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Il calcioscommesse e la differenza cruciale tra siti illegali e gioco pubblico
In pochi lo stanno sottolineando e forse pure notando – l’argomento certo è da addetti ai lavori – ma lo scandalo scommesse che ha travolto il calcio italiano durante la pausa per le nazionali di ottobre ci dice molto sul modo di ragionare e di procedere del nostro Paese. O meglio, sarebbe più opportuno dire, di non funzionare affatto, considerato che spesso e volentieri il tafazzismo di cui si rende protagonista riesce a toccare vette davvero notevoli. Basti pensare, appunto, a cosa sta accadendo nel mondo del pallone dopo l’esplosione del caso che ha visto (per ora) coinvolti i nomi dei giocatori Nicolò Fagioli, Sandro Tonali e Nicolò Zaniolo, più Nicola Zalewski non ancora indagato ma tirato in mezzo dalle sparate di Fabrizio Corona. L’ennesimo esempio di cos’è successo troppo spesso nel dibattito pubblico italiano in tutti questi anni.
I concessionari pubblici autorizzati avrebbero riconosciuto i calciatori
Una vicenda – va evidenziato con chiarezza – che ci ricorda ancora una volta quanto possano essere pervasive in Italia, in tutte le loro forme, l’illegalità e la criminalità organizzata. D’altro canto, è su siti fuorilegge, non autorizzati dallo Stato italiano attraverso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, che i calciatori accusati erano soliti fare le loro puntate. Non certo attraverso i concessionari pubblici autorizzati, presso i quali non avrebbero mai potuto giocare, perché i rigidi sistemi di controllo previsti dalla normativa non gli avrebbero certo consentito di farlo in anonimato. Sarebbero stati riconosciuti subito grazie alle verifiche incrociate e approfondite che gli operatori sono tenuti a svolgere, e bloccati ancor prima di poter cominciare.
Una battaglia per la legalità che dovrebbe essere condivisa da tutti
Ricostruzione sintetica, ma sufficiente per fissare un assioma difficile da contestare: che per contrastare il mondo di mezzo e anche quello di sotto è necessario vi sia sempre maggiore legalità, con una battaglia che deve essere netta, senza mezzi termini e tentennamenti e, soprattutto, condivisa a tutti i livelli. Una considerazione di buon senso, verrebbe da dire, che in questo specifico caso dovrebbe portarci a legittimare e valorizzare il ruolo di tutti quei soggetti chiamati per legge dallo Stato a esercitare la funzione di concessionari del gioco pubblico, con l’obiettivo che questa attività possa essere svolta in piena sicurezza e responsabilità.
Benaltrismo di chi critica tout court il mondo del gioco pubblico
Concetto lineare, semplice, quasi elementare, eppure tanto difficile da affermare in un Paese sempre capace di guardare il dito e mai la luna, bloccato dall’ideologia e dalla tendenza cronica a perdersi in ragionamenti che definire ombelicali è un eufemismo. Non è un caso che anche stavolta abbiano iniziato a levarsi nel dibattito pubblico – tra il benaltrismo di un pezzo fortunatamente minoritario della politica e le solite tirate di opinion leader più o meno presunti – voci sporadiche, ma non per questo meno percepibili e fastidiose, di critica tout court al mondo del gioco pubblico. Come se le colpe fossero da attribuire a chi è in campo ogni giorno per garantire la legalità e non a un sistema confuso e insufficientemente unito nel combattere l’illegalità, che, per inciso, nel settore vale 24 miliardi di euro l’anno, tutti appannaggio della criminalità organizzata.
Chiacchiere che finiscono con l’indebolire il fronte di chi si batte contro l’illegalità guidato dalla magistratura e dalle forze dell’ordine, che anche nella vicenda del calcio scommesse sono entrate subito in azione per far rispettare la legge. Ecco, per voltare definitivamente pagina e superare questa ennesima brutta vicenda del calcio italiano, bisognerebbe ripartire da qui: dalla difesa comune, senza distinzioni, della legalità. Provando a ricominciare dai fondamentali.
Circuiti clandestini dove si usano esclusivamente i contanti
Ma quali sono, nello specifico, le dimensioni e le cause del gioco illegale in Italia? Parliamo di trasmissione di dati utilizzati da soggetti non in possesso delle concessioni statali, di siti illegali privi di autorizzazioni e di circuiti clandestini di scommesse esclusivamente in contanti. Siamo di fronte soltanto alla punta dell’iceberg di un fenomeno in continua espansione. In Italia diversi studi di settore riportano infatti che la raccolta di gioco collegata alle attività illegali sia pari, come già accennato prima, a un valore prossimo a 24 miliardi di euro l’anno, di cui le attività di raccolta del gioco online illegali sono stimate in circa 18,5 miliardi di euro e le attività di raccolta del gioco illegale sul canale retail sarebbero circa 5,5 miliardi.
Siti di bookmaker illegali gestiti da società straniere
Tra le modalità di raccolta di scommesse illegali sono risultate estremamente diffuse le condotte illecite che consistono nell’operare attraverso la Rete fisica su piattaforme di bookmaker illegali gestite da società straniere, i cui server sono collocati in Paesi a fiscalità agevolata. Si tratta in particolare di piattaforme che presentano in genere un’estensione “.com“, ma comunque diversa da quella “.it“, ad appannaggio dell’offerta legale.
Le tre ragioni per cui i giocatori scommettono illegalmente
Le motivazioni che possono spingere i giocatori italiani a scommettere illegalmente sono di tre tipi, secondo gli esperti: un vantaggio di prezzo, ossia quote più alte; minori vincoli (alla registrazione, ai limiti delle puntate, alle attività di gioco o ai palinsesti consentiti e alle vincite) e anche minori controlli (giocatori bannati per comportamenti irregolari sul circuito legale possono infatti trovare accoglienza su quello illegale).
Questi sistemi paralleli di gioco non solo drenano risorse ingenti all’Erario dello Stato, ma alimentano un perverso circuito economico/finanziario che inquina sempre più la società, senza garantire tutele per il giocatore ingolosito, probabilmente, da quote più vantaggiose. Se questo è il quadro dentro cui l’attuale caso scommesse deve essere contestualizzato, è evidente come quelli coinvolti non siano tanto calciatori ludopatici che vogliono soddisfare una dipendenza dal gioco, quanto giocatori di servizi di gioco illegale volto al mantenimento di un opportuno e “vitale” anonimato. Comprendere la reale entità del fenomeno del gioco illegale contestato ai calciatori in questione consente di capire le dimensioni, le cause e le modalità del problema e, conseguentemente, di agire a supporto dell’argine di questo fenomeno: il circuito legale delle scommesse.