Category Archives: scienze

Il ciclo solare potrebbe raggiungere il picco prima del previsto

Il ciclo solare è molto vicino al suo picco. La nostra stella infatti ogni 11 anni attraversa periodi di alta e bassa attività, associata alla formazione sulla superficie di macchie solari, ossia regioni che si distinguono per temperature più basse e forti campi magnetici. Il nuovo apice, inizialmente previsto nel 2025, potrebbe però arrivare in anticipo. Un nuovo studio della National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) americana ha ipotizzato infatti la massima intensità solare fra la metà e la fine del 2024. «Non esistono due cicli uguali», hanno spiegato gli scienziati alla Cnn, analizzando i dati della ricerca. «Non c’è comunque nulla di cui preoccuparsi». Per quanto riguarda la Terra, possibili ripercussioni sulle reti elettriche, sui Gps e sui satelliti nell’orbita bassa.

LEGGI ANCHE: Spazio, scoperto il respiro dell’universo con le onde gravitazionali

Come funziona il ciclo solare e cosa succede al suo picco

Sebbene possa sembrare sempre uguale a se stesso, il Sole cambia continuamente guidato dal magnetismo. Ogni 11 anni infatti il campo magnetico della nostra stella “si aggroviglia”, causando l’inversione dei due poli e amplificandone l’attività. Hanno così luogo le già citate macchie solari e i brillamenti, ossia violente e improvvise eruzioni di materia che sprigionano energia per milioni di bombe atomiche. Una volta raggiunto il picco, il ciclo solare può rimanere stabile anche per alcuni anni. «Gli effetti sulla Terra giungeranno molto dopo, ma è impossibile fare previsioni certe», ha precisato Mark Miesch, ricercatore dello Space Weather Prediction Center della Noaa. «Il Sole varia di continuo, ma è tutto assolutamente sotto controllo».

Ipotizzato per il 2025, è ora atteso entro tra la metà e la fine del 2024. Come funziona il ciclo solare e le conseguenze per la Terra.
Le eruzioni solari viste con un telescopio della Nasa (Getty Images).

Secondo i dati dell’ultimo studio, il Solar Cycle 25 avrebbe dovuto seguire il precedente con una particolare debolezza nei fenomeni. Gli scienziati hanno però riscontrato un’inversione di tendenza, testimoniata da un aumento repentino delle macchie solari, ben 143 contro le appena 63 previste in origine. In crescita, di conseguenza, anche i brillamenti e le tempeste solari. In passato alcuni eventi estremi hanno duramente colpito la strumentazione degli astronomi, provocando danni per milioni di dollari. Nel 1989 l’intera rete elettrica del Quebec rimase fuori uso per giorni a seguito di un improvviso fenomeno geomagnetico. «Non è possibile confermare se e quando si verificherà un caso simile», ha dichiarato Bill Murtagh, ricercatore della Noaa. «Potrebbe accadere fra due settimane o anche tra 50 anni».

Dalle aurore boreali ai guasti alla rete satellitare, gli effetti sulla Terra

Il picco del ciclo solare può avere dunque importanti conseguenze anche sulla Terra. Le tempeste generate dalla nostra stella possono influenzare non solo la rete elettrica, ma anche mandare in tilt gli strumenti di geolocalizzazione e disturbare l’aviazione e i satelliti in orbita bassa. Il 29 gennaio 2022 infatti un’esplosione di massa coronale dal Sole ha bruciato gran parte della strumentazione Starlink di SpaceX. Tali eventi possono provocare continui blackout radio e persino creare rischi per le missioni spaziali con equipaggio. L’avvicinamento del picco solare inoltre genera fenomeni visibili sul nostro pianeta come le aurore boreali e gli airglow, particolari luminescenze notturne dell’atmosfera. Possibili anche conseguenze sulle migrazioni di balene e tartarughe, che si servono del campo magnetico per muoversi in mare aperto.

Editing genetico, la folle idea di He Jiankui contro l’Alzheimer

He Jiankui ci riprova. Dopo aver scontato tre anni di carcere per pratiche illegali, il genetista cinese classe 1984 torna con una nuova e controversa proposta. Nel 2018 utilizzò l’editing genetico per modificare il Dna di embrioni umani prima che fossero impiantati in un grembo materno nella speranza di creare l’immunità all’Hiv. Ora ritiene di poter dare vita a una protezione contro l’Alzheimer grazie a ovuli fecondati ed embrioni di topo. Questa volta però intende chiedere il permesso al governo e l’approvazione etica prima di procedere con la sperimentazione. Immediata la reazione della comunità scientifica che, come riporta la Cnn, ha definito il progetto una trovata pubblicitaria folle che non può in alcun modo ottenere il via libera. Si teme anche perdita di credibilità per l’intero settore.

Editing genetico, perché He Jiankui è stato condannato a tre anni di carcere

Il nome di He Jiankui è ben noto a chi segue la ricerca sull’editing genetico. Nato a Loudi, nella contea di Xihua, ha studiato fisica in patria prima di specializzarsi negli Usa in sequenziamento del genoma. Tornato in Cina, nel 2012 proseguì la sua ricerca sul Dna con il sistema Crispr-Cas9, tecnica che prevede l’impiego di una proteina in grado di tagliare il genoma di un soggetto ed effettuare speciali modifiche, eliminando o sostituendo alcune sequenze. Nel 2018, durante una conferenza a Hong Kong annunciò di aver effettuato un test su due embrioni con l’obiettivo di renderli immuni all’Hiv ed evitare che lo potessero ereditare da genitore sieropositivo. Non contento, successivamente li impiantò in un grembo materno, portando alla nascita di due gemelline.

Lo scienziato He Jiankui vuole usare editing genetico contro l'Alzheimer. Nel 2018 fu condannato per pratiche e test sull'uomo illegali.
Lo scienziato cinese He Jiankui nel 2018 all’annuncio della ricerca (Getty Images).

In molti si dissero scioccati per un test potenzialmente rischioso in circostanze prive di urgenza medica. Il sistema Crispr-Cas9 può causare infatti mutazioni indesiderate, danni genetici imprevedibili sul soggetto e persino sulla sua discendenza. Poco dopo si diffuse la notizia di un terzo bambino nato a seguito di un medesimo test. Le scuse non bastarono a evitargli l’arresto e la condanna nel 2019 a tre anni di reclusione per pratiche illegali e pericolose. Nel 2022 è tornato in libertà e, in un’intervista al Guardian, ha solo detto di «aver agito troppo frettolosamente» nel portare avanti la procedura.

La reazione degli scienziati alla nuova proposta: «Follia pubblicitaria»

Seppur licenziato dall’Università di Shenzhen, He intende sfruttare la legge cinese a suo vantaggio. «Quando un soggetto ha scontato la pena, ricomincia con pieni diritti», ha ricordato. «Quello che facciamo oggi conta più del nostro passato». In attesa di capire se la Cina approverà o meno il nuovo progetto di editing genetico, numerosi scienziati hanno espresso parere negativo. «È, senza usare mezzi termini, una follia», ha spiegato alla Cnn Peter Droge, docente di biochimica alla Nanyang Technological University di Singapore. «Fondamentalmente vuole modificare la specie umana, è incredibile che si faccia di nuovo avanti». Gli ha fatto eco Joy Zhang, ricercatrice nell’Università del Kent, che ha parlato di «trovata pubblicitaria cui prestare molta attenzione». Il rischio, secondo la dottoressa, è di fuorviare la conoscenza dei cittadini e far perdere loro fiducia nella scienza e nella ricerca.

Spazio, scoperte le onde gravitazionali respiro dell’universo

Il cosmo respira. È l’incredibile scoperta di un team internazionale composto da 190 scienziati, tra cui esperti dell’Inaf di Cagliari e dell’Università Milano-Bicocca. Nuova pietra miliare dell’astrofisica, potrebbe gettare nuova luce sullo studio dell’universo finora sconosciuto. Il ronzio di sottofondo che risuona nel vuoto cosmico sarebbe frutto di onde gravitazionali create dalla fusione di due enormi buchi neri, molto più grandi del nostro Sole. La teoria, già proposta nel 1916 da Albert Einstein, non aveva ancora trovato riscontro concreto nonostante decenni di studi. Grazie a essa, sarà ora possibile una maggiore comprensione dello spazio, delle galassie e dei corpi celesti. Lo studio in lingua inglese è disponibile integralmente sulla rivista Astronomy and Astrophysics.

Scoperto il ronzio dell'universo, frutto delle onde gravitazionali scaturite dalla fusione di due buchi neri. Coinvolte Cagliari e Milano.
Una delle prime immagini di un buco nero presentate dalla Nasa (Getty Images).

LEGGI ANCHE: Simulato un wormhole, ponte spazio-temporale di Einstein-Rosen

Cosa sono le onde gravitazionali che generano il “respiro” dello spazio

Le onde gravitazionali sono increspature nel tessuto dell’universo capaci di muoversi alla velocità della luce. Dapprima solo ipotizzate, furono scoperte per la prima volta nel 2015 quando un team italo-statunitense ne rilevò alcune scaturite dalla collisione di enormi buchi neri. Si trattava in quel caso solto di fenomeni ad alta frequenza, risultato di un violento impatto. La recente scoperta riguarda invece onde gravitazionali a bassa frequenza e ultra-lunghe, costantemente in movimento come un rumore di sottofondo. Per poterle misurare, gli scienziati hanno puntato 13 radiotelescopi su circa 115 pulsar, ossia i nuclei morti di stelle esplose in una supernova.

Si ritiene che le onde provengano stavolta dalla fusione, lenta ma inesorabile, fra due buchi neri miliardi di volte più grandi del nostro Sole. «Ora sappiamo che l’universo è inondato di onde gravitazionali», ha detto ad Afp Michael Keith dell’European Pulsar Timing Array (Epta), collaborazione europea che riunisce 11 istituzioni del Vecchio Continente. «Possono inoltre agire come un orologio molto preciso». Si ritiene che in futuro tali fenomeni potranno aiutare gli scienziati a comprendere ancor meglio il Big Bang e persino fare luce sulla materia oscura. Gli astrofisici le utilizzeranno anche per scavare più a fondo sul funzionamento di buchi neri e galassie. Oltre all’Epta, hanno partecipato alla ricerca l’Inpta indiana, la nordamericana NanoGrav, l’australiana Ppta e la cinese Cpta.

Il ruolo dell’Italia nella scoperta scientifica sull’universo

Fra i 13 radiotelescopi utilizzati per i rilevamenti, situati in Regno Unito, Germania, Francia e Olanda, c’è anche il Sardinia Radio Telescope, gestito dall’Inaf di Cagliari. «È una grande soddisfazione per l’astrofisica italiana», ha dichiarato all’Ansa Andrea Possenti, tra i fondatori dell’Epta. «Un nuovo traguardo che conferma il ruolo centrale dell’Italia». Gli ha fatto eco l’ex presidente dell’Inaf Nichi D’Amico, che ha preannunciato ulteriori studi «per molti decenni a venire». Soddisfatta anche la ricercatrice Caterina Tiburzi, secondo cui la scoperta permetterà magari di «svelare alcuni dei misteri finora irrisolti nell’evoluzione del cosmo».

Cosa sappiamo sul primo farmaco contro il coronavirus

Progettato dall'Università olandese di Utrecht, è un anticorpo monoclonale. Che, però, deve ancora essere sperimentato. Ci vorranno mesi.

Finora sono stati utilizzati medicinali nati in passato per altre malattie, come quelli anti-Aids o quelli contro l’artrite reumatoide, ma finalmente è stato messo a punto il primo farmaco progettato espressamente per aggredire il coronavirus Sars-CoV2. Al momento è chiuso nei laboratori dell’Università olandese di Utrecht e deve affrontare la lunga serie di sperimentazioni sugli animali e poi sull’uomo prima di arrivare in commercio. I ricercatori guidati da Chunyan Wang chiariscono che le tempistiche non sono certo brevi. Si parla di mesi prima della commercializzazione.

UN ANTICORPO STUDIATO IN TUTTO IL MONDO

Il farmaco è un anticorpo monoclonale specializzato nel riconoscere la proteina chiamata ‘spike‘ (punta, artiglio) o semplicemente indicata con la lettera S, che il virus utilizza per aggredire le cellule respiratorie umane. È la più potente arma del vaccino e per questo è stata subito studiata in tutto il mondo, dagli Stati Uniti alla Cina, fino a ottenere la struttura molecolare e perfino a vederla in azione mentre invade le cellule, grazie all’aiuto di potentissimi microscopi. Non è comunque l’unico fronte di ricerca.

INFUSIONI DI PLASMA DI PAZIENTI GUARITI

Lascia sperare anche la possibilità di utilizzare il plasma di pazienti guariti dalla Covid-19, con alti livelli di anticorpi: è l’obiettivo del protocollo firmato in Italia da alcuni centri regionali con capofila il Policlinico San Matteo di Pavia. Per le infusioni di plasma ai malati si attende adesso il via libera dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss).

LO STUDIO SUL FARMACO CONTRO L’ARTRITE

C’è ottimismo anche sul farmaco contro l’artrite reumatoide tocilizumab, la cui sperimentazione è partita da Napoli e si sta progressivamente estendendo in altre regioni, dalla Toscana alla Puglia e alla Calabria, fino alla Lombardia e alle Marche. La Roche ne ha annunciato la distribuzione gratuita. «Si sono fatti studi in Cina su grandi numeri di pazienti, in Italia lo stiamo studiando, ma è ancora presto per trarre conclusioni», ha osservato Giuseppe Remuzzi, dell’Istituto farmacologico ‘Mario Negri’ di Bergamo. Le armi principali attualmente utilizzate sono comunque le combinazioni sperimentali dei vecchi farmaci anti-Aids, progettati per bloccare l’enzima che permette al virus Hiv di penetrare nelle cellule.

NO AGLI ANTI-INFIAMMATORI

Intanto il ministro francese della Salute, Olivier Véran, ha sconsigliato l’assunzione di anti-infiammatori a base di ibuprofene o di cortisone: «Potrebbe essere un fattore aggravante dell’infezione. In caso di febbre, prendete del paracetamolo», ha scritto su Twitter. Una delle possibili controindicazioni di questi farmaci è che in alcuni casi potrebbero provocare insufficienza renale, ha rilevato Remuzzi.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Come gestire l’emergenza Covid-19? Ce lo insegnano i disabili

Rallentare, convivere con i limiti, gestire l'incertezza usando la creatività sono comportamenti che le persone disabili adottano quotidianamente. Prassi da adottare ora ma anche a pandemia debellata.

Le misure messe in atto per fronteggiare l’emergenza Covid-19 stanno destabilizzando tutti gli italiani, chi più, chi meno. L’intera collettività sta facendo i conti con le limitazioni e le restrizioni imposte per salvaguardare la salute di tutti. Negozi chiusi (eccetto gli alimentari), strade semi deserte, obbligo di stare a casa per l’intera cittadinanza.

Di colpo siamo costretti a dover convivere con il limite, l’incertezza, la dipendenza e, soprattutto, l’immobilismo. Il Covid-19 ci ha trovato impreparati e sta mettendo in ginocchio il mondo intero. Solo con lo sforzo e l’impegno di tutti riusciremo a debellarlo e limitarne i danni. Ma forse non tutto il male viene per nuocere. Credo che la pandemia, oltre a mietere vittime in tutto il mondo, ci stia portando un messaggio. È giunta l’ora di rallentare e darci una calmata a livello globale.

Parlare di immobilità o di lentezza al giorno d’oggi, in Occidente, pare una bestemmia. Corri perché, più velocemente riesci a portare a termine i tuoi compiti, più in gamba sei. Questo sembra essere il motto imperante. È il tempo omologato del progresso da cui sono tagliate fuori tutte le persone che non possono o non vogliono stare al passo. Le persone con disabilità spesso hanno tempi più lenti e anche per questo sono ai margini della vita socio – economica.

POSSIAMO RISCOPRIRE LA BELLEZZA DELLA LENTEZZA

Il giornalista scientifico David Squammed, nel suo libro Spillover, sostiene che la diffusione di questo e altri virus sia correlata con l’invasione degli ecosistemi da parte dell’uomo. Il mondo occidentale viaggia a un ritmo che esclude chi non si adegua, oltre a non essere ecologicamente più sostenibile. Ora siamo tutti obbligati a rallentare, quando non addirittura a fermarci. Credo che per noi cittadine e cittadini disabili l’imposizione non sia stata particolarmente traumatica perché lenti lo siamo già. Personalmente amo la lentezza perché offre la possibilità di assaporarsi le giornate, senza venirne travolti. La lentezza intesa come stile di vita penso sia una forma di rispetto degli esseri umani e dell’intero ecosistema.

L’incertezza, messa al bando dai “bipedi” da molti anni, è tornata al potere lasciando nel panico la maggioranza della popolazione

Chissà se ora ci accorgeremo che che non è un limite ma un’occasione per vivere in modo migliore. Il limite. Oggi più che mai questa parola assume i connotati di realtà, una realtà molto pesante da sopportare. Si fatica ad accettare il limite perché viviamo in un contesto storico-culturale e politico in cui di fatto quasi tutto è possibile. L’uomo e la donna occidentali e “normaloidi” s’illudono di essere quasi onnipotenti e di riuscire a controllare ogni aspetto della loro vita. L’incertezza, messa al bando dai “bipedi” da molti anni, è tornata al potere lasciando nel panico la maggioranza della popolazione.

Code ai supermercati a Padova.

Nessuno può sapere con sicurezza se e quando la pandemia sarà debellata, quali saranno le sue conseguenze a livello individuale e socio-economico mondiale né se e come cambierà la nostra vita dopo aver superato l’emergenza. L’infezione di Covid-19 ha smantellato l’illusione umana di poter avere il controllo totale della situazione, obbligando ognuno di noi a confrontarsi con la propria vulnerabilità. È stato uno choc per molti ma non credo che lo sia stato altrettanto per le persone con disabilità.

DOBBIAMO IMPARARE AD ACCETTARE L’INCERTEZZA

Con tutti i limiti del generalizzare noi donne e uomini disabili sappiamo di essere vulnerabili e che la nostra vita è governata dall’incertezza. Essere dipendenti dall’assistenza di altri e vivere in una società a misura di “normaloidi” significa dover imparare a gestire una buona dose di incertezza giornaliera. Se l’operatrice domiciliare che mi aiuta al mattino resta imbottigliata nel traffico ed io ho degli appuntamenti, per esempio, rischio di arrivare in ritardo. Un’altra occasione di sperimentare l’incertezza ci si presenta quando usciamo di casa e non sappiamo quante e quali barriere architettoniche incontreremo e se riusciremo a superarle. Molti di noi, poi, soffrono di condizioni sanitarie cronicamente instabili e convivono giornalmente con l’incertezza riguardo la propria salute.

Riscoprire la lentezza come valore da promuovere anche quando l’emergenza sanitaria sarà stata superata

Come abbiamo fatto a non estinguerci nonostante le nostre vite siano in sua balia? I principali trucchi sono due: il primo è anticiparsi il maggior numero di scenari possibili, sapendo che ce ne potrebbero essere degli altri che non ci siamo immaginati, ed escogitando anticipatamente possibili modi di gestirli. Il secondo è accettare l’incertezza, senza contrastarla ma imparando a gestirne le conseguenze usando la creatività. Noi persone disabili cerchiamo da sempre di anticipare il più precisamente possibile come si svolgeranno le nostre giornate, consapevoli che dovremmo sapere abbandonare i nostri piani e affrontare l’imprevisto nel caso in cui si presentasse.

Un striscione di ringraziamento per i medici legato al cancello dell’ospedale Spallanzani.

Rispettare le ordinanze, inventarsi nuovi modi di entrare in relazione con gli altri (avete già provato lo whatsapp spritz con gli amici? Ognuno a casa propria ma uniti dalla voglia di ridere, nonostante tutto), riscoprire la lentezza come valore da promuovere anche quando l’emergenza sanitaria sarà stata superata, accettare i nostri limiti. Sono comportamenti adatti a pochi sfigati o un’occasione per dare una svolta all’organizzazione individuale e sociale indirizzandola verso una gestione più sostenibile per tutti, da mantenere anche a emergenza conclusa? La pandemia ci sta offrendo un’occasione per ripensare a nuovi stili di vita. Sta a noi scegliere se invertire la rotta o andare alla deriva.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Powered by WordPress and MasterTemplate