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Per le vittime di violenza domestica il decreto #iorestoacasa è un problema
La convivenza forzata in alcuni casi significa dividere 24 ore su 24 gli spazi familiari con il proprio maltrattante. Ma i numeri d'aiuto, come spiega la presidente del Telefono Rosa, restano attivi: «Fra 1-2 settimane rischiamo un picco di chiamate».
«Restate a casa». Un imperativo necessario in un momento di emergenza come quello che stiamo vivendo in Italia a causa del Covid-19. Ognuno di noi ha stravolto le proprie abitudini, imparare a vivere dentro quattro mura è difficile, soprattutto nel gestire i rapporti e la solitudine. Ma alle donne vittime di violenza domestica chi pensa? Ai bambini spettatori delle liti tra i genitori che rischiano di aumentare drasticamente a causa della convivenza forzata, chi pensa?
LA COMPONENTE FEMMINILE SOVRACCARICATA
L’emergenza coronavirus, ha detto il presidente dell’associazione WeWorld Marco Chiesara, «sta mettendo alla prova molte famiglie» a causa della «convivenza forzata con bambini, mariti e spesso anziani da accudire», con un carico che «ricade quasi esclusivamente sulla componente femminile della coppia». Ma non solo: «Se questa è la situazione nella normalità, le donne in situazioni problematiche o vittime di violenza in ambito domestico, in questi giorni stanno vedendo un drastico peggioramento della propria situazione».
A TORINO L’ULTIMO FEMMINICIDIO
E per le donne vittime di violenza «restare a casa significa dividere 24 ore su 24 gli spazi familiari con il proprio maltrattante, significa essere isolate da tutti e tutte e vedere il proprio spazio personale assottigliarsi di ora in ora». L’appello #restateacasa, che è sacrosanto per contenere il contagio, per tante donne può significare pericolo e violenza. La mattina del 13 marzo un vigile urbano di 66 anni alle porte di Torino ha ucciso moglie e figlio e colpi di pistola prima di togliersi la vita. Casi simili accadono quasi quotidianamente, la differenza è che in un momento simile andarsene non è possibile. Chiedere aiuto tramite telefonate o servizi online però si può.
I NUMERI ANTI-VIOLENZA SONO ATTIVI
Maria Gabriella Moscatelli, presidente del Telefono rosa, ci ha ricordato che il servizio anti-violenza è sempre attivo. «Per ogni necessità passiamo le avvocate, per la consulenza legale. Le volontarie capiscono di che tipo di necessità ha bisogno la donna e le indica il numero apposito. Se serve una psicologa, vale lo stesso. Il telefono rosa continua». I Cav – centri antiviolenza – sono attivi, ma chiaramente tutto telefonicamente e online. Le persone purtroppo non possiamo riceverle. Le case-rifugio funzionano regolarmente come chiesto dal decreto del presidente del Consiglio».
È PRESTO PER RISCONTRARE UN AUMENTO DEI CASI
Abbiamo chiesto alla presidente Moscatelli se in questi giorni avessero riscontrato un aumento delle richieste d’aiuto. «Non ancora», ci ha spiegato. «Ci sono stati tanti femminicidi nell’ultimo periodo, le donne continuano a chiedere aiuto come sempre. Semmai stanno telefonando perché si sentono sole, ma in questo momento l’andamento è il solito, non abbiamo avuto picchi soltanto perché siamo ancora in una prima fase. Riparliamone tra una o due settimane».
ORA PREVALE ANCORA LA PREOCCUPAZIONE DEL CONTAGIO
Sì, perché mentre la Lombardia è blindata già da un po’, nel resto d’Italia le misure restrittive sono valide da pochi giorni. «In questo momento le popolazione è preoccupata di non essere contagiata, di avere la spesa a casa, di assistere gli anziani, di gestire i bambini che non vanno a scuola. A lungo andare probabilmente scoppieranno le liti, si manifesteranno le criticità già presenti nelle coppie o nelle famiglie, ma è presto. Dovremmo fare un bilancio tra un po’ di giorni. Ricordiamoci che fino a tre giorni fa la gente andava in giro senza aver recepito il rischio reale di questa pandemia». Moscatelli ha ricordato che i femminicidi non si fermano. Quello di venerdì mattina come quello avvenuto due giorni prima a Trento. «Purtroppo continuiamo a tenere alta la media».
Il numero per chiedere aiuto è 06 37518282.
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