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Come l’Albania sta diventando sempre più avamposto strategico della Nato nei Balcani
Mentre il primo ministro albanese Edi Rama chiede che la missione Kfor guidata dalla Nato assuma il pieno controllo del Nord del Kosovo dopo le ultime tensioni regionali, i rapporti fra Albania e alleanza atlantica sono sempre più intensi, ed entro la fine del 2023 la storica base aerea di Kuçovë, a circa 80 chilometri dalla capitale Tirana, è destinata a diventare un centro operativo militare in grado di ospitare una flottiglia di aerei F-16. Lo Stato balcanico negli ultimi anni ha infatti spinto molto per assumere, con una combinazione di pressione esterna e iniziativa individuale, un ruolo rilevante all’interno del patto atlantico, con lo scopo di diventare un «valore aggiunto», parole del primo ministro, per l’alleanza. E lo stesso vale per la Nato, che secondo quanto ha affermato il suo segretario generale Jens Stoltenberg nel marzo del 2023, vede nell’Albania un tassello chiave.
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Cambio di passo nel 2018 con la ministra della Difesa Xhaçka
Il rapporto fra Albania e Nato è in realtà iniziato nel 2009, quando, dopo gli anni della neutralità post-comunista, il governo guidato dall’ex primo ministro Sali Berisha optò ufficialmente per la scelta atlantica. Nel corso degli anni, il Paese ha mantenuto un profilo secondario e una posizione più defilata all’interno della galassia degli alleati, una tendenza che si è interrotta con il netto cambio di passo del 2018, quando l’allora ministra della Difesa Olta Xhaçka, in un incontro al Pentagono con il segretario statunitense della difesa James Mattis, dichiarò che erano «tempi maturi per una presenza degli Stati Uniti in Albania» e che il Paese avrebbe potuto rappresentare «una roccaforte degli Usa nella regione».
Xhaçka aggiunse poi che il governo dell’epoca, guidato già allora da Edi Rama, aveva «diverse idee su come rendere disponibile la sua terra, il suo cielo e le sue basi navali, ma anche altre capacità sia bilateralmente sia attraverso la Nato». L’enorme disponibilità albanese nei confronti della Nato si è poi intensificata ulteriormente nel corso del 2022, un anno che, parallelamente all’invasione russa dell’Ucraina, ha rappresentato per il patto atlantico uno storico momento di rinvigorimento e rilancio su scala internazionale.
Dalle presenze sovietiche e cinesi all’asse con la Nato
Quella di Kuçovë però non è una base qualsiasi. A livello simbolico il sito militare negli anni della Guerra fredda è stato il simbolo della presenza sovietica ai bordi del Mediterraneo. Fu realizzato fra il 1952 e il 1955 e usato dal governo albanese prima per ospitare decine di caccia sovietici e poi, dopo la rottura albanese con Mosca, altri di fabbricazione cinese utilizzati fino al 2005. Prima dell’inizio dei lavori ai bordi della pista c’erano ancora le carcasse dei vecchi modelli di aerei da guerra risalenti a più di 50 anni fa. Fra il 2002 e il 2004 la base subì poi degli importanti lavori di ristrutturazione proprio per rientrare all’interno degli standard richiesti dall’alleanza e al suo completamento, che dovrebbe avvenire entro la fine dell’anno con un finanziamento da 50 milioni di euro messo in campo dalla Nato, avrà un’estensione totale di 350 ettari grazie a una serie di espropri di aree circostanti. Il 20 gennaio a Kuçovë, località che dal 1950 al 1990 si è chiamata “Qyteti Stalin” (Città di Stalin), si è svolta la cerimonia di inizio dei lavori alla presenza del premier Rama, del ministro della difesa Niko Peleshi e dell’ambasciatore degli Usa in Albania Yuri Kim.
A Pashaliman anche 12 sottomarini della Russia
Lo stesso valore simbolico lo ricopre la base navale di Pashaliman, situata nel Sud del Paese a circa 180 chilometri dalla capitale, che Tirana ha messo totalmente a disposizione nel maggio del 2022 per gli interessi della Nato a causa dei «tempi difficili» che il continente europeo sta affrontando. La sua costruzione risale anch’essa agli Anni 50, sempre nell’ambito della cooperazione militare in atto fra Tirana e Mosca. Arrivò a ospitare fino a 12 sottomarini sovietici, segnando la più grande minaccia militare del Mediterraneo per il patto atlantico. Con la caduta del regime socialista, l’area venne abbandonata e saccheggiata fino a quando la Turchia, che in Albania ha molteplici interessi economici, militari e politici, intervenne con un’opera di ristrutturazione verso la fine del secolo.
Nuovo impianto militare a Porto Romano, vicino a Durazzo
La dedizione albanese per la Nato non si ferma però a Kuçovë e Pashaliman, ma anche nel Nord del Paese si potrebbe assistere a un ulteriore passo negli ampliamenti dei presidi atlantici. Nel corso del vertice Nato di Madrid nel 2022 infatti, il premier albanese Rama ha comunicato di aver aperto una trattativa con i vertici dell’alleanza per la costruzione di un nuovo impianto militare navale a Porto Romano, località vicino alla città costiera di Durazzo e, in caso di approvazione definitiva del progetto, il porto arriverebbe a essere il più importante e strategico della nazione, con un’area commerciale e una militare. Non si conoscono ancora a sufficienza i dettagli, ma dalle prime indiscrezioni che emergono dai colloqui il progetto dovrebbe essere cofinanziato da entrambe le parti.
Cintura attorno alla sempre tesa area serbo-kosovara
Risulta quindi evidente come la Nato ritenga di notevole importanza il ruolo dell’Albania per il ruolo strategico che il Paese ricopre all’interno dell’area balcanica e, allo stesso modo, come un’intensa militarizzazione del suo territorio aumenti di fatto la presenza navale Nato nel Mediterraneo e rafforzi la cintura attorno alla sempre tesa area serbo-kosovara, in cui la Nato è necessariamente coinvolta nel ruolo di attore protagonista in chiave anti-serba.