti» con la stanchezza internazionale nei confronti della guerra, in quanto sta «mettendo pressione sui Paesi di tutto il mondo», dal punto di vista economico e politico. Ma se l’Occidente smettesse di sostenere Kyiv, ha affermato, la situazione non farebbe altro che peggiorare. «La posta in gioco in Ucraina è molto più grande della semplice Ucraina. Riguarda la stabilità e la prevedibilità del mondo», ha detto il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. E se ne stanno accorgendo i Paesi del Sud del mondo, in particolare dopo il ritiro della Russia dall’iniziativa sui cereali del Mar Nero dello scorso luglio. La sensazione è che la partita da giocare in Ucraina sia ancora lunga e che il sostegno possa attenuarsi nel tempo. Gli occhi sono tutti puntati a novembre del 2024, quando la vittoria di Trump, nel caso il conflitto non fosse ancora terminato, potrebbe deciderne il destino.