Confindustria vede nero: «Prezzi e tassi bloccano l’economia»

È un quadro a tinte fosche quello disegnato da Confindustria nella Congiuntura flash del 30 settembre 2023. Dopo la caduta nel secondo trimestre, il Pil italiano è stimato debole anche nel terzo e le attese sul quarto non sono migliori. Al calo di industria e costruzioni si affianca la battuta d’arresto nei servizi. Nel frattempo non si fermano i rialzi dei tassi Bce, il credito è in caduta insieme alla liquidità e il costo dell’energia torna a salire. Ne risentono consumi e investimenti, mentre latita la domanda estera. Se da una parte l’inflazione ha intrapreso un lento calo, arrivando al 5,3 per cento a settembre, dall’altra la stretta monetaria di Francoforte potrebbe non essere finita.

L’allarme sulla liquidità delle imprese

Nel documento di tre pagine, gli analisti di Viale dell’Astronomia hanno evidenziato un proseguimento della corsa del costo del credito (5,09 per cento a luglio) per le imprese italiane e un peggioramento della caduta dei prestiti (-4,0 per cento annuo). «Una quota crescente di imprese non ottiene credito (8,2 per cento a settembre). La domanda è frenata da condizioni troppo onerose, ma pesano anche i più rigidi criteri di accesso. Perciò, la liquidità delle imprese si sta prosciugando (-10,1 per cento in un anno i depositi), mentre aumentano i ritardi nei pagamenti e il deterioramento dei vecchi prestiti» si legge nella nota.

L’impatto dei tassi sulle famiglie con mutui casa

Gli industriali si sono poi soffermati sui tassi, che hanno un impatto considerevole soprattutto sulle famiglie che hanno mutui casa. L’aumento dei tassi è di +2,84 punti percentuali fino a luglio 2023, lo stock di mutui è di 425 miliardi di euro, di cui vanno considerati solo quelli a tasso variabile stimati al 38 per cento del totale (162 miliardi). Risulta un aggravio di interessi annui pari a +4,6 miliardi, in aggregato. Che pesa da subito, nel 2023, dato che le rate sui mutui variabili si aggiornano mese per mese. Confindustria ha infine sottolineato che il maggior onere connesso all’aumento degli interessi è abbastanza concentrato perché riguarda solo le famiglie che hanno comprato casa con un mutuo variabile, una quota che è stimata pari al 4,9 per cento delle famiglie italiane (1,2 milioni, su 25,6 totali). Ciò vuol dire che i 4,6 miliardi di interessi in più nel 2023 sono pagati solo da queste famiglie, per le quali i maggiori tassi corrispondono a +3.683 euro di interessi nell’anno (+307 al mese, un aumento consistente della rata per una famiglia con un mutuo residuo medio di circa 130 mila euro). Nell’ipotesi di un rinnovo completo dello stock di mutui, ai tassi attuali, l’aggravio di interessi annui per le famiglie italiane salirebbe a +12,1 miliardi. Ciò coinvolgerebbe anche le famiglie che ora sono al riparo perché tutti i nuovi prestiti sarebbero più cari, anche quelli a tasso fisso.

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