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Quello che la Cina non ha detto sull’inizio del contagio di coronavirus
Secondo alcuni rapporti pubblicati dal South China Morning Post il primo malato è stato registrato il 17 novembre. Si tratta di un 55enne dell'Hubei. Ma ci potrebbero essere casi di Covid-19 ancora precedenti. Mentre una dottoressa di Wuhan accusa Pechino: «Ho denunciato l'esistenza di un nuovo virus a dicembre ma le autorità mi hanno imposto il silenzio».
«Ho denunciato l’esistenza di un nuovo virus anche a dicembre ma le autorità mi hanno imposto il silenzio». Ai Fen, dottoressa a capo del dipartimento per le emergenze dell’ospedale centrale di Wuhan, ha raccontato in una lunga intervista al South China Morning Post, come le venne ordinato di tacere per non diffondere il panico. «Se il Partito avesse ascoltato la mia denuncia, forse ora l’epidemia di coronavirus non sarebbe così diffusa».
L’IDENTIFICAZIONE DEL PRIMO INFETTO
Un’autentica bomba che rischia di mettere seriamente in crisi Pechino, proprio mentre alcuni registri del governo cinese, pubblicati il 13 marzo in esclusiva dal quotidiano in lingua inglese, individuano la prima persona infettata (anche se ufficialmente non è ancora stata identificata come paziente zero globale). Si tratterebbe di un cittadino della provincia dell’Hubei di 55 anni. Data del contagio: 17 novembre 2019. Ben prima di fine dicembre quando fu resa nota l’esistenza del nuovo virus. Ma ci potrebbero essere altri casi precedenti non registrati.
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L’ORDINE DI NON DIFFONDERE NOTIZIE
Le rivelazioni pubblicate dal Scmp riguardano anche alcuni rapporti medici che dimostrerebbero come i dottori di Wuhan, malgrado avessero raccolto campioni di casi sospetti, non furono in grado di confermare i loro risultati perché rimasti impantanati nelle maglie della burocrazia e obbligati a ottenere l’approvazione dal Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie prima di divulgare le notizie: un’autorizzazione che poteva richiedere molti giorni e a volte settimane. Nel frattempo venne loro ordinato di non diffondere al pubblico alcuna informazione sulla nuova malattia.
L’ALLARME LANCIATO SU WECHAT
Lo confermano anche le parole della dottoressa Fen che ha raccontato di avere passato in un primo tempo al magazine cinese People la foto della diagnosi di un paziente che aveva in cura, affetto da una polmonite causata da un coronavirus simile alla Sars. Il magazine prima ha postato la foto sul suo profilo Wechat (social cinese), ma subito dopo l’ha cancellata, spingendo gli utenti, infuriati, a ripubblicare l’articolo su altre piattaforme. Wechat è gestito dalla People’s Publishing House, un’azienda di Stato e la scomparsa del post ha coinciso con la prima visita del presidente Xi Jinping a Wuhan dall’inizio della crisi, durante la quale ha elogiato i residenti per il loro duro lavoro e i sacrifici compiuti: il messaggio della dottoressa di Wuhan avrebbe rischiato di offuscare l’immagine trionfalistica ripetuta in modo martellante dalla propaganda di Pechino. L’oftalmologo Li Wenliang, il medico divenuto “eroe” per avere a sua volta cercato di diffondere queste notizie ed essere poi morto in corsia curando i malati, era tra i medici che avevano condiviso la sua foto.
IL SILENZIO PER «NON DIFFONDERE IL PANICO»
La dirigente ha anche raccontato di avere immediatamente avvisato i servizi sanitari e il dipartimento di controllo delle malattie infettive. «Ho letteralmente “afferrato” il direttore di pneumologia dell’ospedale, che stava passando per il mio ufficio, e gli ho detto che uno dei suoi pazienti era stato infettato da un virus simile a Sars», ha ricordato. La risposta del superiore fu però di tacere. Come ha ricostruito la dottoressa, la commissione sanitaria di Wuhan aveva emesso una direttiva secondo cui gli operatori non dovevano rivelare nulla sul virus o sulla malattia che causava, per evitare di scatenare il panico. Poco dopo, l’ospedale vietò a tutto il personale la divulgazione di qualsiasi informazione. Due giorni dopo, un funzionario accusò esplicitamente Fen di «diffondere voci e seminare panico», riferendosi alla fotografia che aveva pubblicato online. «Ho visto tutto nero», ha ammesso la dottoressa. «Non mi stava criticando per non aver lavorato duramente… mi ha fatto sentire una persona orribile, che stava rovinando il futuro di Wuhan. Ero disperata». Hu Ziwei, un’infermiera dello stesso ospedale che si è infettata circa una settimana dopo dalla denuncia di Fen, ha confermato questa versione. «L’ospedale in un primo momento ha annotato sulla mia cartella clinica che soffrivo di “polmonite virale”», ha detto, «ma in seguito ha cambiato la descrizione in generiche “infezioni”».
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