Cosa c’è dietro l’interesse improbabile della piccola Fininc dei Dogliani per Autostrade

Succede che nelle pur asfittiche vicende del capitalismo italiano (dove «ci sono più capitalisti che capitali», commentava sconsolato Enrico Cuccia) il nano vada all’attacco del gigante. Tanto per stare alla cronaca recente, dove si parla molto di Tim, l’ex monopolista dei telefoni così come l’abbiamo ereditato oggi è figlio dell’Opa che la piccola Olivetti lanciò sull’allora Telecom Italia. Di quell’impresa è rimasto il ricordo, e soprattutto gli enormi debiti contratti dagli scalatori per comprarla. Il paragone è venuto subito alla mente quando Bloomberg ha diffuso la notizia che una società di Cuneo, la Fininc appartenente alla famiglia Dogliani, aveva messo nel mirino niente meno che Aspi-Autostrade per l’Italia. La società di costruzioni, ventesima nel ranking tra le imprese del settore, sembra dunque avere ambizioni smisurate rispetto al suo fatturato visto che, tutto d’un tratto, si è affacciata sul mercato accarezzando l’ipotesi di offerta d’acquisto della principale concessionaria autostradale italiana, passata dopo le tragiche vicende del ponte Morandi dai Benetton a Cassa depositi e prestiti, assieme ad alcuni importanti fondi di investimento come l’americano Blackstone.

Cosa c'è dietro l'interesse improbabile della piccola Fininc dei Dogliani per Autostrade
Matterino Dogliani, presidente e fondatore di Fininc (Imagoeconomica).

Dietro la famiglia Dogliani c’è la società di costruzioni spagnola Sacyr

Subito le voci si sono diffuse pari passo con gli interrogativi: ma come può la famiglia Dogliani solo ipotizzare una operazione così sproporzionata rispetto alle sue dimensioni? La prima risposta è politica: siccome Matteo Salvini si è dimostrato aperto alla ipotesi, i cuneesi devono aver pensato di avere dalla loro la sponda del governo, di cui il leader della Lega è vicepresidente nonché ministro per le Infrastrutture. Ma è bastato grattare un po’ per scoprire che dietro la famiglia Dogliani si celerebbero la società di costruzioni spagnola Sacyr insieme con alcuni fondi esteri. L’italianità è dunque assicurata solo dal nome di chi ci mette la faccia, ma dietro muovono imprese e realtà finanziarie straniere. Ma può un governo come quello di centrodestra di Giorgia Meloni, che ha fatto dell’italianità delle reti infrastrutturali una bandiera, rimangiarsi un dogma della sua politica industriale?

Cosa c'è dietro l'interesse improbabile della piccola Fininc dei Dogliani per Autostrade
Claudio Dogliani, amministratore delegato di Fininc (Imagoeconomica).

Le manutenzioni del 2022 sono state ridotte drasticamente

Ammesso e non concesso, sono i numeri a dire che quella di Fininc si configura come una ipotesi della irrealtà. Numeri di Aspi, visto che occorreranno più dei 9 miliardi pagati da Cdp ai Benetton, senza contare che l’acquirente se ne carica altrettanti di debiti. Ma anche i numeri del gruppo di Dogliani, assurto alle cronache dell’economia quando, nel marzo 2022, si è aggiudicato la concessione sulla Napoli-Salerno in consorzio proprio con gli spagnoli di Sacyr. I ben informati sanno che – in attesa dei complessi giudizi del Consiglio di Stato sull’aggiudicazione che potrebbero portare all’annullamento della gara – le manutenzioni del 2022 sono state ridotte drasticamente, come emerge dai bilanci. Su cui pesano anche gli oltre 400 milioni di euro pagati per il subentro al vecchio concessionario.

La società vuole confondere le sue perdite nel mare di una più grande?

Con sentenza sempre del Consiglio di Stato emessa il 6 ottobre 2023, Fininc ha vinto invece il ricorso contro i Gavio sulla A21 Torino-Piacenza, la A5 e la bretella Ivrea-Santhià. Ma prima che avvenga il subentro dei nuovi concessionari ci vorranno lunghi tempi tecnici, tali da pregiudicare i flussi di denaro necessari a supportare i debiti. Oltre a questo si aggiunge la situazione tutt’altro che florida della Pedemontana Veneta, realizzata dal gruppo Dogliani in project financing, per cui la giunta regionale dopo aver messo a suo tempo 300 milioni per sbloccare l’opera dovrà versarne altri 54 per il triennio 2023-25. È quindi pensabile che con questi numeri la famiglia di Cuneo possa puntare ad Aspi? I maligni sostengono che si sia di fronte all’ennesimo caso di una società che vuole confondere le proprie perdite nel mare di una più grande. Sarà così o veramente i Dogliani, forti dell’appoggio di Salvini (che se può fare uno sgambetto a Giorgia Meloni, anche in vista delle Europee 2024, certo non si tira indietro) e dei loro partner esteri meditano il grande colpo?

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