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Il presunto sabotaggio del Baltic Connector e il precedente del Nord Stream
Nella notte tra sabato 7 e domenica 8 ottobre, le tubature del gasdotto Baltic Connector, che collega Finlandia e Estonia, hanno subito un’anomala perdita di pressione, rilevata da entrambi gli operatori delle due nazioni, Gasgrid Finland Oy e Elering As. Nei giorni successivi Helsinki ha parlato esplicitamente di probabile sabotaggio: «un’attività esterna», per citare il premier Sauli Niinisto. A cui ha fatto ecco il ministro degli Esteri estone Hanno Pevkur: «Sembra che si sia trattato di un impatto meccanico o di una distruzione meccanica». L’esplosione del gasdotto del Mar Baltico è finito sul tavolo della Nato, che ha promesso una risposta «forte e determinata» nel caso venga accertato «un atto ostile contro un’infrastruttura» dell’Alleanza atlantica.
Il presunto sabotaggio ricorda quello (accertato) del Nord Stream
Lo ha detto il segretario generale Jens Stoltenberg, in un punto stampa con Volodymyr Zelensky dal quartier generale della Nato, annunciando di voler affrontare quanto accaduto al largo della costa finlandese nel corso della riunione con i ministri della Difesa dell’Alleanza e il Gruppo di contatto per l’Ucraina. Il gasdotto resterà per cinque mesi fuori servizio per le riparazioni, secondo quanto segnala l’operatore. Quanto accaduto non può che riportare alla mente le deflagrazioni sottomarine che a settembre del 2022 hanno compromesso tre dei quattro gasdotti che componevano il Nord Stream, ossia le maggiori condutture di gas dalla Russia alla Germania. Un sabotaggio al 100 per cento, avvenuto nelle stesse acque, di cui però non sono stati accertati i responsabili.
Le ombre sull’affidabilità di Kyiv dopo i fatti di settembre 2022
In realtà una pista particolarmente buona è stata trovata e porta a Kyiv: a sabotare il Nord Stream sarebbe stato infatti un commando ucraino, a insaputa dalle autorità del Paese, Zelensky compreso. Questo perché il collegamento diretto tra la Russia e il Nord Europa avrebbe permesso a Mosca di vendere il gas ai Paesi Ue più facilmente, bypassando proprio l’Ucraina. Che avrebbe (seppur non direttamente) bombardato un’infrastruttura critica di un Paese amico, la Germania, facente parte della Nato. Tutto questo, ovviamente, ha gettato ombre sull’affidabilità di Kyiv.
Mosca rimane in attesa di «informazioni più dettagliate»
Forse a rimarcare l’ambiguità della posizione ucraina, il Cremlino ha riferito di giudicare «allarmante» la notizia del danno subito dal gasdotto nel Golfo di Finlandia, alla luce del precedente «attacco terroristico» al Nord Stream, facendo sapere di essere in attesa di «informazioni più dettagliate». Se confermato, il sabotaggio rappresenterebbe un attacco nei confronti di un Paese della Nato, avendo la Finlandia aderito all’Alleanza atlantica il 4 aprile. Ma anche quello del Nord Stream lo era. Che dietro ci sia Kyiv o Mosca, il caso potrebbe risolversi in una bolla di sapone.
A far schizzare in alto il prezzo del gas è la crisi in Medio Oriente
Lungo 77 chilometri, il Baltic Connector inizia a Ingå (Finlandia) per arrivare a Paldiski (Estonia), collegando le reti del gas estone e finlandese. Entrato in funzione nel 2020, è diventato di importanza strategica dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni contro la Russia. In concomitanza con la compromissione delle tubature si è verificata un’impennata (l’ennesima) del prezzo del gas in Europa, ma il presunto sabotaggio non dovrebbe avere ripercussioni durature, potendo la Finlandia contare sul rigassificatore galleggiante Inkoo Lng terminal. A far preoccupare i cittadini europei dovrebbe essere soprattutto il conflitto tra Israele e Hamas. In via precauzionale, Tel Aviv ha infatti bloccato la produzione del giacimento offshore di Tamar, al largo di Haifa, la cui capacità si aggira attorno ai 10 miliardi di metri cubi annui, destinati all’Egitto e appunto all’Europa. Anche perché il rischio di escalation è concreto.