Irene Pivetti e il caso delle mascherine inutilizzabili: chiesto il rinvio a giudizio

Durante l’emergenza covid del 2020, Irene Pivetti, insieme all’imprenditore Luciano Mega, avrebbero fornito alla Protezione Civile, allora guidata da Angelo Borrelli, ma anche all’Asl di Napoli 3, all’Atm Genova, a Estar Toscana e a una serie di aziende private, milioni di mascherine FFP 2 e chirurgiche inutilizzabili in quanto non rispondenti ai criteri minimi imposti dall’Unione Europea. La fornitura sarebbe stata perfezionata con due contratti da 23 milioni di euro e 2 milioni di euro. A sostenerlo è la procura di Busto Arsizio che ha chiuso le indagini a carico di Irene Pivetti e ha chiesto il rinvio a giudizio per l’ex presidente della Camera: 92 i capi d’accusa elencati nella richiesta depositata.

I reati ipotizzati

Oltre all’ex-parlamentare, già a processo a Milano per un’altra vicenda in cui è accusata di evasione fiscale e autoriciclaggio, e all’imprenditore di Vanzago ne dovranno rispondere anche la figlia di Pivetti, il genero, e altre persone che avrebbero fatto da prestanome per i passaggi di denaro dai conti della Only Italia all’estero. Tra i reati ipotizzati, frode in forniture pubbliche, appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio, contrabbando aggravato e bancarotta fraudolenta, evasione fiscale e false fatturazioni. La procura di Busto aveva chiesto l’arresto nel marzo scorso: il giudice per le indagini preliminari di Busto aveva rigettato la richiesta dichiarandosi incompetente, destinando il processo Roma. Nelle 600 pagine di ordinanza, il Pm di Busto Ciro Caramore ha ribadito come il processo, trattandosi di presunto reato commesso a Malpensa, sia da celebrarsi a Busto. Il Riesame ha dato torto a Busto dichiarandosi incompetente nel merito. Il legale di Pivetti, Filippo Cocco: «Prendiamo atto della richiesta di rinvio a giudizio. Il Riesame si è già espresso: quello di Busto non è il Tribunale competente».

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