Alessia Pifferi, la mamma della piccola Diana morta di stenti, al giudice: «Le chiedo di non sgridarmi»

Una richiesta, prima dell’ammissione. «Le chiedo gentilmente di non sgridarmi. Sì, l’ho lasciata sola. Pochissime volte, non ricordo quante. Andavo via e di solito l’indomani tornavo subito a casa. Le lasciavo due biberon di latte, due bottigliette di acqua e una di teuccio. Ero preoccupata, avevo paura di molte cose, che riuscisse a bere il latte. Pensavo bastasse». Sono le parole di Alessia Pifferi pronuniciate davanti alla corte d’Assise di Milano, nel processo in cui è imputata per l’omicidio volontario aggravato della figlia Diana di soli 18 mesi, morta di stenti dopo essere stata abbandonata da sola a casa per sei giorni.

«La accudivo come fa una mamma»

La 37enne, rispondendo alle domande del pm Francesco De Tommasi, ha spiegato di averla dunque lasciata sola altre volte prima di quella fatale. «Quando rientravo di solito era tranquilla che giocava con i suoi giochini nel lettino. La lavavo, la cambiavo e le davo la pappa». Come ha spiegato la donna, in quelle occasioni andava in provincia di Bergamo dal compagno, con il quale aveva da tempo una relazione tira e molla. Alla domanda su come si comportasse solitamente con Diana, Alessia Pifferi ha risposto: «La accudivo come una mamma accudisce normalmente un figlio. Le davo da mangiare, la lavavo e la cambiavo. Cose normali. Se stava male contattavo l’ospedale. La crescevo».

«La mia bambina mi manca tantissimo»

«Ho trovato mia figlia nel lettino. Era mattina, ma non ricordo l’ora. L’ho accarezzata e ho capito che non si muoveva perché non giocava come le altre volte. Non era fredda, ho tentato di rianimarla, le ho fatto il massaggio cardiaco, la portai in bagno per bagnarle piedini, manine, viso e testina per cercare di farla riprendere», ha raccontato Pifferi. «Andai dalla mia vicina di casa, ma non c’era nessuno nel cortile e allora andai di fronte a casa mia. Le dissi che avevo bisogno di aiuto. Vide subito la bambina, andai in panico, tremai, mi misi a piangere. Chiamai il 118 e D’Ambrosio, ma lui non venne», ha riportato la donna riferendosi all’uomo che frequentava all’epoca. In risposta alle domande del suo difensore Alessia Pontenani, ha poi affermato: «Mi manca mia figlia, mi sento spenta, mi sento buia. Ero orgogliosa di mia figlia, non è mai stata un peso per me. Se tornassi indietro non lo rifarei di sicuro».

 

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