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Cosa sappiamo sul primo farmaco contro il coronavirus
Progettato dall'Università olandese di Utrecht, è un anticorpo monoclonale. Che, però, deve ancora essere sperimentato. Ci vorranno mesi.
Finora sono stati utilizzati medicinali nati in passato per altre malattie, come quelli anti-Aids o quelli contro l’artrite reumatoide, ma finalmente è stato messo a punto il primo farmaco progettato espressamente per aggredire il coronavirus Sars-CoV2. Al momento è chiuso nei laboratori dell’Università olandese di Utrecht e deve affrontare la lunga serie di sperimentazioni sugli animali e poi sull’uomo prima di arrivare in commercio. I ricercatori guidati da Chunyan Wang chiariscono che le tempistiche non sono certo brevi. Si parla di mesi prima della commercializzazione.
UN ANTICORPO STUDIATO IN TUTTO IL MONDO
Il farmaco è un anticorpo monoclonale specializzato nel riconoscere la proteina chiamata ‘spike‘ (punta, artiglio) o semplicemente indicata con la lettera S, che il virus utilizza per aggredire le cellule respiratorie umane. È la più potente arma del vaccino e per questo è stata subito studiata in tutto il mondo, dagli Stati Uniti alla Cina, fino a ottenere la struttura molecolare e perfino a vederla in azione mentre invade le cellule, grazie all’aiuto di potentissimi microscopi. Non è comunque l’unico fronte di ricerca.
INFUSIONI DI PLASMA DI PAZIENTI GUARITI
Lascia sperare anche la possibilità di utilizzare il plasma di pazienti guariti dalla Covid-19, con alti livelli di anticorpi: è l’obiettivo del protocollo firmato in Italia da alcuni centri regionali con capofila il Policlinico San Matteo di Pavia. Per le infusioni di plasma ai malati si attende adesso il via libera dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss).
LO STUDIO SUL FARMACO CONTRO L’ARTRITE
C’è ottimismo anche sul farmaco contro l’artrite reumatoide tocilizumab, la cui sperimentazione è partita da Napoli e si sta progressivamente estendendo in altre regioni, dalla Toscana alla Puglia e alla Calabria, fino alla Lombardia e alle Marche. La Roche ne ha annunciato la distribuzione gratuita. «Si sono fatti studi in Cina su grandi numeri di pazienti, in Italia lo stiamo studiando, ma è ancora presto per trarre conclusioni», ha osservato Giuseppe Remuzzi, dell’Istituto farmacologico ‘Mario Negri’ di Bergamo. Le armi principali attualmente utilizzate sono comunque le combinazioni sperimentali dei vecchi farmaci anti-Aids, progettati per bloccare l’enzima che permette al virus Hiv di penetrare nelle cellule.
NO AGLI ANTI-INFIAMMATORI
Intanto il ministro francese della Salute, Olivier Véran, ha sconsigliato l’assunzione di anti-infiammatori a base di ibuprofene o di cortisone: «Potrebbe essere un fattore aggravante dell’infezione. In caso di febbre, prendete del paracetamolo», ha scritto su Twitter. Una delle possibili controindicazioni di questi farmaci è che in alcuni casi potrebbero provocare insufficienza renale, ha rilevato Remuzzi.
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