Anche per la Rai meloniana dovrebbe esserci un limite al masochismo

In Rai ogni giorno ha la sua pena. Domenica Fabio Fazio che con la sua strepitosa audience le sferra un colpo da cui per chiunque sarebbe difficile riprendersi. Martedì Fabrizio Corona, diventato con lo scandalo calcioscommesse il prozac per ravvivare programmi altrimenti esangui. La Rai a trazione meloniana si sta dunque rivelando un vero disastro, tanto da far affiorare da più parti l’ipotesi che ci sia un disegno per affossare la tivù pubblica a tutto vantaggio della concorrenza, in primis quella di Mediaset, che nella maggioranza ha al suo servizio niente meno che un partito. Ma anche Discovery ringrazia e porta a casa.

Per dirla alla Enzo Biagi, si è perso il dipendente bravo

La clamorosa débâcle non si spiega tanto con l’occupazione di Viale Mazzini da parte dei vincitori delle elezioni, una prassi che rientra nella normalità quando a Palazzo Chigi cambia l’inquilino. È che stavolta nella furia iconoclasta dello spoils system c’è stata quella che si potrebbe chiamare l’occupazione dei peggiori. Enzo Biagi ai tempi del pentapartito soleva ripetere che nella lottizzazione della Rai, fatto 10 il numero dei dipendenti, cinque erano in quota alla Dc, tre ai socialisti, uno al Pci, ossia l’opposizione, e uno era bravo. In questo caso del bravo pare essersi perse le tracce.

Anche per la Rai meloniana dovrebbe esserci un limite al masochismo
Nunzia De Girolamo col marito Francesco Boccia (Imagoeconomica).

Il risultato è impietosamente evidenziato dai numeri

In genere ci si focalizza su coloro, conduttori e giornalisti, che hanno maggiore visibilità o che improvvisamente l’hanno guadagnata, forti della scuderia partitica o correntizia di appartenenza. Ma la Rai versione di Giorgia ha dato spazio a una miriade di personaggi (in questo Rainews 24 ha brillato) che la televisione non la sanno proprio fare. Il risultato è impietosamente evidenziato dai numeri, e la morale per i nuovi occupanti è che c’è un limite al peggio. Ma anche al masochismo. Il successo di Che tempo che fa è figlio di un doppio desolante zelo: quello degli amministratori dell’era Draghi che, fiutando l’arrivo dei nuovi padroni, non gli hanno rinnovato il contratto. E quello degli attuali che si sono guardati bene dal cercare di trattenerlo. Figura trasversale tra i due regni quella della presidente Marinella Soldi che però non vede, non sente e non parla, preferendo restarsene chiusa nella confort zone della parità di genere.

Anche per la Rai meloniana dovrebbe esserci un limite al masochismo
La presidente Rai Marinella Soldi (Imagoeconomica).

La finta per dare biada al cavallo di battaglia di Salvini

Gli altri consiglieri dell’opposizione ogni tanto alzano la testa e fanno ammuina, come nel caso dello show inter reti di Corona. Ma poco possono fare quando la conduttrice incriminata è la moglie del loro capogruppo al Senato. Meglio allora occuparsi di digitale, intelligenza artificiale e algoritmi, che non si pestano trappole e si va sul sicuro. Ed è una Rai talmente schienata sui padroni del vapore da accettare con rassegnazione il taglio di 20 euro del canone in bolletta. È vero, si tratta di una finta per dare biada a uno dei cavalli di battaglia di Matteo Salvini, che il canone lo vorrebbe abolire tanto quanto vuole fare il ponte sullo Stretto. I 20 euro non li pagheranno più gli utenti ma la fiscalità generale, cioè i contribuenti utenti. Del resto, con una posizione finanziaria negativa di oltre 600 milioni, non si può scherzare. Ma è pur sempre una mossa simbolica e immotivata: se prima infatti il leader della Lega voleva abolire il balzello perché con quei soldi si finanziava un’informazione di sinistra e a senso unico, adesso che il senso unico ha cambiato colore e direzione dovrebbero essere 90 euro spesi per una giusta causa.

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