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Il reintegro di Lissner, il lodo Fuortes e il pasticcio del San Carlo
Nel pasticciaccio del San Carlo di Napoli, l’unica cosa sicura è che a questo punto e per un bel pezzo ancora la gestione dovrà seguire i tempi della magistratura. E sapendo quali essi siano – ancorché secondo le regole d’urgenza – non ci sono molti dubbi sul fatto che un’ordinata e proficua attività sia nei prossimi mesi qualcosa di molto simile a una chimera. E dunque, fermo restando che il giudizio di merito sul ricorso di Stéphane Lissner contro il suo licenziamento vedrà la prima e non necessariamente decisiva udienza nel mese di gennaio 2024, il prossimo passaggio riguarda l’annunciato ricorso dell’Avvocatura dello Stato contro l’ordinanza con la quale la giudice del lavoro di Napoli ha ordinato il reintegro del sovrintendente messo alla porta nello scorso luglio, in virtù del decreto legge n. 51 del 10 maggio del 2023, che all’articolo 2 reca “Disposizioni in materia di Fondazioni lirico-sinfoniche”.
Il pasticcio Lissner-Fuortes sarà risolto con i tempi della magistratura
Il San Carlo è insomma destinato a navigare a vista in attesa e nella sovrapposizione di pronunce giuridiche di vario tipo. Né sembra – dalle prime mosse in parte dovute e in parte no – che il Consiglio d’indirizzo, presieduto dal sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, abbia scelto la strada più utile per il teatro. Perché è senz’altro condivisibile il proclama del primo cittadino partenopeo, peraltro riecheggiato anche dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano per quanto di sua competenza (le nomine a lui spettano), secondo cui «le sentenze si rispettano», il fatto però è che qui non ci troviamo al cospetto di una sentenza, ma di un’ordinanza volta a ripristinare lo “status quo ante” in attesa appunto di una decisione che verrà solo dopo che il procedimento vero e proprio sarà a giunto a sentenza (tralasciando per semplicità le ulteriori possibilità di appello). E dunque sicuramente non prima della prossima primavera.
Il contratto di Fuortes e quella clausola vessatoria
E tuttavia, se l’ordinanza obbliga la Fondazione di San Carlo a ripristinare la validità del contratto con Lissner fino a definitiva pronuncia giudiziaria sulla interruzione del contratto stesso, non è detto questo comporti il reinserimento del sovrintendente licenziato nella normale operatività. Detto in soldoni (alla lettera): è inevitabile che Lissner debba essere pagato fino a quando il giudice non si esprimerà sulla regolarità del suo licenziamento, ma non appare così automatico che debba rientrare nelle funzioni precedenti. Senza contare che nel giro di qualche settimana l’annunciato ricorso dall’Avvocatura dello Stato potrebbe riportare le pedine al punto di partenza. Lasciando in piedi la causa di lavoro determinata dal ricorso di Lissner contro il suo licenziamento che sarà discussa, come si diceva, a partire da gennaio 2024. E fra parentesi, viene da chiedersi se la Fondazione abbia adottato la ovvia misura cautelare (per il proprio bilancio) da assumere in questi casi, cioè comunque accantonare lo stipendio del manager licenziato che ha aperto un contenzioso, fino a quando non ci sarà una sentenza in merito. A margine, per dare l’idea del guazzabuglio, una questione giuridica complessa si configura anche per quanto riguarda il contratto di Carlo Fuortes, nel quale, secondo quanto riportavano i giornali, esiste una clausola che lo obbliga a rinunciare all’incarico nel caso in cui il licenziamento del suo predecessore sia annullato dalla magistratura. Su questo punto, però, l’ex ad della Rai appare deciso a resistere, eventualmente avanzando a sua volta ricorso. Ed entrano in ballo questioni complicate come la natura e il carattere di una “clausola vessatoria”.
Dal centrosinistra e dalla Regione fuoco amico sul sindaco Manfredi
Oltre le sottigliezze giuridiche e gli intricati percorsi procedurali, non si può fare a meno di osservare che la “tempesta perfetta” che sta coinvolgendo la Fondazione napoletana è figlia di scelte affrettate e poco ponderate. E non ci riferiamo ovviamente alla decisione di puntare su Fuortes come sovrintendente, che ha molte buone ragioni, ma ai passaggi compiuti per realizzare questo progetto. Sorprende che prima di dare il via all’avvicendamento non sia stato cercato un accordo con Lissner, tanto più per il fatto che molte polemiche avevano accompagnato il decreto che ne permetteva il licenziamento, il cosiddetto “lodo Fuortes”. Un provvedimento al centro delle polemiche in quanto – secondo i suoi critici – era stato artificiosamente (e anche malamente) costruito per liberare la principale poltrona in Rai a uso e consumo del governo Meloni. Il risultato è che il sindaco di Napoli si trova ora coinvolto in un pericoloso “fuoco amico”, con la parte politica che lo sostiene in Comune (il centrosinistra) che plaude all’apparente rovinoso fallimento della sua idea per il San Carlo e la Regione che conferma il suo gelido distacco delle politiche di Manfredi per il glorioso teatro. In Consiglio di Indirizzo il rappresentante del presidente De Luca si era astenuto sulla nomina di Fuortes, ed era proprio assente pochi giorni fa, al momento delle decisioni dopo l’ordinanza pro-Lissner; e intanto le contribuzioni regionali sono una variabile assai poco stabile.
Lissner pensionato avrebbe potuto ricoprire l’incarico di Sovrintendente?
Quanto al nocciolo della questione (cessazione dell’incarico al compimento del 70esimo anno), molto interessante appare un intervento pubblicato l’11 maggio scorso sul Gazzettino di Venezia a firma di Cristiano Chiarot, a lungo sovrintendente della Fenice e poi dal 2017 all’estate 2019 del Maggio Fiorentino. L’autorevole addetto ai lavori veneziano scriveva nel momento in cui a Napoli il licenziamento di Lissner e l’ingaggio dell’ex ad Rai erano ancora di là da venire, ma già divampava la polemica sul “lodo Fuortes”. La tesi di Chiarot (che assume una posizione molto chiara a favore del suo ex collega all’Opera di Roma) è che il discusso decreto, nel porre il limite dei 70 anni per esercitare l’attività di sovrintendente, realizzi una parità di trattamento fra italiani e non italiani. E poi l’autore dell’articolo aggiunge una considerazione per molti aspetti sorprendente: «… Già secondo la legislazione vigente, Lissner, al di là del suo pedigree e dei suoi meriti, non avrebbe mai potuto ricoprire l’incarico di sovrintendente al San Carlo, in quanto la legge italiana impedisce di occupare tali posti di responsabilità a chi gode già di una pensione nel nostro Paese». Questa pensione (prima che del San Carlo, dal 2005 al 2015, Lissner è stato per un decennio sovrintendente della Scala) non risulta al magistrato che ha firmato l’ordinanza di reintegro, il quale esamina la questione previdenziale, sottolinea che si tratta di elemento dirimente, ma aggiunge (come riportato dal Corriere del Mezzogiorno) che Lissner «… è cittadino straniero, il quale è pacifico che non goda di trattamento pensionistico con oneri a carico dello Stato italiano». Chissà se qualcuno riterrà necessaria una verifica.