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L’escamotage delle pubblicità di scommesse e le contraddizioni di chi fa la predica
Improvvisamente si sono accorti tutti dell’elefante nella stanza. Il (presunto) grosso male che attanaglia il calcio italiano, quello delle scommesse. Sull’onda emotiva dell’ultimo scandalo che ha coinvolto, per ora, giocatori come Nicolò Fagioli, Sandro Tonali e Nicolò Zaniolo, è diventato facile puntare il dito su un sistema in cui tutti perdono, tranne il banco. O, per rovesciare la prospettiva: in cui molti ci guadagnano, tranne chi scommette. Certo, il doveroso distinguo è che i calciatori finiti nei guai e che ora devono fare i conti con lunghe squalifiche – lo juventino ha patteggiato sette mesi, l’ex milanista rischia almeno un anno, se davvero sarà dimostrato che puntava pure sulla sua squadra – giocavano cifre considerevoli sui siti illegali, perché in quanto tesserati impossibilitati ad accedere ai circuiti gestiti dallo Stato, anche in un’ottica di garanzia del regolare svolgimento delle partite e dei campionati. Intanto però l’altro ramo, quello perfettamente legale del gioco pubblico, si è fatto sempre più martellante nella quotidianità di qualsiasi appassionato, in barba a norme che in teoria vieterebbero tutta questa invasività.
Siti di intrattenimento e news per aggirare il decreto Dignità
Ci avete fatto caso? È impossibile assistere a una partita di calcio senza venire bombardati da quelle che a tutti gli effetti sono pubblicità di scommesse, nei pannelli luminosi a bordo campo oppure nelle rubriche inserite dentro i programmi sportivi in tivù (ma anche sul web), affollati da ragazze che comparano le quote offerte dai bookmaker, prima del match e nell’intervallo. Ma come, la pubblicità sul gioco d’azzardo non era stata proibita nel 2018 dal primo governo Conte, quello gialloverde formato da Movimento 5 stelle e Lega, tramite il decreto Dignità? L’obiettivo doveva essere quello di tutelare le categorie più vulnerabili, cioè i minori e gli anziani, ma è bastato creare dei siti di intrattenimento ad hoc e di news sportive con nomi che chiaramente rimandano alle agenzie di scommesse (starcasino.sport, pokerstarsnews.it, leovegas.news, per esempio), per aggirare la norma e far sì che potessero continuare ad apparire sui cartelloni pubblicitari e nei vari banner.
Pure La Gazzetta e Dazn hanno le loro piattaforme di scommesse
Persino il giornale sportivo più letto d’Italia, La Gazzetta dello Sport, ha una sua piattaforma di scommesse, così come Dazn, che ha i diritti per trasmettere le partite della Serie A: prima di accedere a qualsiasi contenuto l’immancabile spot di Dazn Bet Fun ti invita a pronosticare quanti calci d’angolo ci saranno, o magari quanti cartellini, con in palio, tra le altre cose, buoni Amazon.
Fai il tuo pronostico su https://t.co/x3AVA4MFZu
Prova a vincere i premi in palio! pic.twitter.com/wLNlZ4HQxm— DAZNBET.FUN (@DAZNBETFUN) August 18, 2023
Il controverso ok dell’Agcom e la restaurazione annunciata da Abodi
In più ci si è messa pure l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), che nel 2019 ha dato il suo ok alle già citate rubriche di confronto delle quote, contenitori considerati di informazione e non pubblicità. Risultato: divieti quasi completamente elusi e continui messaggi, più o meno impliciti, che assillano ogni tifoso durante la fruizione dell’evento. E la situazione potrebbe anche peggiorare visto che il ministro dello Sport Andrea Abodi si è detto pronto a «rendere nuovamente legali pubblicità e sponsorizzazioni delle aziende del betting», coi relativi introiti per i club e tutto il sistema calcio.
Un milione e mezzo di persone soffrono di dipendenza dal gioco d’azzardo
Di fronte a questo quadro, era complicato che soprattutto gli addetti ai lavori non si accorgessero di tanta invadenza. A cui spesso, anzi, hanno contribuito. I numeri certificano l’incremento di un fenomeno che ha ripercussioni anche sociali. L’Agenzia delle accise, dogane e monopoli (Adm) ha calcolato in 136 miliardi di euro la cifra totale delle puntate degli italiani nel 2022, in netta crescita sugli anni precedenti. Qualcuno sviluppa una forma di dipendenza dal gioco d’azzardo: secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, aggiornati al 2018, si tratta di un milione e mezzo di persone. Tra questi, stando agli sviluppi delle inchieste della procura di Torino, ci sarebbe anche qualche giocatore professionista, che si rifugia nell’illegalità gestita dalla criminalità organizzata per poter dare sfogo al “vizio”, come lo definisce qualcuno, o alla patologia, come sarebbe meglio dire. E qui si arriva al secondo punto centrale, quello delle prediche che si rincorrono nei confronti di «giovanissimi milionari dotati di talento che stanno buttando via un dono e la carriera».
Il giornalista di Mediaset ed ex addetto stampa dell’Inter Sandro Sabatini è stato tra i più duri a condannare quello che sta succedendo ai calciatori italiani finiti nel tunnel: «È un affare per tutti, meno gli scommettitori. Il banco vince, la punta perde. Alla lunga, va soltanto così. Non potrebbe essere altrimenti», ha scritto su calciomercato.com dopo l’uscita dei primi nomi coinvolti. Per poi aggiungere: «Tutti inzuppano nella torta, che però è dolce per pochi e amara per gli scommettitori, che pure accettano quasi “godendo” di perdere soldi. È il segnale del vizio. La malattia. Ludopatia».
L’ascesa dei tipster, che danno consigli sulle quote
Sabatini è lo stesso che si vede ospite del talk show online su Twitch e YouTube Kick off, assieme ad altri personaggi di un certo rilievo come il telecronista Riccardo Trevisani o il campione del mondo Luca Toni, e dove il conduttore è il Pengwin, influencer da oltre 870 mila follower su Instagram che di “mestiere” fa il tipster, cioè colui che dà le dritte (dall’inglese “tip”) sulle scommesse. Si autodefinisce il più seguito in Italia, «nonché quello con maggiore esposizione mediatica». E in effetti lo si vede su Sportitalia, è il volto social di Prime video per la partite di Champions league, fa i pronostici sul Corriere dello Sport. Tra le altre cose, è ideatore di un presunto “metodino”, un sistema che dovrebbe «costruire un rendimento costante nel tempo a basso rischio», come spiega lui stesso, permettendo «a migliaia di persone di speculare». Tutto fornito gratis, o al massimo «a pagamento invece per 4/5 benestanti milionari, perché solo un milionario può permettersi di acquistare il mio tempo».
Non esiste metodo, perché «il ruolo della fortuna è predominante»
Il problema è che “metodo”, da definizione, è un procedimento atto a garantire il risultato. E nelle scommesse sportive nulla è garantito. Sul sito di Sisal si legge: «Non è possibile elaborare precisi calcoli percentuali che indicano le probabilità di vincita di una scommessa sportiva. Sono infatti infinite variabili che condizionano un evento. Un atteggiamento razionale può avere una certa positiva influenza sull’esito della giocata. Tuttavia, ancora una volta non bisogna ingannarsi. Anche nelle scommesse il ruolo della fortuna è predominante. I singoli episodi in campo, spesso, hanno la meglio perfino sulla più meditata delle decisioni».
Guru dei pronostici che guadagnano sui nuovi iscritti (e sulle perdite?)
Ma come guadagnano i tipster, che spesso si vantano di offrire agli utenti i loro preziosi suggerimenti senza pretendere soldi in cambio? Di solito grazie ad accordi coi siti di scommesse, venendo pagati a ogni nuova iscrizione che riescono a procacciare. Poi ci sono i banner pubblicitari presenti nei loro portali a ingrossare il flusso degli introiti. Alcuni guru del betting sfruttano abbonamenti “premium” ai propri canali, indicando ulteriori giocate per i follower che versano un canone mensile o annuale. C’è infine, in certi casi, una possibilità tanto logica quanto inquietante, analizzata dalla Bbc già nel 2016: e cioè che i tipster, prendendo una percentuale da un bookmaker, guadagnino quando il giocatore perde. Quindi paradossalmente non hanno nessun vantaggio se la loro soffiata risulta vincente, ma al contrario sono spinti a incoraggiare la propria community a reinvestire sempre di più, in modo da incassare una quota maggiore dalle scommesse andate male. A lungo termine quindi ai tipster conviene essere seguiti da giocatori d’azzardo perdenti.
Il creator che vuole «educare il pubblico», ma sbaglia come tutti
Su X, l’ex Twitter, è pieno di video impietosi che ripercorrono tutte le previsioni sbagliate del Pengwin: lui suggerisce una puntata, ma la partita va inesorabilmente nella direzione opposta. Capita. Il Pengwin in realtà si chiama Kristian, è un creator di origini polacche nato a Latina e ha 26 anni. Promette di «educare il pubblico» – i suoi follower sono prevalentemente giovanissimi – con degli insegnamenti. Ogni tanto gli è capitato di uscire dal seminato e di spaziare su altre sfere, tipo i diritti. Per esempio commentando il bacio tra Fedez e Rosa Chemical sul palco di Sanremo 2023, aveva scritto su Instagram: «È esattamente la società del domani che non voglio e nella quale non mi identifico! E lo dico senza paura perché sono stufo di una società che va sempre di più al contrario!». Una specie di antesignano del generale Vannacci in salsa betting, insomma.
Il pinguino ha fatto centro pic.twitter.com/XmjXiej88A
— Karim (@Mirko_par99) May 15, 2023
Durante lo scorso campionato ha puntato 10 mila euro sulla vittoria del Napoli contro la Cremonese quotata a 1,19, guadagnando in questo modo quasi 2 mila euro netti. Si è giustificato così: «L’ho fatto alla faccia di tutti gli invidiosi che ci sono in Italia. La prossima volta ne metto anche 100 mila, qual è il problema? Mentre voi per fare 2 mila euro vi dovete fare un culo così per un mese, io li faccio sul Napoli».
— OcwSport.com (@ocwsport) February 15, 2023
Sabatini, prima di tirare fuori tutta la sua indignazione per gli speculatori del mondo delle scommesse, andava (e andrà ancora?) in trasmissione col Pengwin mostrandosi interessato al suo “metodino”: «Mi devi spiegare cos’è. Se c’è da guadagnare… io volentieri, capito? Perché io mi fido di questo ragazzo».
Guai però a parlare di ludopatia col Pengwin, che su Instagram si scalda facilmente, minimizza e bolla come «patetici» e «ridicoli» quelli che avanzano qualche dubbio sul presunto incitamento al gioco d’azzardo veicolato tramite i social: per parlare della patologia è stato persino invitato dalla redazione del quotidiano Libero in qualità di esperto del mondo scommesse. In un intervento sul sito del Corriere dello Sport (ovviamente nella sezione scommesse), ha scritto che «la ludopatia è una malattia, non un alibi da utilizzare sotto consiglio del proprio legale».
I calciatori esposti a due fattori di rischio maggiori
Il tema è che l’insorgere di una dipendenza dal gioco d’azzardo (Tonali ha ammesso di aver iniziato un percorso di terapia per curarsi) può colpire chiunque a prescindere dal portafogli: anzi, è stato sottolineato come tra i calciatori esistano due fattori di rischio maggiori: innanzitutto il contesto di perenne e forte competitività e il sottile equilibrio tra vittoria e sconfitta che respirano durante la loro vita in campo, che li potrebbe portare a ricercare quella stessa adrenalina anche “fuori”. A questo si aggiungono le ingenti disponibilità economiche che li possono spingere a osare sempre di più, sottovalutando la portata delle perdite.
A qualcuno servono puntate sempre più alte e frequenti
Chi ha un disturbo psicologico non riesce a tenere a bada l’impulso di giocare d’azzardo in maniera abitudinaria, manifestando un’irrefrenabile necessità di scommettere. Servono puntate sempre più alte e frequenti per continuare a provare le stesse emozioni. Nella sua ultima “sfida” lanciata sui suoi canali, il Pengwin si è dato l’obiettivo di una “scalata” fino a 100 mila euro, con 10 puntate consecutive che raddoppiano la somma precedentemente giocata. Oltre 162 mila persone sono pronte a seguirlo in questo tentativo.
Vuole fare 100K con 10 raddoppi consecutivi, ora capisco che non tutti amiate la matematica come me, ma vi rendete conto che è un pelino difficile? pic.twitter.com/NlPuGsYz91
— Oscar Venom (@Venom_1908) October 16, 2023
Caressa e quel consiglio su come non farsi beccare
«Delle tante cose che si sono scritte vedo che c’è un po’ di ignoranza sulle scommesse», ha detto Fabio Caressa, storico telecronista di calcio e uno dei condirettori di Sky Sport. «Sento parlare di ludopatia, ma non è che se uno gioca è ludopatico. C’è una serie di cose che devono andare al posto giusto per definire la ludopatia». E ancora: «Non è semplice, perché questa è una dipendenza psicologica ed è difficile da dimostrare. C’è una dimensione economica ormai insopportabile perché c’è una quantità di denaro ingestibile e facciamo credere ai giovani che i soldi siano tutto». Durante la puntata di sabato 14 ottobre della trasmissione Deejay Football Club condotta assieme al direttore del Corriere dello Sport Ivan Zazzaroni, Caressa aveva fatto discutere per un commento con tanto di suggerimenti su come non farsi beccare: «È un problema soprattutto culturale e di educazione. Tonali piange? Perché ti hanno beccato, piangi. Sono sconcertato dalla stupidità di queste azioni. Se proprio vuoi giocare, non c’hai un amico tuo che si può iscrivere a un sito legale e giochi in maniera moderata con lui? Ma dai, ma chi li segue questi ragazzi?».
Anche Caressa è stato ospite del Pengwin, il maghetto dei pronostici. A cui ha riconosciuto le capacità di predizione: «È facile analizzare la partite dopo, è più difficile fare come fai te, che le analizzi prima. Non t’ho seguito su alcune scommesse quest’anno, ho fatto male…».
@ilpengwin Avete visto la mia puntata speciale con Fabio Caressa? Vi è piaciuta?