Isinbayeva e gli altri “dissidenti”: essere atleti nella Russia putiniana in guerra

Come nelle pagine di 1984. Yelena Isinbayeva, gloria dello sport russo grazie alla raffica di medaglie ottenute nel salto con l’asta, tutt’ora detentrice del record mondiale (5.06 metri), è al centro di una campagna d’opinione ostile in patria a causa di un post sui social non allineato al patriottismo di guerra. E fra le tante iniziative intraprese per farle sentire l’ostilità dei connazionali c’è quella proposta in Daghestan, repubblica della Federazione russa affacciata sul mar Caspio. Qui lo stadio ella capitale Makachkala sta per esserle dis-intitolato, se è lecito usare il termine. Dunque a giorni l’impianto non si chiamerà più Yelena Isinbayeva. Esattamente come sarebbe successo nelle pagine del romanzo di Orwell, dove i soggetti caduti in bassa fortuna agli occhi del regime dittatoriale vedevano cancellata ogni traccia di meriti acquisiti e della stessa presenza in vita. Condannati all’oblio.

Isinbayeva e gli altri dissidenti, essere atleti nella Russia putiniana in guerra
Yelena Isinbayeva (Getty).

Ostilità e disapprovazione intorno a Isinbayeva

La cancellazione giunge per decisione del capo di Stato in persona, Sergei Melikov. Che è rimasto alquanto indispettito dall’ansia di smarcamento dal regime putiniano che l’atleta ha mostrato per non finire nella lista nera dello sport internazionale. Ma l’ansia di salvaguardare la posizione personale all’estero ha minato la posizione personale in patria. E rispetto all’ostilità che le monta intorno, il non vedere più associato il proprio nome a uno stadio del Daghestan (terra di cui sono originari i genitori) è davvero il meno. Molto più preoccupante è quanto sta succedendo in Russia, dove l’ondata di disapprovazione s’ingrossa e lascia pensare che per l’ex atleta sarà molto complicato ricucire i rapporti coi suoi connazionali.

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Yelena Isinbayeva primatista mondiale di salto con l’asta.

Membro del Cio e dell’esercito russo, la presunta incompatibilità

Tutto parte con una richiesta avanzata al Comitato olimpico internazionale (Cio) dal comitato olimpico ucraino. Da Kyiv è partita una richiesta di cacciare Isinbayeva dal Cio, di cui è stata eletta membro nel 2016. Il motivo della richiesta è che l’ex atleta risulta essere anche componente dell’esercito russo, cioè il braccio militare del Paese aggressore, e ciò renderebbe il suo profilo politicamente ed eticamente incompatibile con un consesso che pretende di predicare la pace e la fratellanza attraverso lo sport. A questa accusa, con l’intento di scongiurare il rischio d’essere cacciata dal Cio, Isinbayeva ha risposto attraverso un post sui social per dire che lei in realtà non ha mai fatto parte dell’esercito e che quella membership è soltanto un’onorificenza conferita in seguito ai suoi successi sportivi.

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Isinbayeva è stata eletta membro del Cio nel 2016 (Getty).

L’ex atleta risiede a Tenerife: le accuse di avere ormai un’altra patria

Certamente un modo per smarcarsi dalla Russia in guerra (ma senza prendere esplicitamente campo contro l’aggressione militare all’Ucraina), che però nel suo Paese è stata interpretata come una presa di distanza dal regime, compiuta per di più in modo ipocrita. E ad aggiungere tono polemico ha provveduto il fatto che il post sia stato scritto anche in lingua spagnola. Da anni l’ex atleta risiede a Tenerife e ciò deve averle fatto sembrare naturale esternare anche nella lingua del Paese che la ospita. Ma per chi l’ha presa di mira si tratterebbe invece della dimostrazione che la sua patria sarebbe ormai un’altra. Lo stesso Melikov, dopo avere annunciato di cancellare il nome di Isinbayeva dallo stadio di Makachkala, l’ha invitata a farsi intitolare un impianto in Spagna.

C’è dunque una vasta retorica da tradimento della patria nell’ondata di ostilità che in questi giorni investe l’ex regina del salto con l’asta. Ma il caso di Yelena Isinbayeva rientra anche nel quadro della politicizzazione spinta che coglie gli atleti russi e bielorussi. Chiamati a fare una scelta di campo, in una fase storica che non ammette cautele né mezze misure. L’alternativa è dare l’appoggio al governo in guerra o esporsi al rischio dell’isolamento.

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Isinbayeva con Vladimir Putin (Getty).

Il segno della Z: il caso del ginnasta Ivan Kuliak

A dare un segnale netto di quale sia lo spirito del tempo ha provveduto un atleta fin lì sconosciuto fuori dalla cerchia di esperti della ginnastica: Ivan Kuliak, che dopo essersi aggiudicato la medaglia di bronzo in occasione della Apparatus World Cup di Doha a maggio 2022 si è presentato sul podio sfoggiando una “Z” sulla canotta. La lettera simboleggia i carri armati russi che hanno invaso l’Ucraina. Dunque, da parte del ginnasta, è stato un esplicito appoggio alla politica bellica putiniana. Nonostante la squalifica di un anno, Kuliak ha dichiarato a ripetizione di non avere alcuna intenzione di pentirsi del gesto. Il ginnasta rappresenta il caso più eclatante, ma non certo un caso isolato. Perché l’attenzione di Putin verso lo sport come strumento di propaganda ha una lunga tradizione, che si esprime su molti versanti. A cominciare dal gran numero di ex atleti che hanno guadagnato uno scranno parlamentare nel partito del presidente, Russia Unita.

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Ivan Kuliak con la “Z” sulla canotta.

Il nuotatore putiniano Rylov mollato dallo sponsor Speedo

Nella legislatura in corso sono 20 e coprono un ampio spettro di discipline sportive: dal tennis alla boxe, dal wrestling all’hockey su ghiaccio, dagli scacchi al pentathlon. Fra i nomi spicca quello dell’ex tennista Marat Safin, ma non meno rilevante è la presenza nella lista di Andrei Kovalenko, ex atleta Nhl vincitore della medaglia d’oro di hockey sul ghiaccio alle Olimpiadi invernali di Albertville del 1992. Ma ovviamente ci sono anche gli atleti in carriera. Fra questi figura Evgeny Rylov, campione olimpico e mondiale nel nuoto stile dorso che ha dichiarato di boicottare le manifestazioni internazionali, a sostegno del presidente russo. Ne ha ricavato una squalifica di 9 mesi e la revoca dello sponsor Speedo. A stilare una lista dettagliata di atleti sostenitori del regime in guerra hanno provveduto ancora una volta gli ucraini, per mano del loro ministro dello Sport e della gioventù, fornendo una lista di 23 atleti russi e bielorussi in attività che stanno dalla parte dei loro regimi.

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Il nuotatore russo Evgeny Rylov (Getty).

C’è chi dice no: i tennisti Rublev, Medvedev e Pavlyuchenkova

Ma non tutti gli atleti e le atlete della Russia sono dalla parte del presidente e della sua politica di guerra. E questo dissenso lo esternano in modo anche clamoroso. Come il tennista Andrey Rublev, che nei giorni successivi all’invasione dell’Ucraina scrisse con pennarello “No war please” su una telecamera a bordo campo, dopo una gara di doppio. E tenendo conto che il suo compagno di doppio era l’ucraino Denys Molchanov, ecco che il gesto fu doppiamente significativo. Altro tennista di primissimo piano a dire no alla guerra di Putin è stato Daniil Medvedev, così come la collega Anastasia Pavlyuchenkova. Nei giorni che precedettero l’invasione si espresse in pieno dissenso Nikita Zadorov, giocatore di hockey su ghiaccio che milita nella franchigia Nhl dei Calgary Flames.

Chiesta la garanzia di asilo per gli atleti contrari alla guerra

Altri nomi di sportivi che si sono schierati contro la guerra di Putin sono quelli di Fedor Smolov (calcio) e Larisa Kuklina (biathlon). E sotto la superficie di chi si schiera c’è una moltitudine di atlete e atleti che dissentono in silenzio, per evitare ritorsioni. Forse si riferiva anche a loro un’ex gloria mondiale dell’hockey su ghiaccio, il ceco Dominik Hašek, quando la scorsa settimana ha chiesto a un gruppo di europarlamentari la garanzia di asilo per atleti russi e bielorussi contrari alla guerra. Molti di loro sono parecchio meno in vista di Isinbayeva. E se dovessero finire nel mirino del regime, rischierebbero una cancellazione ben più pesante che quella del nome da un impianto.

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