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La pista da bob che punge nell’orgoglio il governo sovranista
Tra i tanti drammi italiani (cose gravi ma mai serie, direbbe Ennio Flaiano) la vicenda del bob olimpico merita un capitolo a parte. Specie nel giorno in cui una delegazione governativa di gran rango – ci sono niente meno che il vicepremier Antonio Tajani e il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo – sarà a Cesana, ridente località piemontese, per verificare come rimettere in sesto la pista da bob dove nel 2006 ci furono le gare delle Olimpiadi invernali. Costato uno sproposito, 110 milioni di ero, l’impianto durò poco più di un segretario del Pd e dopo aver ospitato una manciata di manifestazioni chiuse ingloriosamente per manifesta inutilità e complicanze idrogeologiche che andavano di pari passo col crescere delle spese di gestione.

Una disciplina che in Italia è praticata da una cinquantina di persone…
Ora la pista in disarmo però torna buona, per il semplice motivo che a due anni dalle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026 gli organizzatori stanno freneticamente cercando la sede per accogliere una disciplina che in Italia, stando agli ultimi numeri disponibili, è praticata da una cinquantina di persone (per l’esattezza 17 di bob, 13 di skeleton e 23 di slittino), che non si capisce per altro dove pratichino visto che piste non ce ne sono. Probabilmente all’estero, dove non è che abbondino ma qualcuna pur c’è, e anche non lontano da noi. Infatti si era pensato di trasferire le gare a Saint Moritz o Innsbruck, i cui impianti olimpici sono durati nel tempo.
O chiediamo aiuto all’Intelligenza artificiale, o all’estero
Naturalmente tutta questa spasmodica ricerca deriva dal fatto che il progetto per la costruzione di una nuova pista nella sede naturale dei Giochi, a Cortina, dopo lo smantellamento della vecchia che aveva ospitatoquellidel 1956, è stato archiviato. In primis per il solito problema dei costi esorbitanti – anche qui siamo sul filo dei 100 milioni – e poi, dettaglio non trascurabile, perché nessuna impresa si era offerta di costruirla. D’accordo le gare al ribasso, ma non così tanto che un’aziendasi ritrovi a lavorare in perdita. A questo punto le alternative erano due: o chiedere al Comitato olimpico internazionale la soppressione del bob e la sua trasformazione in gara virtuale, magari usando le astuzie dell’Intelligenza artificiale, come la neve prodotta dai cannoni causa vertiginoso rialzo dello zero termico e relativa scomparsa di campi innevati. Oppure chiedere aiuto oltreconfine, con qualche buontempone che (c’eravamo cascati anche noi) aveva infilato nella ridda delle località possibili anche Pechino, sede delle ultime Olimpiadi.

A Cesana spuntarono rovine romane: che occasione per Santanchè…
Ma per un governo sovranista che fa dell’italianità la sua ragion d’essere portare la gara all’estero sarebbe inammissibile. Una palese dimostrazione di incapacità della razza italica che certo non può recedere di fronte agli imprevisti. Di qui l’ultimo disperato tentativo di ripercorrere la via piemontese, con Milano che tace – in fondo la capitale morale c’entra con lo sci più o meno come le Maldive – e i veneti che mugugnano per il vulnus cortinese. Sarà dunque Cesana la panacea che risolverà ciò che finora è apparso irrisolvibile? Le cronache narrano che i lavori della sua costruzione vennero rallentati perché a un certo punto, scavando nel terreno, spuntarono resti di rovine romane. Che imperdibile occasione, direbbe la ministra Daniela Santanchè. Farci passare una pista di bob in mezzo potrebbe aggiungere glamour, dando luogo a una promettente contaminazione storico-culturale. Perché è sì Cesana che riapre il solco (del bob), ma è Roma che è caput mundi.