Quale futuro per il gruppo Wagner in Africa, con o senza Prigozhin

Interessi dello Stato russo e interessi privati si intrecciano nel gruppo Wagner e nelle sue operazioni in Africa, dove vengono promosse anche azioni criminali. Ma la recente ribellione di Yevgeny Prigozhin, capo dei miliziani, ha dimostrato l’instabilità del potere di Vladimir Putin aprendo a nuovi possibili scenari sul continente africano. Per calmare le acque il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha detto che le attività del gruppo Wagner in Mali e nella Repubblica Centrafricana proseguiranno. Ma dei dubbi rimangono.

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Quale futuro per il gruppo Wagner in Africa, con o senza Prigozhin
Vladimir Putin con Yevgeny Prigozhin (Getty).

Come si crea terreno sfavorevole alle potenze occidentali

Sin dalla creazione del gruppo Wagner nel 2014, i miliziani sono presenti sul suolo africano: dalla Libia a una serie di stati sub-sahariani particolarmente rilevanti per il controllo di aree strategiche, come il Mali e il Sahel, l’estesa fascia di territorio dell’Africa subsahariana. Nel Continente nero Wagner è un braccio duttile e flessibile del Cremlino che ha come scopo quello di ampliare la sua sfera di influenza, con ricadute anche a livello di propaganda del regime. La strategia di Wagner è quasi sempre la stessa. Inizialmente la compagnia crea un terreno sfavorevole alle potenze occidentali, sfruttando il loro passato coloniale, dirigendo campagne di disinformazione e di intimidazione ai giornalisti. Parallelamente, i miliziani offrono servizi di sicurezza e difesa ai leader locali.

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Una parata per il 64esimo anniversario dell’indipendenza della Repubblica Centrafricana davanti a un manifesto del presidente Faustin-Archange Touadéra (Getty).

Sostegno in cambio delle concessioni per l’estrazione d’oro

Questi servizi sono di vario tipo: dall’addestramento e dal sostengo sul campo alle truppe contro ribelli e formazioni jihadiste, alla protezione come “guardie del corpo” come nel caso di Faustin-Archange Touadéra, presidente della Repubblica Centrafricana. Spesso gli accordi prevedono che la Russia fornisca armi, mezzi ed equipaggiamenti agli eserciti locali, garantendo ottime entrate al Cremlino. In cambio dei suoi servizi, la Wagner pretende lo sfruttamento delle risorse naturali. Affari… d’oro, letteralmente, se pensiamo che in Sudan il gruppo ha ottenuto la concessione per l’estrazione d’oro in Darfur, regione da cui proviene Mohamed Hamdan Dagalo, uno dei generali in lotta per il potere sostenuto da Mosca. In questo modo la Federazione russa ha potuto aumentare le sue riserve auree nonostante le sanzioni occidentali per la guerra in Ucraina.

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Mohamed Hamdan Daglo, generale del Sudan sostenuto da Mosca (Getty).

Lukashenko potrebbe diventare il nuovo “sponsor” dei miliziani

Visti gli interessi in gioco, un’estromissione del gruppo Wagner non sembra essere un’opzione plausibile, ma una ricalibrazione delle sue attività pare inevitabile. Una soluzione è che le operazioni del gruppo vengano divise tra diversi soggetti. Se Prigozhin dovesse rimanere in gioco potrebbe occuparsi, per esempio, solamente dei teatri extra europei, come quello africano. Magari trasferendo la sede operativa in Bielorussia, dove si è rifugiato in esilio, garantendo così delle entrate anche al regime di Alexander Lukashenko che diventerebbe il nuovo “sponsor” dei miliziani: un’opzione che preoccupa anche la Nato. Altra possibilità è che la Wagner venga rilevata dal ministero della Difesa russo, ipotesi plausibile anche alla luce del recente invito di Putin che ha chiesto ai miliziani di scegliere tra un contratto di fedeltà all’esercito russo, l’esilio in Bielorussia o il ritorno a casa come civili. Rimane, infine, aperta la possibilità che Prigozhin sposti tutte le sue attività direttamente in Africa, da dove arrivano i maggiori guadagni.

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Alexander Lukashenko (Getty).

In Mali serpeggiano dubbi e preoccupazioni sul futuro

Un segnale apparentemente incoraggiante per Mosca sembra essere arrivato da Fidèle Gouandjika, ministro speciale e consigliere del presidente centrafricano Faustin-Archange Touadéra, che ha affermato ad Afp che «la Repubblica Centrafricana ha firmato nel 2018 un accordo di difesa con la Federazione Russa, non con la Wagner. La Russia ha stipulato un subappalto con la Wagner. Se la Russia non è più d’accordo con la Wagner, ci invierà un nuovo contingente». In Mali, dove i miliziani spesso si sono resi colpevoli di massacri e violenze sui civili, sembrano serpeggiare il dubbio e la preoccupazione: perché se nemmeno il governo russo è riuscito a controllare i miliziani, che cosa potrebbe fare l’esercito maliano di fronte a un’insurrezione della Wagner?

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Striscioni di ringraziamento alla Wagner in Mali (Getty).

La ribellione di Prigozhin ha creato una crepa nel soft power russo

Da questo punto di vista, la ribellione di Prigozhin ha creato una crepa nel soft power e nell’immagine della Russia e del suo leader, Vladimir Putin, visti in alcuni Paesi africani come elementi di stabilità e fermezza. Ciò potrebbe minare la fiducia dei leader africani nei confronti del Cremlino, ma anche portare ribelli e gruppi jihadisti a cercare di guadagnare terreno. E a seconda di quale sarà il futuro della Wagner, questi gruppi potrebbero effettivamente rafforzare le loro posizioni, destabilizzando parte del continente africano. Ma una certezza, per ora, sembra esserci. In Africa il gruppo Wagner e il Cremlino rimangono dipendenti l’uno dall’altro: la presenza dei miliziani soggiace al sostegno russo e lo sfruttamento delle risorse minerarie a vantaggio della Russia è garantito dalla forza miliare sul terreno. Potrebbe essere questa reciproca dipendenza a salvare Prigozhin e le operazioni della Wagner in Africa, lasciando comunque la porta aperta al dubbio sulla tenuta della presenza dei miliziani nel continente africano. Domande a cui forse avremo risposta il 27 luglio, quando a San Pietroburgo è in programma il secondo vertice Russa-Africa.

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