La politica dell’assenza: quando i leader politici danno forfait

Il dilemma morettiano «mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?» i politici nostrani sembrano averlo risolto senza indugio visto che sempre più spesso scelgono la seconda opzione. Di assenze più o meno strategiche pullulano infatti le cronache recenti che riguardano i leader di partito. Per mandare messaggi e avvertimenti agli alleati, per marcare le distanze o più banalmente per rifuggire problemi, rogne e rese dei conti.

Con le sue assenze Salvini manda messaggi a Meloni

L’ultimo clamoroso forfait in ordine di tempo risale al 28 giugno scorso. Appuntamento in parlamento per le comunicazioni della premier in vista del Consiglio europeo: mentre Giorgia Meloni parla, al suo fianco c’è solo un vicepremier, Antonio Tajani, e non l’altro, ossia Matteo Salvini. La poltrona del leader della Lega, infatti, resta vuota. Non solo, il ministro dei Trasporti fa bella mostra anche degli impegni istituzionali che lo tengono lontano dall’Aula: un incontro al Mit, con tanto di foto diffusa dall’ufficio stampa, con il sindaco di Treviso Mario Conte. Nulla che non si potesse rinviare, insomma. Quanto basta per guadagnarsi l’appellativo di “sòla”, termine usato in romanesco per apostrofare chi è inaffidabile o comunque dà buca. Evidentemente dossier come il quarto lotto della tangenziale e la rete fognaria nella città veneta hanno avuto la meglio su temi centrali per l’Unione europea come i migranti, il Mes o gli investimenti strategici per l’industria Ue. Anzi, proprio sul Meccanismo europeo di stabilità, con la sua assenza, Salvini potrebbe aver deciso di mandare un messaggio all’inquilina di Palazzo Chigi. In realtà non è la prima volta che il numero uno di via Bellerio diserta le comunicazioni di Meloni in Aula in vista di un Consiglio europeo. Era già successo il 22 marzo scorso. Durante il dibattito rovente sulla tragedia di Cutro, ancora una volta, il banco al fianco della premier rimase vuoto. Solo due camicie verdi fecero capolino in staffetta: prima il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara e poi quello degli Affari regionali Roberto Calderoli. Nulla più. Insomma, Salvini sa come mandare i suoi messaggi all’indirizzo di Palazzo Chigi.

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Matteo Salvini con il sindaco di Treviso Mario Conte.

Anche le premier a volte non si presentano

Va detto però che la comunicazione a mezzo forfait non è affatto unidirezionale. Quello della settimana scorsa, per esempio, è stato un Cdm flash (meno di 10 minuti) per l’assenza improvvisa della premier. «Motivi personali», secondo la versione ufficiale. Ma in realtà le ricostruzioni circa le frizioni con la Lega si sono sprecate: dalle fibrillazioni sul Mes al caso Santanchè. Sta di fatto che il Consiglio dei ministri ha dovuto rinviare misure care al segretario del Carroccio come il nuovo Codice della strada che ha incassato il sì il 28 giugno. Passi per le assenze che sono diventate una forma di comunicazione tra alleati, un modo per mandarsi dei segnali senza parlare, ci sono anche quelle delle quali è più difficile comprendere la ratio. È il caso di Meloni che disertò la dolorosa visita alla camera ardente allestita a Crotone dopo il naufragio di Cutro. Forse per sottrarsi alle polemiche che già avevano investito il suo ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. In ogni caso rimane una scelta molto discussa, che neppure con il Cdm indetto in Calabria, in prefetto stile berlusconiano, riuscì a riparare. Anzi.

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Giorgia Meloni (Imagoeconomica).

Schlein, chi l’ha vista?

Se Sparta piange, però, Atene non ride. Che dire infatti del ritardo con cui la segretaria del Pd Elly Schlein ha visitato la sua Emilia-Romagna dopo la violenta alluvione del mese scorso? Episodio diventato un caso soprattutto per diversi sindaci dem che ne avevano subito lamentato l’assenza. Il tormentone alla “chi l’ha visto”, in realtà, era nato già dopo i primi 40 anni giorni al Nazareno, quando Schlein annunciò tutto a un tratto di voler prendere qualche giorno di pausa, pure in questo sparigliando nel partito. L’ex leader di OccupyPd avrà di certo portato una ventata d’aria fresca e di colori (a proposito di armocromia), ma alcune caratteristiche non la differenziano poi molto dai big di partito. E così dopo la débâcle delle Amministrative, sommersa dalle critiche, il 30 maggio scorso la segretaria ha deciso di rinchiudersi nel suo fortino e di annullare il viaggio a Bruxelles per incontrare la delegazione di europarlamentari Pd. Appuntamento, neanche a farlo apposta, recuperato mercoledì 28 giugno. E così mentre Meloni riferiva in Aula, Schlein era a Bruxelles. Ciaone, avrebbero detto i renziani.

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La segretaria del Pd Elly Schlein (Imagoeconomica).

Le accuse incrociate tra renziani e calendiani

Ecco, i renziani. Nelle ore calde della battaglia all’ultimo colpo tra Matteo Renzi e Carlo Calenda, infatti, il titolo di una intervista al tesoriere di Italia viva Francesco Bonifazi del 15 aprile a La Stampa – “Sempre in tv e mai in Parlamento. Carlo è strutturalmente inaffidabile” – ha fatto adirare non poco il leader di Azione. La risposta per le rime dell’ex ministro dello Sviluppo economico non si è fatta attendere: «A Bonifazi che mi accusa di assenze», scrisse in un post scriptum sui social: «Quando non ero in Senato ero a fare iniziative sul territorio per Azione e Iv». Con tanto di stoccata al suo gemello diverso: «Non ero a Miami con il genero di Trump o in Arabia a prendere soldi dall’assassino di Khashoggi».

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Matteo Renzi e sullo sfondo Carlo Calenda (Imagoeconomica).

Giuseppe Conte, ti vedo e non ti vedo

In perfetto stile Ecce bombo, infine, sono alcuni significativi forfait targati Giuseppe Conte. Il leader del M5s sta soffrendo non poco la competizione con la movimentista Elly. Le praterie che aveva davanti con la guida del Pd in mano a Enrico Letta, infatti, si sono ridotte notevolmente. E ora l’ex premier teme di finire in un cono d’ombra. Sarà per questo che a distanza di pochi giorni ha bucato prima (il 4 maggio) la leopolda cigiellina con Maurizio Landini a Firenze e poi (il 6 maggio) anche la manifestazione contro il Dl lavoro dei sindacati a Bologna. Chissà, il dubbio rimane. Di sicuro l’assenza dell’avvocato pugliese che più si è notata è stata quella ai funerali di Stato di Silvio Berlusconi. Soprattutto perché l’ex presidente del Consiglio l’onore delle armi al Cav lo aveva concesso, riconoscendogli in un post Facebook «coraggio, passione, tenacia». Tutto, quindi, lasciava presupporre la sua presenza in Duomo. E, invece, folgorato dagli strali di base ed eletti, si è ritirato in buon ordine. Rientrando a pieno titolo nella categoria tutta romana dei “sòla”.

La politica dell'assenza: quando i leader politici danno forfait
Il leader M5s Giuseppe Conte (Imagoeconomica).
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