Crac Evergrande, ora l’economia della Cina teme l’effetto contagio

Nel 2021 aveva dichiarato di avere debiti per 300 miliardi di dollari. Ora Evergrande, seconda azienda di sviluppo immobiliare in Cina e simbolo della crisi del settore nel Dragone, ha presentato istanza di fallimento in un tribunale a Manhattan. La società ha invocato il Chapter 15 del codice fallimentare Usa (simile all’amministrazione straordinaria italiana), che protegge le società non statunitensi in fase di ristrutturazione dai creditori che sperano di farle causa o di bloccarle beni nel Paese. Il passo compiuto da Evergrande, che spera in questo modo di limitare i danni, rischia di aver pesanti ripercussioni in Cina. E non solo.

Crac Evergrande, ora l'economia della Cina teme l'effetto contagio
Cina in ansia per il crac di Evergrande (Getty).

La bancarotta di Evergrande non è un fulmine a ciel sereno

All’inizio del 2023, Evergrande ha presentato il suo atteso piano di ristrutturazione del debito, il più grande mai realizzato in Cina. Nello specifico, a New York ha chiesto il riconoscimento dei colloqui di ristrutturazione in corso a Hong Kong, nelle Isole Cayman e nelle Isole Vergini britanniche. L’iniziativa di Evergrande rappresenta una svolta, ma non è esattamente un fulmine a ciel sereno: era infatti andata in insolvenza nel 2021 a causa del forte indebitamento (più di 300 miliardi di dollari), scatenando un’enorme crisi nel settore immobiliare cinese, a lungo considerato un motore di crescita vitale per la seconda economia mondiale, di cui ha rappresentato fino al 30 per cento del Pil.

Fallimento del colosso immobiliare Evergrande, dopo il fallimento l'economia della Cina teme l'effetto contagio.
Evergrande Centre, Hong Kong (Getty Images).

Il fondatore Xu Jiayin era l’uomo più ricco della Cina

Fondata da Xu Jiayin nel 1996, Evergrande una dozzina di anni dopo aveva raccolto 722 milioni in un’offerta pubblica iniziale alla Borsa di Hong Kong, per poi avventurarsi in una serie di operazioni rischiose in altri settori come industria agroalimentare, automotive (nell’elettrico) e calcio, investendo pesantemente nel Guangzhou (ribattezzato appunto “Guangzhou Evergrande”), capace di vincere otto campionati cinesi e due Champions League asiatiche. Nel 2017 le azioni di Evergrande erano salite di quattro volte il loro valore, rendendo il fondatore Xu Jiayin l’uomo più ricco della Repubblica popolare.

Crac Evergrande, ora l'economia della Cina teme l'effetto contagio
Il fondatore di Evergrande Xu Jiayn (Imagoeconomica).

Negli ultimi due anni aveva perso 81 miliardi di dollari

Ma non era tutto oro quello che luccicava. La crisi di Evergrande è iniziata (o meglio è venuta a galla) nella seconda metà del 2021, quando la società ha mancato il pagamento dei suoi bond in dollari. Pechino aveva chiesto – cioè ordinato – a Xu Jiayin di pagare di tasca sua gli interessi sulle obbligazioni: sul colosso cinese pesava un debito monstre di 300 miliardi di dollari, pari al 2 per cento del Pil della Cina. A fine luglio del 2023, dunque pochi giorni fa, la società ha rivelato di aver perso in totale 81 miliardi di dollari negli ultimi due anni. Sul gruppo, finito nella stretta ai prestiti bancari decisa dalla leadership comunista, è caduta anche la tegola della controllata al 63 per cento Hengda Real Estate, il suo core business immobiliare: la compagnia è finita nel mirino della China Securities Regulatory Commission per la sospetta manipolazione dei dati finanziari. Pur non essendo quotata, Hengda ha continuato a emettere bond e a raccogliere finanziamenti a dispetto delle difficoltà della holding. Il tracollo di Evergrande, il maggiore gruppo immobiliare sull’orlo del fallimento, potrebbe diventare la nuova Lehman Brothers della Cina.

Fallimento del colosso immobiliare Evergrande, dopo il fallimento l'economia della Cina teme l'effetto contagio.
Un complesso residenziale costruito da Evergrande a Pechino (Getty Images).

L’altro colosso Country Garden rischia il default a settembre

Evergrande, si legge sul sito ufficiale, ha oltre 1.300 progetti immobiliari in più di 280 città. Ma metà sono bloccati da tempo per mancanza di liquidità. L’azienda occupa 200 mila persone, tuttavia migliaia di compagnie tra fornitori e clienti dipendono di fatto da Evergrande: ora ci sono circa 4 milioni di posti di lavoro a rischio e le ripercussioni del tracollo potrebbero essere persino più ampie. Basta guardarsi indietro per capire il pericolo: dall’inizio della crisi del debito del settore a metà del 2021, le società che rappresentano il 40 per cento delle vendite di case cinesi sono andate in default, da Kasia a Fantasia fio a Shimao. Adesso a tremare è Country Garden, il più grande promotore immobiliare privato della Cina, che questo mese non è stato in grado di rimborsare due rate di interessi sui prestiti e rischia formalmente il default a settembre se non paga. Come altri grandi sviluppatori privati, Country Garden ha continuato a prendere prestiti per ripagare i prestiti già ottenuti, operando sul presupposto che avrebbe continuato a espandersi. Ma così non è stato.

Fallimento del colosso immobiliare Evergrande, dopo il fallimento l'economia della Cina teme l'effetto contagio.
Un progetto immobiliare di Country Garden a Pechino (Getty Images).

L’economia cinese, già in frenata, adesso teme l’effetto domino

L’attività immobiliare cinese è stata penalizzata dal calo della fiducia dei consumatori e dal rallentamento dell’economia globale, che sta pesando sulla domanda di beni cinesi e quindi sull’economia del Dragone. La Cina teme ora l’effetto domino: banche, privati e istituzioni pubbliche che vantano crediti con Evergrande rischiano di non vedersi restituiti i soldi, cosa che potrebbe portare a ulteriori fallimenti. Il tutto nel quadro di un’economia in frenata. Per sostenere la crescita, la Banca popolare cinese ha iniettato la più grande quantità di liquidità da febbraio e tagliato il tasso di interesse praticato sui finanziamenti a medio termine di 15 punti base (il più ampio dal 2020) portandolo al 2,5 per cento. Intanto, le grandi banche d’affari, da Morgan Stanley a JP Morgan, fino a Barclays e Nomura, continuano a tagliare le previsioni di crescita della Cina, ritenendo poco probabile il conseguimento del target del 5 per cento fissato per quest’anno dal governo di Pechino.

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