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Putin andrà al vertice Brics in Sudafrica nonostante il mandato d’arresto
Vladimir Putin si recherà in in Sudafrica ad agosto per il vertice del gruppo Brics. Questo nonostante il mandato di cattura internazionale spiccato a suo carico dalla Corte penale internazionale e lo scarso entusiasmo da parte dei vertici del Paese africano, che saranno messi in difficoltà dal viaggio dello zar. «Capiamo di essere vincolati dallo Statuto di Roma, ma non possiamo invitare qualcuno e poi arrestarlo. Per noi è un dilemma. Saremmo contenti se non venisse» ha detto alla testata sudafricana Mail & Guardian il vicepresidente Paul Mashatile.
Lavrov al posto di Putin: la proposta di Pretoria respinta da Mosca
Il Sudafrica ha proposto alla Federazione Russa che, al posto di Putin, fosse il ministro degli Esteri Sergei Lavrov a guidare la delegazione di Mosca a Johannesburg tra il 22 e il 24 agosto. La proposta è stata però rispedita al mittente, ha spiegato Mashatile, così come quella di un vertice da remoto, respinta da Brasile, India e Cina. La Repubblica Popolare si sarebbe offerta di ospitare il vertice, ma a dire no sono stati India e Brasile. Da parte sua, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa aveva detto che il vertice Brics si sarebbe tenuto in presenza e con Putin, nonostante il mandato della Corte penale internazionale.
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Il precedente: nel 2015 il Sudafrica non arrestò Omar al Bashir
Pochi giorno dopo il mandato d’arresto, la ministra degli Esteri sudafricana Naledi Pandor aveva dichiarato che il suo governo avrebbe consultato Mosca prima di prendere in considerazione qualsiasi azione. Le Forze armate hanno invece già messo in chiaro che non avrebbero mosso un dito contro il presidente russo. Il Sudafrica non ha condannato l’invasione dell’Ucraina, ribadendo la sua imparzialità e adoperandosi per una missione di pace insieme ad altri Paesi africani. Non è la prima volta che la Cpi fa pressioni sul Sudafrica affinché arresti un capo di Stato straniero. Era già successo nel 2015, quando Pretoria non ottemperò al mandato emesso nei confronti dell’allora presidente sudanese Omar al Bashir, nonostante un’ordinanza del tribunale locale lo avesse ordinato.