Conflitti e interessi diversi nei Brics, tra sfida al dollaro ed espansione del gruppo

Archiviato il nodo della partecipazione in presenza o meno di Vladimir Putin, i Brics dal 22 al 24 agosto si riuniscono a Johannesburg per il loro 15esimo summit, il più importante della loro storia. Sul tavolo il rafforzamento dell’alleanza, l’ipotesi di uno sganciamento progressivo dal dollaro Usa e, soprattutto, l’allargamento del club. Il gruppo dei cinque grandi Paesi emergenti – Brasile, Russia, India, Cina e Sudrafica -, che rappresenta il 40 per cento della popolazione mondiale e un quarto dell’economia globale, è di fronte a un bivio: diventare una coalizione geopolitica oppure rimanere in gran parte concentrato su questioni finanziarie. C’è chi spinge in una direzione, chi nell’altra.

Al via in Sudafrica il XV vertice Brics, sul tavolo la sfida al dollaro e l'espansione del gruppo dei Paesi emergenti.
Il Sudafrica ospita il vertice Brics dal 22 al 24 agosto (Getty Images).

Oggi i Brics valgono un quarto del Pil globale

Nel 2001 Jim O’Neill, economista della banca d’investimento Goldman Sachs, coniò l’acronimo Bric per indicare i quattro Paesi allora “emergenti” che avevano maggiori potenzialità di crescita: Brasile, Russia, India e Cina, a cui successivamente si aggiunse il Sudafrica. Negli ultimi due decenni, i Brics hanno quasi triplicato il loro peso sul Pil nominale globale, passando dall’8,9 per cento del 2003 al 26 per cento del 2022: questo grazie al traino (largamente annunciato) della Cina, che da sola rappresenta il 70 per cento del Pil del gruppo. Brasile e Sudafrica, sostanzialmente, non hanno mantenuto le attese di Paesi emergenti di prima fascia. La Russia ha decretato il suo isolamento da una parte di mondo il giorno in cui ha invaso l’Ucraina. Solo l’India è riuscita a tenere il passo del Dragone, affermandosi come un colosso della scena internazionale. Se il motore cinese smettesse di funzionare – e i segnali di crisi ci sono tutti – gli altri Paesi Brics avrebbero poco da offrire. Da qui la necessità, soprattutto dal punto di vista di Pechino, di allargare il club.

Nel club ci sono interessi contrastanti e rivalità interne

Come sottolinea il New York Times, all’interno dei Brics ci sono interessi spesso contrastanti e rivalità interne. Tanto per iniziare, del gruppo fanno parte il più grande Stato autoritario del mondo (Cina) e la più grande democrazia (India). I cinque Paesi, inoltre, hanno relazioni molto diverse con gli Stati Uniti: c’è chi può serenamente essere definito nemico degli Usa e chi invece punta a stringere ancora di più i legami con Washington. La Cina di Xi Jinping spinge per l’allargamento del gruppo, considerandolo una piattaforma per sfidare il potere americano. La Russia, da parte sua, è ansiosa di dimostrare che Mosca ha alleati leali nonostante il suo isolamento dall’Occidente a causa della guerra in Ucraina. L’India, che tra l’altro è impegnata in una disputa territoriale con la Cina su diverse aree limitrofe, come l’Aksai Chin e l’Arunachal Pradesh, non vede di buon occhio il dominio di Pechino. E sull’Ucraina ha fatto affidamento su una strategia di non allineamento. Brasile e Sudafrica, infine, vogliono buone relazioni con Cina e Russia, ma al tempo stesso preferiscono non essere eccessivamente allineati con nessuna delle due, per paura di alienarsi gli Stati Uniti. Mentre Pechino cerca di estendere la propria influenza per competere con Washington, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha messo in chiaro che il suo Paese non vuole farsi trascinare in una gara tra grandi potenze.

Al via in Sudafrica il XV vertice Brics, sul tavolo la sfida al dollaro e l'espansione del gruppo dei Paesi emergenti.
Al via in Sudafrica il XV vertice Brics (Getty Images).

Sono 40 i Paesi che hanno espresso interesse ad aderire

A spingere per l’allargamento del gruppo è principalmente la Cina, mentre a frenare è soprattutto l’India. Sono decine i Paesi che hanno espresso interesse ad aderire al club. In vista del vertice di Johannesburg, il ministro degli Esteri sudafricano Naledi Pandor ha affermato che ci sono 12 Stati interessati a entrare, menzionando Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Algeria, Argentina, Messico e Nigeria. Ma Anil Sooklal, ambasciatore sudafricano presso il club, ha dichiarato che circa 40 nazioni hanno fatto richiesta di far parte del blocco, tra domande formali e informali: tra esse Turchia, Siria, Cuba, Repubblica Democratica del Congo e persino le Isole Comore. A esse va aggiunto l’Iran. Anche Kazakistan, Senegal, Uruguay e Thailandia avrebbero espresso interesse. Mosca spinge poi la Bielorussia. «Se rispetteranno le regole che stiamo stabilendo, accetteremo il loro ingresso», ha detto il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, spiegando che l’Indonesia, date le sue dimensioni e la sua posizione, sarebbe una gradita aggiunta. Non essendo istituzionalizzato, il gruppo dei Brics non ha ancora delle regole definite per valutare la candidatura di un Paese che presenta formale richiesta. Potrebbero essere introdotte soglie riguardanti popolazione o prodotto interno lordo. Come scrive il Financial Times, citando fonti brasiliane, una delle possibili condizioni potrebbe essere l’adesione alla New Development Bank, l’alternativa al Fondo monetario internazionale e alla Banca Mondiale lanciata nel 2015 e con sede a Shanghai.

Al via in Sudafrica il XV vertice Brics, sul tavolo la sfida al dollaro e l'espansione del gruppo dei Paesi emergenti.
Il XV vertice Brics si tiene a Johannesburg (Getty Images).

Brics al bivio: alleanza economica o geopolitica?

Come a sottolineare che l’incontro sarà tutt’altro che di routine, Lula ha poi annunciato a poche ore dall’inizio del vertice che proporrà agli omologhi di Russia, India, Cina e Sudafrica l’adozione di una moneta unica comune per «consentire maggiori scambi senza dipendere dalla valuta di un Paese terzo», ossia il dollaro americano. Il messaggio è chiaro: i Brics non vogliono più essere considerati un blocco di serie B. Nella ridefinizione dei nuovi equilibri mondiali, peraltro accelerata dall’invasione russa dell’Ucraina, i Brics vogliono affrancarsi dal sistema economico occidentale. Ma quali conseguenze avrebbe l’allargamento del club? Lo strapotere di Pechino sui Paesi emergenti aumenterebbe nel caso dell’ingresso di nuovi membri, andando a formare un potenziale rivale del G7 e del G20. Questo è ciò che vuole Pechino. E che invece Brasilia vorrebbe evitare, come ha detto al NYT un funzionario che ha contribuito alla pianificazione dei colloqui. Meglio – anche per l’India – che il gruppo rimanga un club di grandi economie emergenti, piuttosto che un’alleanza geopolitica, considerate le profonde asimmetrie tra le politiche estere dei rispettivi membri. «Quando si aggiungono più Paesi a un gruppo già eterogeneo fin dall’inizio, è più difficile ottenere risultati», ha detto al New York Times Theresa Fallon, direttrice del Centro per gli studi Russia Europa Asia a Bruxelles. Less is more.

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